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Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi

Sposi

LUIGI

Public Domain

Luigi Beltrame Quattrocchi, di origini friulane, nasce, da Carlo Beltrame e Francesca Vita, il 12 gennaio 1880 a Catania, dove suo padre, funzionario della Prefettura, era stato trasferito subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia.   Il doppio cognome viene aggiunto quando Luigi viene cresciuto (e poi adottato) dagli zii Stefania e Luigi Quattrocchi, pur mantenendo uno stretto legame con i propri genitori. 

Maria Corsini nasce a Firenze il 24 giugno 1884 da Angiolo Corsini e Giulia Salvi.

Maria e Luigi si conobbero a Roma, negli ultimi anni dell’Ottocento, nell’ambito delle rispettive famiglie e di comuni amicizie. Ancora giovanissimi consacrarono il loro vincolo d’amore il 25 novembre 1905 nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove negli anni a venire si recavano ogni giorno per assistere alla messa mattutina e dare così un profondo senso cristiano all’intera laboriosa giornata di entrambi.
Maria provvedeva alla casa: oltre ai tre figliuoli sopraggiunti nei primi quattro anni di matrimonio, i quali facevano a gara a movimentare il piccolo santuario domestico, doveva accudire, nel calore accogliente di un unico focolare, i suoi nonni e i suoi genitori.

All’indomani di un’udienza privata concessa da Papa Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) a tutta la famiglia, i due figli maschi lasciarono il nido nel medesimo giorno, il 6 novembre del 1924, per rispondere docili alla chiamata del Signore, dopo aver recitato un corale “Magnificat“, davanti al quadro del Sacro Cuore.
Al mattino, il primogenito Filippo (poi don Tarcisio) venne accompagnato da tutta la “comunità” al Collegio Capranica. Nel pomeriggio, Cesarino (poi don Paolino), fu accompagnato all’Abbazia di San Paolo fuori le Mura, dove lo attendeva con paterno affetto l’Abate Schuster, che già da anni aveva stretto profondi rapporti spirituali con l’Avv. Beltrame. Questi era divenuto assiduo frequentatore e zelante promotore dei famosi “ritiri minimi” di fine settimana in San Paolo, animati oltre che dallo stesso Schuster (
beatificato il 12 maggio 1996)da Mons. Montini (futuro papa e Beato Paolo VI) e da Fratel Alessandro Alessandrini, dedicati a turno a varie categorie selezionate di laureati, funzionari e professionisti.
Tre anni dopo, fu la volta della secondogenita, Fanny, che nel 1927 varcò, ventenne, le grate della clausura delle Benedettine del Santissimo Sacramento di via Bellotti in Milano, dove, con il nuovo nome di Maria Cecilia, ha servito fedelmente il Signore fino a quando, il 1° marzo del 1993, lo Sposo Divino l’ha chiamata a sé.

Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini sono una coppia che ha saputo rendere straordinaria la loro ordinaria vita di sposati grazie all’amore. Sono rimasti sposati per cinquant’anni e hanno avuto quattro figli, tre dei quali hanno potuto presenziare alla beatificazione dei loro genitori nella cerimonia celebrata nella Basilica di San Pietro il 21 ottobre 2001 da San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005).

Luigi Beltrame fu un brillante avvocato con una carriera che culminò quando venne nominato Vice Avvocato Generale dello Stato Italiano. Fu amico personale di molti politici che dopo la seconda guerra mondiale diedero impulso alla rinascita dell’Italia, come Alcide De Gasperi e Luigi Gedda.
Maria Corsini era professoressa e scrittrice di temi d’educazione, impegnata in varie associazioni, tra cui l’Azione Cattolica Femminile. La loro vita autenticamente cristiana si manifestò in particolare quando Maria stava aspettando Enrichetta, l’ultima figlia. Presentava sintomi tanto preoccupanti e con così poche possibilità di sopravvivenza per la madre, che un famoso ginecologo di Roma consigliò senza reticenze l’aborto: ma Luigi e Maria, senza pensarci su due volte, rifiutarono la proposta.
Era una famiglia borghese, che seppe aprirsi ai bisogni di tutti. Per esempio, durante la Seconda Guerra mondiale, il loro appartamento di Roma diventò un centro d’accoglienza e di alloggio per rifugiati.

