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San Francesco de Geronimo

Gesuita e Sacerdote

FRANCIS DE GERONIMO

MICHI abba

Francesco nasce a Grottaglie (Taranto) il 17 dicembre 1642.

A dieci anni lasciò la sua famiglia per frequentare, come interno, la scuola “S. Mattia” che i sacerdoti di Grottaglie avevano aperto, in una casa presso l’attuale chiesetta dedicata alla Madonna del Lume. Qui, abbastanza presto, finirono col vestirlo da prete e con l’affidargli la cura della chiesetta. Rimase con loro fino ai diciotto anni, studiando e dimostrando una spiccata tendenza alla preghiera. Si alzava al mattino molto presto e, di nascosto, se ne andava a pregare nella chiesetta, ritirandosi poi in camera un po’ prima che i preti si alzassero.

Maturò così la sua vocazione sacerdotale. Perciò, a diciotto anni, per proseguire gli studi, dovette andare a Taranto in seminario, e frequentare il collegio tenuto dai Padri Gesuiti. Qui avvenne il suo primo incontro con essi.
Vi rimase cinque anni e quando, pensando seriamente al sacerdozio, dovette partire per Napoli, per continuare gli studi di Diritto canonico e civile presso la Regia Università, vi andò anche per poter continuare a frequentare il Collegio appunto dei Gesuiti e iniziare gli studi di Teologia.

Non aveva ancora 24 anni quando, nel 1666,  fu ordinato sacerdote dal Vescovo di Pozzuoli, nella sua cappella privata. Per i successivi quattro anni insegnò nel collegio De Nobili dei gesuiti diNapoli, diventando solo nel 1670 membro della Compagnia di Gesù. Sottoposto a un noviziato molto severo fu inviato a operare pastoralmente con il famoso predicatore Agnello Bruno, allora in missione nelle campagne di Otranto. Questa nuova esperienza (durata dal 1671 al 1674) gli diede la possibilità di cambiare luogo e ambiente.

Nel 1682 fece la professione religiosa, completò gli studi teologici e fu nominato predicatore della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. In quel periodo, poco dopo la crudele persecuzione contro i cristiani in Giappone, si parlò molto di mandarvi un nuovo gruppo di missionari; Francesco desiderava poter partire ma gli fu detto che era il regno di Napoli la sua India e il suo Giappone: così fu per i seguenti quarant’anni.

La sua predicazione attirava grandi folle a Napoli e nei dintorni: uomini e donne si accalcavano presso il suo confessionale; si dice che ogni anno quattrocento “peccatori incalliti” cambiassero vita per merito suo. Prigioni, ospedali e galere sperimentarono il suo ministero, che ottenne anche le conversioni di numerosi turchi. Svolse la sua missione anche nelle aree più malfamate della città, dove qualche volta subì aggressioni fisiche.
In modo occasionale predicava nelle strade, stimolato da qualche fresco accadimento: una volta una prostituta lo ascoltò stando alla finestra e il giorno dopo andò da lui a confessarsi. I suoi pentitenti provenivano da ogni classe e condizione sociale: ci fu ad esempio il caso davvero singolare di una donna francese, Marie Alvira Cassier, che aveva ucciso suo padre e si era arruolata nell’armata spagnola facendosi passare per un uomo; sotto la guida di Francesco, dopo aver fatto penitenza, giunse alla santità. 

Un altro aspetto del suo apostolato era quello della formazione dei missionari, incarico nel quale sublimò il suo desiderio per le terre di missione. Al suo ministero vennero attribuite guarigioni, che egli sempre riferì all’intercessione di S. Ciro, al quale era profondamente devoto. Verso la fine della sua vita sperimentò molte sofferenze fisiche.

Francesco De Geronimo muore santamente l’11 maggio 1716 a settantaquattro anni e fu sepolto nella chiesa dei gesuiti del Gesù Nuovo, che divenne meta di un ininterrotto pellegrinaggio sulla sua tomba. La domenica che seguì il suo transito al Cielo, nella chiesa del Gesù Nuovo si distribuirono 42.000 comunioni.  

Fu beatificato, il 2 maggio 1806, da Pio VII (Barnaba Chiaramonti 1800-1823), allorché i Gesuiti, su richiesta del re Ferdinando IV di Borbone, erano stati riconosciuti per il regno di Napoli (la restaurazione dell’Ordine avverrà nel 1814).
Fu poi canonizzato, il 26 maggio 1839, dal papa Gregorio XVI (Bartolomeo Cappellari, 1831-1846) e la sua festa fu fissata nel giorno della morte. Il corpo, traslato nella cappella a lui intitolata nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli, che venne arricchita dallo scultore Jerace dell’artistica statua del santo in atto di predicare, vi rimase fin dopo la seconda guerra mondiale, allorché fu trasportato nella chiesa dei Gesuiti di Grottaglie, patria del santo.

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