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Beato Clemente Vismara

Missionario

Clemente Vismara, icona delle missioni moderne

© Public Domain

Clemente Vismara nasce ad Agrate Brianza (MB) il 6 settembre 1897, quinto di sei fratelli e sorelle di una famiglia dignitosamente povera: suo padre Attilio Egidio faceva il sellaio, la mamma, Stella Annunziata Porta, era cucitrice.

Fu presto provato dal dolore: quando aveva cinque anni morì la sua mamma (22 settembre 1902), tre anni dopo morì il suo papà (8 gennaio 1905) e i parenti – in particolare lo zio, parroco di Bussero – non trovarono soluzione migliore che affidarlo al Collegio Villoresi di Monza.

La sua vita fu tutta un’avventura. Entrato nel Seminario di S. Pietro in Seveso nel 1913, si distinse subito per la sua vivacità, che conservò anche, quando, scoppiata la prima guerra mondiale, fu chiamato al fronte come molti seminaristi: “Credevo che fosse più brutto stare in caserma – scriveva al Rettore nel novembre 1916 -, invece a sapere un po’ fare e saper indurire un po’ le orecchie, la si può passare un pochettino bene come la passo io. I miei compagni non sono più così cattivi come a parole vorrebbero dimostrare. Prima di levarmi e di coricarmi dico le mie orazioni in presenza di tutti e nessuno osa dirmi qualche cosa, anzi alle volte io stesso grido in mezzo alla caserma che abbiamo a dire anche le orazioni”.

Non c’è dubbio: un giovane entusiasta e senza paura, che, al ritorno dal fronte, decise di passare al PIME, o meglio – come si chiamava allora – all’Istituto per le Missioni Estere, una forma ante litteram dei fidei donum, poiché era formato da sacerdoti ambrosiani a tutti gli effetti, ma che si sarebbero dedicati alle missioni.

D’altra parte il suo motto era : “Il mondo è bello e la vita più bella ancora. Altrimenti a cosa serve la fede?”.

Fu ordinato sacerdote il 26 maggio 1923 dal Card. Eugenio Tosi. Tre mesi dopo partì già per la Birmania, una regione, allora, ancora inesplorata in gran parte, coperta da una vegetazione incontaminata sin dalla creazione del mondo! Si buttò a capofitto nella nuova vita di avventure e di fatiche: per raggiungere la base della sua missione, Kengtung, partendo dall’ultima postazione, la città di Toungoo, dovette cavalcare per quattordici giorni. C’erano alcuni confratelli, ma spesso rimaneva solo, poiché occorreva spingersi ancora più all’interno di quell’immenso e splendido paese, a Mong Ping, a Mong Lin, a Mong Piak: ogni collina custodiva un villaggio, dei poveri, dei malati, degli orfani, tutta gente buona.

Il suo metodo apostolico era semplice e concreto. Visitava sistematicamente i villaggi e in ognuno di essi dava avvio all’insegnamento della dottrina cristiana, lasciando quindi a dei catechisti locali il compito di proseguire questo impegno. Al ritorno, nella missione centrale, portava con sé centinaia di orfani e di bambini abbandonati, che educava insegnando loro un mestiere. Al momento della sua morte, in casa ne aveva oltre 250. Nel corso degli anni sono scaturite fra loro numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Proverbiale era, in tutta la diocesi di Kengtung, la sua fiducia nella provvidenza. Padre Clemente trascorreva le sue serate scrivendo lettere agli amici, in ogni parte del mondo, per sollecitare l’invio di aiuti materiali e preghiere. E, grazie ai tanti benefattori che gli vennero sempre incontro, nessuno dei suoi ragazzi restò mai digiuno o a mani vuote.

Il suo biografo ufficiale, padre Piero Gheddo, andò a visitarlo nel 1983. « Aveva 86 anni ed era ancora parroco a Mong Ping », racconta,« e quando gli chiedevo di intervistarlo sulle sue avventure mi rispondeva: “Lascia perdere il mio passato e pensiamo piuttosto al futuro!”. E cominciava a parlarmi dei villaggi da visitare, delle scuole e cappelle da costruire, delle richieste di conversioni che gli giungevano da varie parti ». Con questo spirito visse i suoi sessantaquattro anni di missione, ricchi di avventure tali da scriverne romanzi.

Per rendergli omaggio, quando compì 90 anni, la Chiesa locale lo proclamò “patriarca della Birmania”.

Padre Clemente Vismara muore a Mong Ping, il 15 giugno 1988 alle 20:15, sereno e felice all’età di 91 anni. Al funerale accorsero anche molti buddhisti e musulmani.

Venne sepolto, come da lui richiesto, davanti alla Grotta di Lourdes nel piazzale della chiesa, da lui costruita nel 1962. La sua tomba è meta di pellegrinaggi da parte di persone di tutte le religioni.

Dopo la morte, la venerazione per il missionario si è sempre più intensificata. Il vescovo di Kengtung, Abramo Than, ha scritto : « Abbiamo avuto tanti santi missionari del PIME, ma per nessuno di essi si sono verificati questa devozione e questo movimento di popolo per dichiararlo santo ». E, in effetti, il processo di beatificazione, avviato dal cardinale Carlo Maria Martini nel 1996, sulla scia dell’impegno del Gruppo missionario di Agrate Brianza, si è concluso in tempi rapidissimi.

Padre Clemente Vismara è stato proclamato Beato, il 26 giugno 2011, nella Piazza Duomo di Milano, insieme a don Serafino Morazzone e alla religiosa Sr Enrichetta Alfieri. Il rito di Beatificazione è stato presieduto dai Cardinali Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e rappresentante del Papa Benedetto XVI, e Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano.

Padre Angelo Campagnoli, confratello di Vismara e per alcuni anni in missione nella medesima zona, ha raccontato nel processo diocesano che la caratteristica del novello beato fu la fedeltà alla propria vocazione: « L’impressione che dava era quella di una ruota che continuava a girare: quando i bambini che aveva raccolto orfani diventavano grandi, si sposavano e uscivano dalle sue cure, altri erano già pronti a ricominciare il giro. La sua frase famosa, “sei vecchio quando non sei più utile a nessuno”, nasce dal fatto che lui è rimasto utile a tutti fino a 91 anni ».

Per approfondimenti:

>>> Celebrazione beatificazioni del 26 giugno 2011

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