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WhatsApp: trappole da evitare nei gruppi familiari

WHATSAPP

Shutterstock | Alex Ruhl

Edifa - pubblicato il 30/05/21

di Ariane Lecointre-Cloix

Ci sono gruppi WhatsApp per tutto: il regalo comune per il 50° compleanno di papà, il gruppo dei genitori della scuola, l’organizzazione della prossima festa parrocchiale. È come se nulla potesse essere fatto senza questa favolosa applicazione, che simboleggia la smaterializzazione del legame nell’epoca dell’implacabile tsunami digitale. Anche i clan famigliari sono sedotti da questa applicazione. Ecco l’indagine sulle sue promesse e i suoi limiti.

Quando tutta la vita scorre su WhatsApp

Denise, 24 anni, elenca così le conversazioni a cui partecipa, con più o meno costanza: “Un gruppo con le mie sorelle e mia madre, uno con le mie sorelle e senza mia madre, uno con i genitori, uno con i miei cognati e le mie sorelle, uno per la famiglia allargata da ogni lato…” Più alcune discussioni riservate agli amici o ai lavori di gruppo. Nel cuore di questi spazi fuori dal tempo, foto di bambini incrociano i vari e svariati annunci: esami passati, bambini in arrivo, matrimonio prossimo. Una cacofonia gioiosa, non diversa da quella delle cene di famiglia. A 65 anni, Betty non si stanca di elogiare questo nuovo modo di comunicare: “Sono felicissima di WhatsApp perché è un enorme supporto per me per immaginare la vita dei miei figli e nipoti. Più ci teniamo in contatto, più ci amiamo: questo è l’amore, la continuità nella vita degli uni e degli altri”.

Al di là del legame che si mantiene, è un intero spirito di famiglia che viene coltivato e mantenuto: “Ciò che amo sopra ogni cosa è l’umorismo del nostro gruppo. La mia giornata inizia con delle belle risate. È ufficiale, i legami sono più stretti che mai grazie a questa messaggistica!” In quanto ad Anna Chiara si rallegra di far ascoltare alle sue figlie una volta alla settimana un episodio di Alice nel paese delle meraviglie, raccontato dalla nonna e inviato su WhatsApp dall’Oceano Indiano. È così che le famiglie, a volte sparse in tutto il mondo, che fanno fatica a riunirsi un fine settimana all’anno, si vivificano nell’era di internet.

Tutti (si) raccontano, ma chi ascolta?

Per Marie- Laetitia Basile, psicologa in una casa di riposo, la prudenza è comunque necessaria: “C’è spesso una parte di narcisismo in questo tipo di rete. Ognuno racconta quello che sta vivendo, senza necessariamente essere nel merito di quello che stanno vivendo gli altri. Bisogna regolarsi: come si usa questa rete? È al servizio della relazione o per mettersi in mostra?” In breve, e scavando un po’ più a fondo, gli aficionados dell’applicazione non sono un po’ sopraffatti da questi scambi così “simpatici”? “È vero”, ammette Angelina, “che su questo tipo di messaggistica c’è sempre chi si vanta, chi non può fare a meno di inviare tonnellate di foto del loro ultimo viaggio in Grecia, parlando dei loro brillanti figli…”

Questo limite non è l’unico: troppi messaggi o al contrario, l’assenza notata di certi membri della famiglia, quelli che non reagiscono mai, o non correttamente. Peggio ancora, quelli che lasciano il gruppo senza preavviso… Di fatto, non esiste nessun codice di buona condotta scritto e accettato da tutti. Tutti devono far prova di buon senso per comunicare e in modo intelligente. Moderazione, benevolenza e reciprocità potrebbero essere le parole d’ordine di questi gruppi familiari. A questo proposito, Betty nota con sollievo che i suoi nipoti hanno mantenuto l’abitudine, prima di scrivere un messaggio a tutta la famiglia, di annunciargli le grandi notizie per telefono.

Restare attenti ai propri cari al di fuori di WhatsApp

Il telefono, appunto: stacchiamo la cornetta sempre meno quando basta WhatsApp per raccogliere qualche briciola di notizia. “Ecco perché odio questi gruppi”, confida Natasha. “Non mi prendo più il tempo di chiamare le persone perché ho avuto vaghe notizie su di loro tramite WhatsApp”. Giovanni, da parte sua, ammette che il gruppo famigliare lo disimpegna: “Non ho bisogno di chiamare perché so cosa sta facendo ognuno dei miei cugini quasi in tempo reale. È un vero risparmio di tempo!”

Per Marie-Laetitia Basile, le cose sono chiare: “Le reti sono utili ma non possono essere sufficienti. Tanto più che con questi gruppi, spesso diciamo quello che va bene, non quello che abbiamo nel profondo, eppure è di questo che si nutre una relazione”. Come conoscere il dolore di questa cugina che invade il gruppo con le foto dei suoi figli, se non sentendo la sua voce? “Non dobbiamo essere schiavi di quest’applicazione, che è solo uno dei tanti mezzi al servizio dei vari legami. Tanto più che la nostra gelosia viene esacerbata dalle reti, che danno l’impressione che tutto vada sempre bene a casa d’altri. Niente di più sollecita la nostra sensibilità, se non la nostra suscettibilità!”

Betty, invece, è attenta a questo dettaglio. Quando uno dei suoi nipoti reagisce meno degli altri alla discussione non esita a invitarlo a cena per avere una vera discussione con lui. “Creo un legame in modo diverso, capisco perfettamente che non è semplice per tutti raccontare la propria vita su questi gruppi”. Infatti, cosa raccontano quelli che non hanno figli? Chi non viaggia? Chi non supera gli esami? Tra gli “esclusi” di WhatsApp, ai quali bisognerebbe prestare particolare attenzione, Marie- Laetitia cita anche gli anziani incapaci di mettersi al passo con le nuove tecnologie. Quindi niente è meglio di una semplice telefonata ogni tanto o di una visita quando è possibile.

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