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Beato Oscar Arnulfo Romero

Vescovo e Martire

romero

© DR

Oscar Arnulfo Romero, secondo di otto fratelli, nasce il 15 agosto 1917 a Ciudad Barrios di El Salvador (America centrale), da una famiglia di umili origini.  

Manifestato il desiderio di diventare sacerdote, ricevette la sua prima formazione nel seminario di San Miguel (1930). I suoi superiori, notando la sua predisposizione agli studi e la docilità alla disciplina ecclesiastica, lo mandarono a Roma. Compì la sua formazione accademica nella Pontificia Università Gregoriana negli anni dal 1937 al 1942, nella Facoltà di Teologia, conseguendo il baccellierato, la licenza e continuando con l’iscrizione a un anno del ciclo di dottorato.
Ordinato sacerdote il 4 aprile 1942, svolse il suo ministero di parroco per pochi anni. In seguito fu segretario di Miguel Angel Machado, vescovo di San Miguel. Venne poi chiamato a essere segretario della Conferenza episcopale di El Salvador. 

Il 25 aprile 1970 venne nominato vescovo ausiliare di San Salvador, ricevendo l’ordinazione episcopale il 21 giugno 1970 dall’arcivescovo Girolamo Prigione, nunzio apostolico in El Salvador. Diventò così il collaboratore principale di Luis Chávez y González, uno dei protagonisti della Seconda conferenza dell’episcopato latinoamericano a Medellín (1968).
Il 15 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago de María, nello stesso Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare, che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione, nelle convinzioni teologiche e nelle scelte pastorali, anche grazie all’influenza del gesuita Jon Sobrino, esponente di punta della teologia della liberazione.

I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpirono persone e collaboratori a lui cari, lo spinsero alla denuncia delle situazioni di violenza che riempivano il Paese. La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trovò pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello ‘status quo’ politico ed economico. Romero rifiutò l’offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro.
La morte di padre Rutilio Grande, gesuita, suo amico e collaboratore, assassinato assieme a due catecumeni, appena un mese dopo il suo ingresso in diocesi, divenne l’evento che aprì la sua azione di denuncia profetica, che portò la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue. L’esercito, guidato dal partito al potere, arrivò a profanare e occupare le chiese, come ad Aguilares, dove vennero sterminati più di 200 fedeli.

Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”, gridò all’esercito e alla polizia. Come risposta a questa richiesta gli organi di stampa, fedeli al regime, pubblicarono un’immagine di San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) accompagnata da una frase del pontefice da intendere come monito: “Guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa perché la Chiesa è di tutti”.

Le sue catechesi, le sue omelie, trasmesse dalla radio diocesana, furono ascoltate anche all’estero, diffondendo la conoscenza della situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese.

Il 2 febbraio 1980, a Lovanio, in Belgio, ricevette la laurea ‘honoris causa’ per il suo impegno come difensore dei poveri.
Il 23 marzo 1980 l’arcivescovo invitò apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Disse: «Io vorrei fare un appello particolare agli uomini dell’Esercito e in concreto alla base della Guardia Nazionale, della Polizia, delle caserme: Fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri stessi fratelli contadini; ma rispetto a un ordine di uccidere dato da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice Non uccidere. Nessun soldato è tenuto ad obbedire ad un ordine contrario alla Legge di Dio. Vi supplico, vi chiedo, vi ordino in nome di Dio: Cessi la repressione!”».
Il giorno dopo (24 marzo), mentre stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, fu ucciso da un sicario su mandato di Roberto D’Aubuisson, leader del partito nazionalista conservatore ARENA (Alianza Republicana Nacionalista). Nell’omelia aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni.
L’assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l’ostia nella consacrazione. Morì alle 18:26 di lunedì 24 marzo 1980. Ai funerali l’esercito aprì il fuoco sui fedeli inermi, compiendo un massacro.

Papa Giovanni Paolo II non presenziò al funerale, ma delegò a presiedere la celebrazione Ernesto Corripio y Ahumada, arcivescovo di Città del Messico. Durante le esequie l’esercito aprì il fuoco sui fedeli, compiendo un nuovo massacro. Il 6 marzo 1983 Giovanni Paolo II rese omaggio a Romero, venerato già come un santo dal suo popolo, sulla sua tomba, nonostante le pressioni del governo salvadoregno.

La Chiesa cattolica aprì nel 1997 la causa di beatificazione e gli attribuì il titolo di Servo di Dio. La sua causa di beatificazione, rimasta ferma per anni, fu sbloccata dall’intervento di Papa Benedetto XVI (Joseph Aloisius Ratzinger, 2005-2013) il 20 dicembre 2012, e in seguito proseguita da Papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio, 2013-), che ne desiderava una rapida conclusione, in quanto sulla base della testimonianza del capitano di polizia Alvaro Rafel Saravia – l’unica persona condannata per il suo omicidio – Romero era stato assassinato in “odium fidei” (decreto del 3 febbraio 2015).

Oscar Arnulfo Romero y Galdàmez è stato proclamato Beato, in una solenne celebrazione in San Salvador, il 23 maggio 2015. Oltre 200 mila persone, tra le quali numerosi capi di Stato, hanno partecipato alla cerimonia di beatificazione presieduta dal Card. Angelo Amato S.D.B., prefetto della congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Papa Francesco.

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