La nostra prima conversione avviene al momento del battesimo. La seconda consiste nel vivere questa nuova vita di grazia. Ma perché abbiamo bisogno di convertirci costantemente? Come possiamo ottenere questa conversione? padre Nicolas Buttet
Un vescovo, ex collaboratore della Curia romana, incontrò Giovanni Paolo II dopo essere stato posto a capo di una diocesi. Il Papa gli chiese: “Qual è il problema più grande nella sua diocesi?” – “Oh, Santo Padre, ce ne sono diversi, ma il più grande è la conversione del vescovo!” E il Papa rispose con un sorriso complice: “Ma allora è come a Roma!” Questo aneddoto, realmente accaduto, risponde già alla domanda posta. Resta da capire perché dobbiamo continuamente convertirci.
Convertirsi come battezzato significa immergersi sempre più profondamente nell’Amore divino
La nostra prima conversione si realizza col battesimo. È il dono della vita divina, il dono della comunione amorosa con il Padre, attraverso Gesù nello Spirito. La nostra vita di “creatura nuova” inizia quindi con la salvezza offerta gratuitamente da Dio.
La seconda conversione consiste nel vivere questa nuova vita che è la vita della grazia. Al centro di questo processo, c’è l’amore, ma non un amore qualsiasi o un’emozione qualsiasi, bensì l’amore fermo e risoluto che è pronto a dare la vita per Dio e per gli altri. Quell’amore che la Bibbia chiama agapè: la carità di Dio riversata nei nostri cuori, attraverso lo Spirito Santo.
Convertirsi come battezzato significa immergersi sempre di più in questo amore divino; significa raccogliere i frutti interiori di questo amore che sono la pace e la gioia; significa incarnare la misericordia nelle nostre relazioni con gli altri. San Tommaso definisce il peccato in questo modo: allontanarsi (aversio) da Dio e rivolgersi (conversio) verso le creature. La vera conversione, quindi, consiste nell’ritornare costantemente a Dio e nell’amare le creature attraverso Lui.
La conversione richiede prima di tutto un rinnovamento della nostra intelligenza
La parola greca per conversione è metanoia. Questa parola significa “ripensare”, “mettere in discussione il proprio modo di vivere”, “far entrare Dio nei criteri della propria vita”, precisava Benedetto XVI. E aggiungeva: “La conversione (metanoia) significa uscire dall’autosufficienza, scoprire ed accettare la propria indigenza – un’indigenza degli altri e dell’Altro, del suo perdono, della sua amicizia. La vita non convertita è autogiustificazione (io non sono peggiore degli altri); la conversione è l’umiltà di arrendersi all’amore dell’Altro, un amore che diventa misura e criterio della mia propria vita”.
I Padri del deserto hanno mostrato che chi non entra nella metanoia vive nella paranoia: un auto-centrismo mortificante. Dal punto di vista medico, la paranoia è caratterizzata da una sopravvalutazione di sé stessi, dalla diffidenza, dalla rigidità mentale e dall’asocialità.
La conversione esige prima di tutto un rinnovamento della nostra mente: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto” (Rm 12,2). Bisogna allora voler vivere questa nuova vita fino ad avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo (Fil 2,5); fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,13).