All'amato
Quando il tuo sguardo (ansioso pellegrino)
varcò la soglia della mia anima
ed il mio, per l'opposto cammino
venne in te al suo riposo,
ogni mortale opacità disparve
dai nostri sensi fatti puri e divini,
e dispersa in un soffio la nebbia di solitudine
ci riconoscemmo come nell'eterno.
Sì, noi sapemmo allora - troppo intensa per l'esilio -
quale grazia unisce i cieli beati.
Ed io in te contemplai il mio splendore,
mentre da me il tuo splendore irradiava,
e come tersi cristalli posti a fronte
ci specchiammo e rispondemmo, anima ad anima,
né parola fu tra noi, ma solo un'alta
conversazione di silenzio e di luce.
Quel che il tempo non donò, il tempo invano reclama.
Esso che gioventù, fama e bellezza disperde,
dei suoi terrori altri adombri, non già noi che portiamo
un segno che la sua notte profonda non sommerge,
luce della memoria, presto ancora in visione
rivelata, allorché nuovamente accompagni
il tuo passo sicuro al mio, sopra la sponda
che già in sogno toccammo, o mio celeste compagno.
Margherita Guidacci
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