Con Dante in esilio. La poesia e l'arte nei luoghi di prigionia, Nicola Bultrini, Ares edizioni, 2020.
Per attraversare tutte le selve oscure, ovunque ci si stringano d'attorno, e superare le fiere pronte a sbarrarci la strada; per riappicare incendi al desiderio di uscir fuori a riveder le stelle in cuori oppressi; per ricordarsi che fatti non fummo a viver come bruti. E per qualsiasi altro male ci stia affliggendo nei nostri personali esili, prego servirsi: la Divina Commedia è sempre aperta e fornita di ogni farmaco.
Con Dante in esilio rende testimonianza di una realtà storica che ha dell’incredibile: nei più terribili luoghi di sofferenza gli internati si sono ripetutamente e con vivissimo impegno rivolti all’arte, ma soprattutto alla poesia e in particolare alla Divina Commedia, autentica luce poetica che ha squarciato il buio di una prigionia asfissiante e che è stata letta con grande accanimento e conforto allo stesso tempo. Oggi, alla vigilia del settimo centenario della morte del Sommo poeta, Nicola Bultrini, poeta italiano tra i più raffinati e colti, ha messo insieme le testimonianze di quanti, italiani e no, letterati famosi (Guareschi o Gadda) o semplici prigionieri, si sono affidati a Dante per non vivere come bruti l’esperienza atroce della reclusione. Ne è scaturito un libro che contestualizza storicamente e materialmente le circostanze della frequentazione con la straordinaria ricchezza della Commedia in un percorso di testimonianze dirette su un testo capace di attualizzarsi qualunque sia l’inferno in cui venga letta.
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