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Paolo Miki nasce nei pressi di Kyōto da una nobile famiglia giapponese. Ricevette il battesimo a 5 anni e a 22 entrò nei gesuiti come novizio: studiò presso i collegi dell'ordine di Azuchi e Takatsuki e divenne un missionario ma non poté essere ordinato sacerdote a causa dell’assenza di un vescovo in Giappone.
Paolo Miki è uno dei ventisei martiri che il 5 febbraio 1597 furono messi in croce, in quanto cristiani, sulla collina di Tateyama, presso Nagasaki. Gli altri 25 martiri sono :
Sono i primi martiri dell'Estremo Oriente iscritti nel martirologio.
Beatificati da Pp Urbano VIII (Maffeo Barberini, 1623-1644) il 14 settembre 1627, la loro memoria obbligatoria è celebrata fin dalla canonizzazione da parte del Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878), l'8 giugno 1862.
Nel Martirologio Romano sono elencati con il nome di "San Paolo Miki e compagni" e commemorati il 6 febbraio (non fu scelto il 5 febbraio, data della loro morte, perché ricorre la memoria di S. Agata).
Del loro martirio esiste la relazione di un testimone oculare e nella liturgia delle ore se ne legge un passo.
Dalla Storia del martirio dei SS. Paolo Miki e compagni scritta da un autore contemporaneo (Cap. 14, pp. 109-110; Acta Sanctorum Febr. 1, 769)
Passione di Paolo Miki e compagni
Piantate le croci, fu meraviglioso vedere in tutti quella fortezza alla quale li esortava sia Padre Pasio, sia Padre Rodriguez. Il Padre commissario si mantenne sempre in piedi, quasi senza muoversi, con gli occhi rivolti al cielo. Fratel Martino cantava alcuni salmi per ringraziare la bontà divina, aggiungendo il versetto: «Mi affido alle tue mani»(Sal 30,6). Anche Fratel Francesco Blanco rendeva grazie a Dio ad alta voce. Fratel Gonsalvo a voce altissima recitava il Padre Nostro e l’Ave Maria.
Il nostro fratello Paolo Miki, vedendosi innalzato sul pulpito più onorifico che mai avesse avuto, per prima cosa dichiarò ai presenti di essere giapponese e di appartenere alla Compagnia di Gesù, di morire per aver annunziato il Vangelo e di ringraziare Dio per un beneficio così prezioso. Quindi soggiunse: « Giunto a questo istante, penso che nessuno tra voi creda che voglia tacere la verità. Dichiaro pertanto a voi che non c’è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani. Poiché questa mi insegna a perdonare ai nemici e a tutti quelli che mi hanno offeso, io volentieri perdono all’imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano ».
Si rivolse quindi ai compagni, giunti ormai all’estrema battaglia, e cominciò a dir loro parole di incoraggiamento.
Sui volti di tutti appariva una certa letizia, ma in Ludovico era particolare. A lui gridava un altro cristiano che presto sarebbe stato in Paradiso, ed egli, con gesti pieni di gioia, delle dita e di tutto il corpo, attirò su di sé gli sguardi di tutti gli spettatori. Antonio, che stava di fianco a Ludovico, con gli occhi fissi al cielo, dopo aver invocato il santissimo nome di Gesù e di Maria, intonò il salmo «Laudate, pueri, Dominum», che aveva imparato a Nagasaki durante l’istruzione catechista; in essa infatti vengono insegnati ai fanciulli alcuni salmi a questo scopo.
Altri infine ripetevano: «Gesù! Maria!», con volto sereno. Alcuni esortavano anche i circostanti ad una degna vita cristiana; con questi e altri gesti simili dimostravano la loro prontezza di fronte alla morte.
Allora quattro carnefici cominciarono ad estrarre dal fodero le spade in uso presso i giapponesi. Alla loro orribile vista tutti i fedeli gridarono: «Gesù! Maria!» e quel che è più, seguì un compassionevole lamento di più persone, che salì fino al cielo. I loro carnefici con un primo e un secondo colpo, in brevissimo tempo, li uccisero.
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