Uri Orlev
La Ferita si è rimarginata (23.III.1944)
Prima il coltello lasciò un graffio soltanto, /poi si conficcò di schianto/
e trafisse, scavò, squarciò./
Alla fine il colpo più tremendo:/
Dio mio! Mi han portato via mia madre./
Allora il sangue iniziò a sgorgare,/
scorreva, scorreva e non si poteva fermare./ Niente renderà più profonda questa ferita, ormai/ lo è già abbastanza, lo è più che mai./
Nemmeno al tuonare di 1000 cannoni,/ il mio cuore più tremerà/
perché è congelato, per l’eternità/
perché la vita mi è divenuta ripugnante/ in quel secondo, in quell’orribile istante./ quando il colpo abbatté il mio cuore./
I miei occhi non verseranno neanche una lacrima di dolore,/ di giorno non voglio che mi domini la memoria,/
forse, soltanto nella notte buia,/
quando occhio umano non potrà intuire il mio animo
[angosciato./ Perché questo dolore è troppo grande per essere svelato./ La ferita, però, si è rimarginata, col passare dei giorni,/
una membrana sottile ne ha coperto i contorni./
C’è qualcuno al suo posto che di me si prende cura/
e il calore di un tempo posso sentirlo anche ora,/
ma di una cosa soltanto, adesso, il Signore voglio pregare:/ che questa orrenda ferita possa richiudersi e seccare./ Perché se quel coltello sterminatore/
tornerà di nuovo a straziarmi il cuore,/
di sentimenti questi non sarà più capace,/
e mai più con lo sguardo potrà cercare la direzione/ dove ci sono la gioia e la presunta consolazione./
Dopo questa poesia non irriterò oltre la mia cicatrice,/
si ispessirà e formerà una crosta, diventerà un segno sottile/
ma, sotto di esso, niente potrà mai cambiare né svanire/
e sebbene non lo si veda e quasi non si riesca a scorgere,/ non scorderò chi ha alzato il coltello per trafiggere/
non solo il mio cuore, quasi ogni cuore ha colpito di già,/ non scorderò,/
perché la cicatrice mi basterà.
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