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Santa Gemma Galgani

Mistica passionista

SAINT GEMMA GALGANI

Public Domain

Chi si accosta a Santa Gemma Galgani, rimane soggiogato dalla figura di questa santa, giovane sì, ma di una maturità singolare, perché forgiata nell’accoglienza amante della Passione del Signore. Possiamo leggere la sua vita comparandola con la nuova esortazione apostolica sulla santità Gaudete ed exsultate e scoprire che Gemma – nata a Bogonuovo di Camigliano il 12 Marzo del 1878 e morta a Lucca nei primi anni del secolo scorso – è molto più attuale di quello che possiamo pensare. La sua santità, seppur corredata da doni mistici, è stata vissuta in un contesto quotidiano di accettazione, rinuncia e sofferenza offerti per la conversione dei peccatori, la cui sorte ha avuto a cuore, e allo Sposo, quel Cristo che Gemma ha frequentato per grazia divina sin da bambina. «La croce – scrive Papa Francesco – soprattutto le stanchezze e i patimenti che sopportiamo per vivere il comandamento dell’amore e il cammino della giustizia, è fonte di maturazione e di santificazione» (GE 92). Così è stato per lei.

Le sue pagine autobiografiche – che scrive non per diletto ma in obbedienza – non devono trarre in inganno: la ragazza si ritrae spesso, nel suo passato ma anche nel suo presente, come cattiva, superba, capricciosa. È un diffuso topos delle autobiografie spirituali che santi, beati o venerabili rileggano la loro vita, soprattutto in casi di conversione successiva, come una collezione di peccati. Le motivazioni di questa lettura sono comprensibili: la persona, man mano che la propria vita interiore si innalza verso le vette più alte dell’Amore di Dio, sente ogni minima imperfezione, passata e presente, come intollerabile. Inoltre – nelle parole con cui Gemma delinea il proprio itinerario spirituale – è lo stesso Gesù o la Vergine Madre o il suo Angelo custode a darle la consapevolezza dell’indegnità creaturale, che tutto deve al Suo Creatore, e del cammino che occorre compiere per essere pronti per il Cielo. Tuttavia, al di là di queste osservazioni, non può essere ignorato il tratto rilevante della sua vicenda umana: Gemma è stata una giovane donna, morta a soli 25 anni, che ha compreso realmente il segreto della felicità, ossia aderire alla volontà di Dio. Un Dio che la prepara, gradualmente, alla meta a cui dovrebbe aspirare ognuno di noi: il Paradiso. «Ricordati – le dice Gesù – che ti ho creato per il Cielo: non hai che far nulla con la terra».

Gemma Galgani ha avuto in dono una bellezza quieta. Una delle immagini più note la presenta con gli occhi chiari, elevati verso l’alto, e le mani giunte in preghiera. Sembra già non appartenere a questo mondo. Piace agli uomini, ma lei ha nel cuore solo l’Amato. Le capiterà di rifiutare profferte amorose e lo farà senza alcun rimpianto: il rapporto con Gesù si intensifica man mano che la sua vita si avvia verso la fine. La santità della giovane donna è cesellata con pazienza dall’Alto. Una volta, per purificarla da un eccesso di vanità, legata al possesso di un orologio d’oro, l’Angelo Custode l’avverte: «Ricordati che i monili preziosi che abbellano una sposa di un Re Crocifisso altri non possono essere che le spine e la croce». A Dio, infatti, non interessa che sia prima nella bellezza, nel buon gusto o nello sfarzo. A Lui importano altri primati.

La crescita spirituale della santa, frutto dell’incontro della Grazia con l’impegno personale, non è una scalata in solitaria. Papa Francesco ha parlato di una santità non canonizzata che collabora attivamente alla crescita del Regno di Dio: «la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”» (GE 7). Questa “classe media della santità” nella vita di Gemma si incarna in alcune figure concrete, che le insegnano a pregare, a meditare la Passione del Signore, a vivere la carità. Una per tutte: la madre Aurelia, la sua prima nutrice spirituale, cristiana fervorosa che ama pregare insieme alla figlia.