Luigi muore a Roma il 9 novembre 1951, Maria gli sopravvive per 14 anni, e stempera il dolore rifugiandosi nella scrittura: ricordiamo tra gli altri il libro “L’ordito e la trama. Radiografia di un matrimonio“; il 26 agosto 1965 anche Maria muore, poco dopo aver recitato l’AngelusAngelus insieme ai figli nella loro casa di Serravalle (AR).

Il Papa, nell’omelia per la loro beatificazione, affermò che essi vissero “una vita ordinaria in modo straordinario”. Fra le gioie e le preoccupazioni di una famiglia normale, seppero vivere un’esistenza straordinariamente ricca di spiritualità. Al centro c’era l’Eucaristia quotidiana, cui si aggiungeva la devozione filiale alla Vergine Maria, invocata con il Rosario recitato tutte le sere, e il riferimento a saggi consigli spirituali. Questi sposi vissero alla luce del Vangelo e con grande intensità umana l’amore coniugale e il servizio alla vita. Assunsero con piena responsabilità il compito di collaborare con Dio nella procreazione, dedicandosi generosamente ai figli per educarli, guidarli, orientarli, nella scoperta del Suo disegno d’Amore.

Alla fine della celebrazione, il Papa ha condannato con parole durissime la violenza e ha presentato la famiglia come segno di speranza in questo mondo attanagliato dalla paura di attentati. “La famiglia” – ha detto – “annuncia il Vangelo della speranza con la sua stessa costituzione, poiché si fonda sulla reciproca fiducia e sulla fede nella Provvidenza. La famiglia annuncia la speranza, poiché è il luogo in cui sgorga e cresce la vita, nell’esercizio generoso e responsabile della paternità e maternità. Un’autentica famiglia, fondata sul matrimonio, è in se stessa una buona notizia per il mondo.”

Testimonianza del figlio Cesare, P. Paolino: «anche se non avevo mai immaginato che un giorno sarebbero stati proclamati Santi dalla Chiesa, posso affermare sinceramente che ho sempre percepito la straordinaria spiritualità dei miei genitori. In casa si è respirato sempre un clima soprannaturale, sereno, gioioso, non bigotto. Indipendentemente da quale questione dovevamo affrontare, la risolvevamo sempre dicendo che bisognava farlo dalle tegole in su. Tra papà e mamma ci fu una specie di gara nella crescita spirituale. Mamma iniziò dalla linea di partenza, poiché viveva già un’intensa esperienza di fede, mentre papà era certamente un buon uomo, retto e onesto, però non molto praticante. Grazie alla vita matrimoniale, con l’aiuto decisivo del suo direttore spirituale, anche lui iniziò a correre ed entrambi raggiunsero elevate mete di spiritualità. Dalle numerose lettere che si scrissero, che abbiamo potuto trovare ed ordinare, emerge tutta l’intensità del loro amore. Per esempio, quando mio padre andava in viaggio in Sicilia, era sufficiente che arrivasse a Napoli perché mandasse un messaggio, in cui diceva alla moglie quanto le voleva bene.
Quest’amore veniva trasmesso sia all’interno della famiglia (durante i primi anni di matrimonio vivevano nel nostro appartamento anche i genitori di entrambi e i nonni della mamma) sia all’esterno, con l’accoglienza di amici di ogni tipo di idee, e aiutando chi si trovava nel bisogno. L’educazione, che portò tre di noi alla consacrazione, era il pane quotidiano. Conservo ancora una Imitazione di Cristo regalatami da mia madre quando avevo dieci anni. La dedica continua a produrre in me brividi:
 “Ricordati che si segue Cristo, se è necessario, fino alla morte”».

I loro resti benedetti, già fraternamente ospitati dalla comunità delle Trappiste di Vitorchiano (Viterbo), nel mistico silenzio di una medesima Cappella, in cui sono custoditi quelli della Beata Maria Gabriella Sagheddu, a seguito della Beatificazione celebrata il 21 ottobre 2001 in Piazza San Pietro, sono stati solennemente traslati in Roma, dove insieme attendono la risurrezione nella Cripta del Santuario del Divino Amore.

Per approfondimenti:
>>> santuariodivinoamore.it/beati.html

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