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Che cosa fare quando ci si sente un “nulla” rispetto agli altri?

Woman - Bullying - Disrimination

© fizkes

Edifa - pubblicato il 12/04/21

In alcuni periodi della nostra vita, soprattutto a causa della forte competizione, capita di sentirsi poco apprezzati, stimati...a volte addirittura una nullità. Cosa fare, allora? La chiave di volta è la gratitudine

di Jeanne Larghero

Osservate bene le foto dei podi olimpici: ovviamente, colui che ha ottenuto la medaglia d’oro ha un volto euforico. Ma spesso, colui che ha ricevuto la medaglia di bronzo sembra molto più felice di quello che ha ottenuto la medaglia d’argento, che ha un sorriso di circostanza. Sorprendente. La medaglia d’argento ha eseguito una migliore performance e tuttavia è meno felice, ma questo è comprensibile. I vari classificati giudicano il proprio valore paragonandosi. Ma la medaglia d’argento si confronta con colui che è stato migliore di lui. Il primo posto gli è sfuggito ed è solo secondo. Il bronzo, invece, si confronta con tutti coloro che non hanno avuto la possibilità di essere sul podio.

Tutto questo ci porta a riflettere sull’educazione e l’ambiente dei nostri giovani. Molto spesso, sentiamo i nostri figli sospirare: “Non ce la farò mai”. Anche gli atleti che si preparano alle competizioni devono lottare valorosamente contro questi pensieri interiori così demotivanti. I nostri figli si trovano in un ambiente in cui prevale uno spirito molto competitivo, che genera molta tensione in loro.

Il paragone rende fragili

C’è quindi un malinteso sul posto che diamo alla competizione. Se la consideriamo troppo come un’energia sana, fattore di progresso e di superamento, dimentichiamo il suo motore fondamentale, cioè il paragone perché qui si tratta più di superare gli altri che di superare sé stessi. Ma paragonandoci costantemente agli altri, finiamo per guardare costantemente noi stessi con uno sguardo che giudica. “Ti giudico e giudico me stesso”. E quale sarà il nostro criterio di giudizio?

Le prestazioni degli altri, o il loro status sociale, o il loro aspetto fisico, la lista è infinita. Il criterio ultimo è il modello ideale proposto dalle immagini ritoccate e irreali che inquinano letteralmente il nostro universo quotidiano. Non c’è niente di meglio per distruggere la fiducia in sé stessi. Lungi dal generare una solida fiducia in sé stessi, il paragone la indebolisce: il criterio del mio presunto valore sarà sempre esterno, in evoluzione, e spesso impossibile da raggiungere.

La competizione è sana solo se si basa sulla gratitudine verso gli altri

Allora cosa possiamo dire a chi ci è stato affidato, a colui che si sforza per riuscire in ciò che ha intrapreso? La competizione è sana solo se elimina i paragoni tossici e se si è grati verso gli altri. Avere in mente tutto ciò che devo agli altri, essere consapevole di poter contare su di loro, essere grato: questo sguardo rafforza la fiducia in sé stessi, rinvigorisce la speranza del successo, evita l’esaltazione di sé e attenua gli effetti del fallimento.

In fondo, nessuno vuole essere amato per le proprie prestazioni. Mettiamo allora i nostri giovani sotto lo sguardo di Dio, che nel segreto della preghiera dirà sempre loro quanto siano incomparabili, assolutamente unici, preziosi e formidabili, così come sono.

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