di Christine Ponsard
Durante una conversazione tra amici, capita di parlare dell'educazione dei figli: confrontando le esperienze degli uni e degli altri, diventa chiaro che i figli maggiori sono spesso più difficili dei loro cadetti, e ci chiediamo il perché. “Probabilmente", suggeriva un padre di famiglia, "è perché con il primo figlio pensiamo ancora che saremo dei bravi genitori; il maggiore è così sottoposto a ogni sorta di esigenze e subisce le nostre ansie di genitori perfezionisti. Poi perdiamo velocemente le nostre illusioni, e questo ci fa essere più rilassati con i figli successivi”. Che i maggiori siano più o meno difficili dei loro cadetti, non intendiamo discuterne qui. Ma è vero che per crescere bene i figli, dobbiamo prima di tutto perdere ogni illusione sulla nostra capacità di essere dei "bravi genitori"?
I genitori non sono macchine per educare, ma sono delle persone
A meno di essere immaturi o eccessivamente spensierati, tutti i genitori hanno iniziato la loro carriera pieni di ottimi principi (e di meno buoni, tra l’altro). Progetti ingenui che la realtà della vita quotidiana ci ha fatto abbandonare molto velocemente. Questo candore, tra l’altro, non è tipico dei genitori principianti: lo si ritrova, in effetti, in molti genitori "convertiti". Con questo intendiamo non solo le conversioni radicali, ma anche tutte le tappe decisive del nostro cammino verso Dio. Dopo un ritiro, per esempio, o un'esperienza spirituale significativa, si riparte pieni di entusiasmo e generosità, pronti a convertire il mondo intero, cominciando dai propri figli.
Debutti nella vita di famiglia o nuovo inizio dopo una conversione: vogliamo fare bene, facciamo buoni propositi, ma poi la vita ci invita ad essere più realisti e modesti, così come i nostri figli, perché non sono, per fortuna, bambini da prima pagina. Ognuno è unico, del tutto nuovo, con un "manuale d'istruzioni" assolutamente inedito, e anche noi genitori siamo unici: non siamo macchine per educare, ma persone. Per questo non può esistere un metodo educativo uguale per tutti, spetta ad ogni famiglia inventare il proprio, con tante varianti quanti sono i figli.
E poi, lo sappiamo, ci scontriamo con i nostri limiti. Una cosa è dirsi, per esempio, nel fervore di un ritiro: "Pregheremo ogni sera in famiglia", un'altra cosa è vivere concretamente questo progetto 365 giorni all'anno. Una cosa è decidere che mai, mai più, grideremo ai nostri figli, un'altra cosa è rimanere calmi e sereni quando, alle sette di sera, una figlia ha rovesciato del borotalco sul tappeto della cameretta mentre i suoi fratelli hanno trasformato il bagno in piscina. E più i figli crescono, più i nostri principi educativi vengono messi alla prova!
Non esitate a confidare nell'aiuto del Signore
Così, periodicamente, arriva il momento dell'"autocritica". E per fortuna! Perché a rimanere aggrappati a tutti i costi ai propri piani iniziali si corre il rischio di una catastrofe, molto semplicemente perché si rischia di non capire i figli e di ignorare ciò che essi sono veramente. Seppur necessario, questo atteggiamento critico è disastroso se ci porta a dubitare del carattere primordiale e insostituibile della nostra missione di genitori e della nostra capacità di compierla. Per essere feconda, questa critica di noi stessi deve quindi essere fatta sotto lo sguardo di Dio. Guardare sé stessi, da soli (o in coppia) è scoraggiante, persino angosciante: ci concentriamo sui nostri difetti, sui nostri errori e sulle nostre colpe... oppure, per rassicurarci, rifiutiamo di vedere i nostri errori e ci giustifichiamo. Mentre la luce di Dio ci illumina su ciò che siamo realmente: peccatori, certamente, e ciò molto più di quanto pensiamo, ma anche capaci del meglio, al di là di quanto potremmo desiderare. Se Dio ci fa perdere le nostre illusioni, non è per farci sprofondare nello scetticismo o nello scoraggiamento, ma è per liberarci, conducendoci sui sentieri del perdono e della fiducia.
Perché se c'è una parola chiave che vale per tutti i genitori cristiani, con tutti i figli e in tutte le circostanze, è la parola "fiducia". Prima di tutto, fiducia in Colui che, sapendo molto meglio di noi che "cattivi genitori" siamo, ha tuttavia commesso la "follia" di affidarci dei figli. Egli è il Padre dei nostri figli e anche il nostro: non ci lascerà mai la mano.