La vita di Gemma Galgani, seppur breve, è costellata di dolori, sopportati sempre per amore di Gesù. Sarà più volte colpita negli affetti più cari: soffrirà soprattutto per la morte della madre e, in seguito, del fratello più caro, che era seminarista. In entrambi i casi, lo strazio della bambina prima, della ragazza poi, sarà intenso perché sono le persone a cui è più legata sulla terra. Ma è la stessa volontà divina a chiederle la madre, quando è bambina, e Gemma, nonostante l’affetto che la lega alla donna che l’ha portata nel suo grembo per nove mesi, non riesce a rifiutargliela. Per il fratello vivrà un dolore ancora più lancinante, tanto che, indossando gli abiti infetti di lui, cercherà di morire di tisi così come lui era morto (rischiando di riuscire anzitempo nel suo proposito, visto che si ammala gravemente).

Gemma, però, conosce anche la povertà. La sua è stata una famiglia molto agiata, ma vive un rovescio finanziario e presto, dopo la morte della madre, Gemma e i suoi familiari si ritrovano in una situazione pessima. Il culmine della disgrazia economica arriva, però, quando muore il genitore: Gemma e i suo fratelli sono nella miseria e si riprendono anche grazie alla carità altrui. In una simile circostanza la fortezza della giovane è ammirevole. In questa caduta nella povertà, ciò che il Signore le chiede può lasciare stupefatti. Gemma è sempre stata molto generosa nei confronti di chi si trova nel bisogno, donando quello che trova in casa, dai soldi al pane. Questa generosità è persino frenata da chi la segue spiritualmente: «Ne ebbi poi la proibizione dal Confessore – scrive – e più non lo feci; e per questo mezzo Gesù operò in me una nuova conversione; poiché il babbo non mi dava più nessuni quattrini, di casa non potevo più levarci nulla, e ogni volta che uscivo fuori, non incontravo che poveri e tutti correvano da me. Non potevo dar loro nulla, e questo era un dolore che mi faceva piangere continuamente». Già allora Gemma intuiva che si trattava di qualcosa di nuovo a cui il Cristo la stava chiamando, ma ora – nella situazione di essere povera tra i poveri – Dio la purifica ulteriormente. Sottolineare l’accettazione delle croci del suo quotidiano non deve portarci a minimizzare i doni mistici che le vengono concessi (che le portano anche incomprensioni da parte degli altri, sopportate sempre con amore). Gemma vuole essere associata alla Passione del Signore, che vive in lieta accoglienza sapendo che in questo modo partecipa dei dolori dell’Amato: «Come fare, veder soffrire Gesù e non aiutarlo? – scrive – Mi sentii allora tutta in un gran desiderio di patire, e chiesi a Gesù di farmi questa grazia. Mi contentò subito, e fece come aveva fatto altre volte: mi si avvicinò, si tolse dal suo capo la corona di spine e la posò sul mio, e poi mi lasciava stare. Vedeva poi che io lo guardavo zitta zitta, capì subito un pensiero che in quel momento mi venne; pensai: “Forse Gesù non mi ama più, perché è solito Gesù che, quando mi vuol fare conoscere che mi vuol bene, mi pigia bene bene quella corona sulla testa oppure dalle parti alla testa”. Gesù capì e con le sue mani me la pigiò nelle tempie. Sono momenti dolorosi, ma momenti felici». Ha visioni, stimmate, locuzioni interiori. Il demonio la tormenta sempre, ma lei riesce – con l’aiuto di Dio – a resistere. Spiritualmente si trova più che mai in sintonia con i Passionisti, sebbene non riuscirà mai a vestire l’abito religioso: Gabriele dell’Addolorata – entrato nel noviziato dei Passionisti e deceduto a 24 anni prima di diventare sacerdote, nel 1862 – le compare più volte, incoraggiandola. Quasi alla stessa età del giovane, Gemma si addormenta in Cristo l’11 Aprile del 1903: ora i suoi occhi chiari sono perennemente fissi verso lo Sposo.

di Claudia Cirami

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