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Beato Rolando Rivi

Seminarista e martire

ROLANDO RIVI

Public Domain

Rolando, secondo dei tre figli di Roberto Rivi e Albertina Canovi, nasce il 7 gennaio 1931 a San Valentino, borgo rurale del Comune di Castellarano (Reggio Emilia), in una famiglia profondamente cattolica.

La prima Comunione e la Cresima lo rendono felice, maturo e responsabile: ogni mattina si alza presto per servire Messa e fare la Comunione.
Così crescono Rolando, il fratello maggiore Guido e la sorella minore Rosanna. Sano di salute, esuberante nel carattere, vivace nei comportamenti. Nonna Anna sentenzia: «Diventerà un mascalzone o un santo. Non farà una via di mezzo».
A 11 anni confida: «Voglio farmi prete, per salvare tante anime. Poi partirò missionario per far conoscere Gesù lontano».

Dopo le elementari, nell’ottobre 1942, entra nel Seminario minore di Marola nel comune di Carpineti (Reggio Emilia) e, com’era consuetudine, i piccoli seminaristi vestivano la talare. Si distingue per la serenità, la serietà e la profonda fede. Amante della musica, impara a suonare l’armonium e l’organo.

La guerra infuria. Dopo l’8 settembre 1943, con la caduta di Benito Mussolini e l’occupazione nazista, al Nord i gruppi partigiani sono composti da frange minoritarie di cattolici e da maggioranze di comunisti e socialisti, accomunati da una forte impronta anticattolica: il clero fa argine ai loro progetti rivoluzionari.

Nell’estate del 1944 il seminario di Marola viene occupato dai soldati tedeschi. Rolando, tornato a casa, continua gli studi da seminarista, sotto la guida del parroco, e porta nel suo paese un’ardente testimonianza di fede e di carità, vestendo sempre l’abito talare.
I genitori, spaventati dal rancore dei comunisti, lo invitano ad abbandonare la talare, ma il ragazzo risponde: “Che male faccio? Non la toglierò perché studio da prete e la veste è il segno che sono di Gesù”. Questa pubblica appartenenza gli sarà fatale. Trascorre l’inverno a San Valentino mentre si moltiplicano le aggressioni ai preti. Non manca mai alla Messa e alla Comunione. I genitori vanno nei campi a lavorare e il ragazzo con i libri studia in un boschetto.

Martedì 10 aprile 1945 i genitori lo aspettano invano. Trovano invece un biglietto: «Non cercatelo. Viene un momento con noi partigiani», che lo sequestrano, gli strappano la talare, lo picchiano sulle gambe e in faccia, lo torturano per tre giorni.
Davanti al ragazzino piangente qualcuno forse prova rimorso e propone di lasciarlo andare. Ma vince la barbarie, prevale la ragion di partito: «Un prete in meno». Lo condannano a morte. Lo conducono in un bosco a Piane di Monchio (Modena), lo costringono a scavarsi la fossa, lo fanno inginocchiare sul bordo e, mentre Rolando singhiozza e implora pietà, gli sparano due colpi di pistola, uno al cuore e uno alla fronte. Stramazza nella fossa.

Venerdì 13 aprile 1945 – mancano 12 giorni alla Liberazione – Rolando muore a 14 anni, 3 mesi e 6 giorni. Lo ricoprono in fretta con terra e foglie, appendono la talare come un trofeo nel porticato di una casa. Il giorno dopo, su indicazione di un partigiano, il papà e don Alberto Camellini, lo ritrovano, lo collocano in una bara improvvisata, lo portano in chiesa e poi al cimitero.

A guerra finita, il 29 maggio, lo riportano nel villaggio e sulla tomba scrivono: «Tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento, vivi nella luce e nella pace di Cristo».
Il killer Giuseppe Corghi e il suo complice Delciso Rioli furono condannati a 26 e 16 anni di carcere ma furono amnistiati dopo 6 anni di reclusione.

Il 7 gennaio 2006 l’arcivescovo di Modena, Mons. Benito Cocchi, apre il processo diocesano per il martire caduto sotto l’odio anticristiano. Il 27 marzo scorso, 14 giorni dopo l’elezione, Papa Francesco promulga i decreti per 70 beati e venerabili, martiri della guerra civile spagnola, della rivoluzione messicana, del nazismo, dei regimi comunisti dell’Europa orientale, dei «rossi» italiani. Fra questi il giovane seminarista, del quale i libri di storia tacciono come per tanti sacerdoti e cattolici vittime dell’odio e del fanatismo.

Dopo il crollo del fascismo e l’armistizio, l’Italia vive i mesi più atroci della sua storia e il clero paga un alto tributo di sangue. Tutti, giustamente, ricordano il delitto fascista di Giacomo Matteotti.
Ma chi ricorda don Giovanni Minzoni? Don Giuseppe Morosini? Don Enrico Donati? Don Umberto Pessina?
Il giornalista di «Avvenire» Roberto Beretta, nel libro del 2005 «Storia dei preti uccisi dai partigiani», Piemme, ricostruisce 129 omicidi tra il 1944 e il 1947 perpetrati da partigiani ed estremisti comunisti, soprattutto in Istria e in Emilia Romagna.

Rolando Rivi è stato proclamato beato nel Palasport di Modena il 5 ottobre 2013. A presiedere la celebrazione, come rappresentante di Papa Francesco (George Mario Bergoglio, 2013-), il Card. Angelo Amato S.D.B., prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che nel corso dell’omelia ha detto: “Vogliamo ricordare e celebrare la vicenda martiriale del piccolo Rolando Rivi con un atteggiamento di perdono, di riconciliazione, di fraternità umana. Vogliamo gridare forte: mai più odio fratricida, perché il vero cristiano non odia nessuno, non combatte nessuno, non fa male a nessuno. L’unica legge del cristiano è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Le ideologie umane crollano, ma il Vangelo dell’amore non tramonta mai perché è una buona notizia, che porta pace e bene a tutti”.

Per approfondimenti biografici:
>>> Giovani santi: Beato Rolando Rivi
>>> Beato Rolando Rivi (PDF)
>>> Beato Rolando Rivi – Sito ufficiale

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