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Non ho fede, cosa devo fare?

CIERPIENIE

Antonio Guillem | Shutterstock

Edifa - pubblicato il 16/04/21

La fede cristiana è sì un dono di Dio ma richiede un approfondimento non solo attraverso l'intelligenza ma anche attraverso le opere.

di padre Nicolas Buttet

La fede è un dono di Dio, soprannaturale e definitivo. Ma non è un dono “magico”. Dio, per amor nostro, fa sempre appello alla nostra libertà: chiede la nostra partecipazione allo sviluppo dei doni che ci offre. Il dono della fede, dunque, richiede una risposta da parte dell’uomo: il consenso alla verità rivelata. Quest’adesione dell’intelligenza alla Rivelazione si realizza attraverso un atto di fede, che si radica nella parola di Dio come ci insegna la Chiesa Cattolica. Il contenuto della fede si riceve così attraverso l’insegnamento della Chiesa, si esercita attraverso la preghiera e la si custodisce grazie alla memoria. La fede è la roccia su cui si basa tutta la nostra vita soprannaturale di persone battezzate. Ci dà un’anticipazione della gioia del Cielo. Lì, la fede sarà sostituita dalla visione di Dio. Da questo punto possiamo trarre quattro conseguenze.

Sta a noi credere nella nostra fede e dubitare dei nostri dubbi

Innanzitutto la fede, perfezionando l’intelligenza umana, può superarla, ma non può contraddirla, perché entrambe hanno la stessa finalità: la conoscenza della verità. In secondo luogo, poiché la fede ha la sua dimora nell’anima spirituale, non si può trovare nel sentimento.

Infatti non si tratta di “sentire” emozionalmente la fede, né l’amore o la speranza. In terzo luogo, la fede è esercizio, lotta. La dolce ma sconcertante pedagogia di Dio consiste nel lasciare che dei dubbi entrino in noi affinché possiamo esercitare la nostra fede! Sta a noi credere nella nostra fede e dubitare dei nostri dubbi. Ma succede spesso che, in queste circostanze, diamo molto credito ai nostri dubbi e così poca fede… alla nostra fede!

La fede è certezza. Nessuno, se avesse un po’ di buon senso, impegnerebbe la sua vita su un dubbio! Ecco perché l’obbedienza alla verità diventa l’atteggiamento più nobile del credente. Ne consegue che si può perdere la fede, per negazione o dubbio volontario di fronte all’insegnamento della Chiesa, anche se l’oggetto del dubbio riguarda solo uno degli articoli proposti alla nostra credenza. Chi rifiuta ostinatamente di dare il suo assenso interiore a uno dei punti contenuti nella fede, non ha più fede, anche se è un pozzo di scienza teologica! Al contrario, ha fede colui che non crede esplicitamente in tutto, ma che è pronto a credere man mano che questa conoscenza gli diventa accessibile.

Infine, quarta conseguenza, San Giacomo ci dice che la fede senza le opere è una fede morta (Gc 2,20). Quindi, perché la nostra fede sia viva, deve essere attiva “per mezzo della carità” (Gal 5,6). Dobbiamo osare testimoniare la nostra fede con la nostra bocca. Dobbiamo avere il coraggio di testimoniarla con le nostre azioni. Parlando della “morte di Dio”, il cardinale Ratzinger aveva fatto la seguente riflessione: “Che cosa avrebbe potuto rendere Dio più problematico nel nostro mondo ateo, se non il carattere che interpella della fede e dell’amore di coloro che credono in Lui?” Testimoniare dell’amore di Dio nutre anche la nostra fede.

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