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Come gestire le amicizie dei vostri adolescenti?

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Edifa - pubblicato il 05/01/21

Le amicizie in età adolescenziale sono molto importanti per lo sviluppo emotivo di un giovane. Ecco perché, in quanto genitori, dobbiamo tenere d'occhio queste amicizie. Ma attenzione a trovare il giusto equilibrio tra l’essere troppo intrusivi e l’essere troppo lassisti.

Thérèse ha sgranato gli occhi quando suo figlio sedicenne Paul è tornato a casa accompagnato da un energumeno dal viso pallido che sfoggiava vari piercing. Già la settimana precedente l’aveva trovato accasciato sul divano davanti alla console con un gruppo di adolescenti che bevevano birra. “Non saranno cattivi, ma il loro look non va a loro favore. Non so come reagire”, sospira sconsolata. L’adolescenza è l’età del gruppo e delle amicizie, una tappa essenziale da rispettare: “Queste amicizie permettono di costruire la propria personalità, di forgiare l’identità e l’autostima, facendo affidamento sugli altri”, osserva Padre Arthur de Leffe. Identificarsi con un gruppo, parlare ‘la stessa lingua’, condividere gli stessi valori, hanno un forte impatto sulla fiducia in sé stessi. Ma di che tipo di amici stiamo parlando?

Esistono vari livelli di amicizia, dal semplice compagno al vero confidente. Per favorire questo discernimento, è necessario che i genitori diano prima dell’adolescenza i criteri per una buona amicizia, dal rispetto dell’altro all’ammirazione reciproca, passando dalla ricerca del bene. “Attenzione, l’amicizia può essere un luogo di costruzione, ma a volte anche di distruzione” avverte Padre Arthur de Leffe. “Dico agli adolescenti: quando il giorno dopo una serata con i vostri amici non siete orgogliosi di voi stessi, sappiate che questa amicizia non è buona. Spetta ai genitori mettere precocemente i giovani in luoghi dove potranno sviluppare delle belle amicizie che li libereranno dalle relazioni malsane.”

Trovare il giusto equilibrio tra l’atteggiamento intrusivo e quello lassista

Per svolgere questo ruolo strutturante, necessario all’adolescente, i genitori non hanno altra scelta che coinvolgersi e rimanere attenti, cercando di trovare l’equilibrio giusto tra intrusione e lassismo, perché non si sorveglia un adolescente come si sorveglia un bambino di 7 o 10 anni. Tuttavia, l’adolescente non ha tutti i diritti, e le regole stabilite durante l’infanzia – come il rispetto per gli altri, la partecipazione alle faccende domestiche, l’educazione – rimangono. “È un’arte creare dei limiti flessibili ed elastici per questa fascia d’età che tengano conto dell’individualità di ogni persona”, dice la psicoterapeuta Virginie Tesson. “Mia figlia Madeleine, 14 anni, aveva incontrato un’amica più giovane in un club di equitazione”, racconta la mamma Camille. “La giovane si confidava con Madeleine e raccontava aneddoti intimi sulla vita piuttosto agitata di sua madre. Allora un giorno ho fatto una bella chiacchierata con mia figlia e, poiché avevo notato la sua fragilità e il suo disagio, le ho chiesto di porre fine a questa relazione nociva. Fin da quando le mie figlie erano bambine, avevo preso l’abitudine di ripercorrere gli eventi delle loro giornate.” Se si instaurano buone abitudini di fiducia, di dialogo e di preghiera fin dall’infanzia, i genitori incontreranno meno difficoltà nell’adolescenza. Un bambino che è felice in famiglia sarà meno tentato di avere dei comportamenti a rischio. “Il legame si costruisce prima dell’adolescenza”, dice Virginie Aubry, consulente familiare e matrimoniale.

Con l’irruzione del gruppo nella vita dell’adolescente, si pone molto rapidamente la delicata questione dei permessi per uscire. Anne chiama sistematicamente i genitori degli amici che invitano sua figlia Clémence, 14 anni, anche quando non li conosce. “Voglio sapere se saranno presenti durante la festa, altrimenti non ci andrà.” Per Pierre, 16 anni, il ritornello del venerdì sera è: “A proposito, stasera andiamo a casa di un amico, con i miei soci”, borbotta in modo vago, come solo gli adolescenti sanno fare. Chi è l’amico, chi sono “i soci”? Il dialogo permette di capire chi fa parte del gruppo e da chi avrà luogo la serata. L’intervento del padre è il benvenuto per definire insieme un quadro di riferimento e concordare il momento del ritorno a casa.




