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«Come in uno specchio e in modo confuso»: Messe per i defunti
Qualcuno pretende che la fede in Gesù renda il cristiano impassibile e inflessibile davanti all'enigma della morte, laddove non soltanto dottori della Chiesa come Teresa di Lisieux dissero tra i loro novissima verba che «davvero bisogna pregare per i morenti!», ma pure Paolo – l'Apostolo e Dottore delle Genti – riconobbe che «ora vediamo come in uno specchio e in maniera confusa, mentre allora vedremo faccia a faccia» (1Cor 13,12). La fede cristiana sostiene la ferma speranza che la morte non precipita l'uomo nel nulla, eppure l'evento stesso della morte – scriveva Tertulliano – «permane un evento di violenza anche nella più serena e calma delle eventualità»: mai l'anima era vissuta separatamente dal corpo, e in quell'istante invece ne viene strappata via; «Dio non è l'autore della morte – insegna già la Scrittura Antica – ma essa è entrata nel mondo per invidia del diavolo» (cf. Sap 1,13.2,24). Tutto questo evoca sapientemente l'acquerello su carta di Paladino. La morte è il punto più debole della natura umana – e tutti ne fanno esperienza – mentre è il punto più forte della redenzione di Cristo: va da sé che ci sono pochi contesti migliori per una franca e sostanziosa evangelizzazione.
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