“Mio Dio! Quella povera sorella in Cristo sta sbagliando tutto! Ghe pensi mi: adesso sì che la nutrirò con le mie parole di vita eterna!”
Presente, la proverbiale suocera che pretende di insegnarti a lavare i pavimenti perché “ma sei scema a usare il mocio, lo sanno tutti che lo straccio è meglio”?
Oppure, peggio ancora: presente, la perfetta sconosciuta che ti ferma per strada, lancia un’occhiata pietosa al tuo bambino, e poi comincia a pontificare che lo stai tenendo male, l’hai vestito troppo o troppo poco, quella merendina non gli fa bene, cosa ti è venuto in mente di comprargli quel giocattolo?
Ecco. Se concordiamo tutte quante (come credo) sul fatto che certi comportamenti invasivi e non richiesti dovrebbero essere sanzionati con un viaggio di sola andata verso quel paese, dovremmo francamente stare molto attente a non assumere anche noi lo stesso atteggiamento, quando si tratta di “consigliare” la strada “giusta” a una nostra sorella in Cristo che “vediamo” in “difficoltà” (?).
“La Chiesa”, scrive Nancy, “non è stata pensata per essere un amoroso convivio di famigliole alla mano che sono identiche in ogni singolo aspetto della loro vita”. Siamo persone con problemi, talenti, esperienze di vita e possibilità drasticamente diverse gli uni dagli altri. Quello che fa funzionare il mio matrimonio, non necessariamente potrebbe salvare il matrimonio di Giovanna. Le scelte educative fatte da Giulia, non necessariamente possono funzionare altrettanto bene sui figli di Chiara.
Nancy mi ha fatto molto ridere citando, a questo punto, alcuni stralci di una lettera che un esasperato San Paolo ha indirizzato a una comunità romana evidentemente piena di “so-tutto-io”.
Non mettetevi a discutere sulle opinioni. Uno di voi crede di poter mangiare di tutto, lʼaltro invece, che è debole, mangia solo verdure. Quello che mangia di tutto con convinzione non deve permettersi di disprezzare quelli che la pensano diversamente. E lo stesso vale per questi ultimi: non devono giudicare quelli che mangiano di tutto, perché Dio stesso li ha accettati come suoi figli. Chi siete voi per giudicare i servi di Dio? Essi sono responsabili davanti a Dio, non davanti a voi. […] Per questioni del genere, ognuno approfondisca le sue convinzioni personali. […]
Smettiamola quindi di criticarci a vicenda. Cerchiamo, invece, di vivere in modo da non essere d’ostacolo alla crescita spirituale del nostro fratello.
Intendiamoci: se ci troviamo di fronte a una amica che pone in essere dei comportamenti oggettivamente sbagliati, è senz’altro bene correggerla con buon garbo, nei tempi e nei modi che parranno più opportuni.
Ma per tutto ciò che non è una diretta infrazione del catechismo (per tutto ciò che, insomma, è una tua particolare interpretazione, una tua specifica devozione, una tua intima convinzione: ma nulla di più), sarebbe bene stare molto molto attente, prima di dispensare a destra e a manca parole di vita eterna.
Anche perché, toccando corde delicatissime come quelle della fede e delle questioni di coscienza, è drammaticamente facile dare il consiglio sbagliato, mandare in crisi mistica chi lo riceve (perché “oddio, ma allora sto sbagliando tutto”), convincerlo a fare come dici tu (perché “vedrai, funziona!”) e poi mandare tutto involontariamente a catafascio (perché, no, guarda un po’: ciò che funzionava per te, per lei non funziona affatto).
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