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Molto spesso, gli adolescenti che fanno festa chiedono di dormire sul posto. Per Camille è fuori discussione: “Pazienza, mi alzo alle 3 del mattino se devo, ma la vado a prendere. Penso che sia importante che mia figlia possa contare su di noi. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità.” Isabelle, che ha quattro figlie adolescenti, dice spesso: “Non è il momento di abbandonarle a sé stesse”. Queste situazioni sono spesso l’occasione per delle discussioni profonde sulla vita emotiva e sessuale e sulle relazioni tra ragazzi e ragazze.

Inoltre è molto importante interessarsi alle loro uscite. “Non sotto forma di interrogatorio”, continua Isabelle, “ma per farli riflettere sulle condizioni di una buona serata: come ti sei sentita durante quella serata? Cosa hai pensato dell’ambiente, dell’atteggiamento dei tuoi amici? Questo permette loro di affinare il loro discernimento.” Allo stesso modo, se un adolescente è invitato in una famiglia composta, sarà bene riflettere con lui sulla complessità della situazione, ricordargli che non deve giudicare, ma che non deve considerare queste situazioni come dei modelli di vita. Virginie Tesson spiega: “L’obiettivo è quello di sapere se ci sono le condizioni per trascorrere un buon fine settimana e per far sì che il ragazzo si senta a suo agio. Chi sarà presente? Quale sarà il programma?” Per quanto riguarda i divieti dovrebbero essere usati con moderazione. “Per me, il divieto è simile ai guardrail dell’autostrada”, continua Virginie Tesson. “Non è una modalità di educazione, è l’ultima risorsa quando senti che tuo figlio è in pericolo. Se il divieto è sistematico, c’è il rischio che il ragazzo venga isolato dal gruppo, che si ribelli o che si nasconda per fare ciò che vuole.”

Accordare la propria fiducia nella differenza

Dare dei limiti è indispensabile, ma non è sufficiente. Un atteggiamento accogliente e benevolo da parte dei genitori è necessario per mantenere un legame di fiducia. Questa è la scelta di Anne, madre di tre figli, padrona di una casa aperta e accogliente. “Questi legami di amicizia che si creano sotto la nostra sorveglianza permettono di vigilare meglio sulle loro frequentazioni, piuttosto che una parola categorica o una visibile diffidenza. Vedono che non disprezziamo i loro amici.” Per alcuni adolescenti più polemici, invitare amici diversi è a volte un modo per mettere alla prova i genitori e vedere se possono destabilizzarli con, ad esempio, un amico geek ermetico. “C’è un messaggio da decrittare. Il giovane chiede implicitamente ai suoi genitori se possono fidarsi di lui anche se è diverso”, suggerisce Virginie Aubry.

Una volta che i genitori sono soli con la loro prole, le critiche sistematiche dovrebbero essere evitate a tutti i costi. Secondo Maryse Vaillant, specialista in adolescenti, non farà altro che rafforzare i legami del gruppo. Tuttavia, si possono fare domande su ciò che condivide con i suoi “amici”, farlo riflettere. “Il segreto”, dice Camille, “è di non disdegnare una piccola visita nella loro stanza dopo cena, di interessarsi a loro, alla loro vita. Spesso è il momento in cui confideranno le loro paure o qualche aneddoto in una breve parola. Di solito colgo l’occasione per dire con delicatezza ciò che penso dell’uno o dell’altro dei loro amici, di modo che possano conoscere il nostro punto di vista.

Saperli ascoltare e mantenere il legame qualunque cosa accada è un’arte. “Che i genitori si prendano cura della relazione con i propri figli con tutto il loro essere, che non vedano solo i loro buoni voti e le loro buone maniere, ma come delle persone che hanno dei dolori e delle gioie”. Se il figlio ha una buona autostima, non si lascerà tentare da amicizie pericolose, ed è questo che deve essere sviluppato attraverso una relazione d’amore basata sulla fiducia e sul rispetto reciproco.” “La relazione si costruisce in anticipo”, insiste Virginie Aubry: “Quando la complicità è stata stabilita fin dall’infanzia, è raro che si perda durante l’adolescenza. Sta ai genitori far capire al figlio che vogliono collaborare, non contro di lui ma con lui, per renderlo felice”.

Florence Brière-Loth

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