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Fu un lungo viaggio, duna su duna, per gli scribi. Per me fu breve, breve in confronto all'immobile mappa delle stelle. Sapevo che il nostro destino era la pista, o uscirne, o perdersi nelle sabbie, lentezza era lo sguardo degli astri, che ho conosciuto, studiandone posizione e luce. I segni del cielo, le rotte esterne, e noi scivolanti come onde verso una morte lieve come la carezza di una donna al tramonto. Conoscevo la perfezione celeste e il breve respiro umano che si estingue dopo un atto d'amore. La vita, svanire prima dell'orizzonte. Ho conosciuto il cosmo e le teorie caldaiche, le pietre che sfiammano del ricordo di Venere, i disegni del cielo gelosamente custoditi nei tappeti. Poi la grotta e fu buio e respiro animale e povere membra, una lontana oscurità rasoterra, più lontana delle stelle, io non guardai dentro, io provai pena del tanfo, del povero calore di colpi raccolti. E uno ne guardai che mi passava accanto, con gli occhi fissi rapiti da una stella. Bruno, sporco, con le spalle chiuse da idiota beveva la luce come eternamente, eternamente io lo ricorderò, lo racconto. Perché non fu riflesso ma scontro, tra quella luce a me nota e un'altra oscura che in modo assoluto lo incatenava al cielo. Roberto Mussapi
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