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Volontariato: le domande importanti da porsi prima di prendere un impegno

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Edifa - pubblicato il 06/12/20

Volete rendervi utili nella vostra parrocchia, nella scuola dei vostri figli o in un'associazione, ma non siete sicuri di voi stessi e delle vostre possibilità? Per prendere la decisione giusta, prendetevi il tempo di riflettere attentamente e soprattutto di porvi le domande giuste.

Siamo spesso sollecitati da tutte le parti: la parrocchia cerca volontari per la liturgia o per preparare i bouquets di fiori; la scuola cattolica privata recluta dei catechisti; il club sportivo o l’associazione umanitaria cerca il suo tesoriere… Spesso l’appello è lanciato al vento, il che rende facile schivare. Altre volte invece la domanda ci viene posta in modo molto diretto: “Accetterebbe di assumersi questa e quella responsabilità?” E poi c’è anche la piccola voce interiore che ci ricorda che qualche mese fa abbiamo voluto aderire ad un’associazione per aiutare i più indigenti. Ma attenzione, qualunque sia il modo in cui ci viene presentato l’impegno, è necessario un momento di riflessione, da soli, in coppia o con la famiglia prima di iniziare. In occasione della Giornata Mondiale del Volontariato, il 5 dicembre, padre Xavier Lefebvre propone alcuni criteri concreti per aiutarvi nella vostra riflessione.

Perché impegnarsi?

Non possiamo essere cristiani senza impegnarci. Questo sviluppa in noi la virtù della carità, l’amore per la Chiesa e per i nostri fratelli. San Giacomo disse: “Con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). Non è possibile ritirarsi in modo egoistico in sé stessi, credendo che la parrocchia o la scuola siano affari altrui. Il cristiano non è un profittatore, ma un attore. È facile criticare rimanendo un consumatore. Invece, nello svolgere questa o quella missione, comprendiamo meglio la realtà sul campo. L’impegno cristiano ci fa portare frutti autentici nelle comunità che tessono la realtà sociale della nostra vita (la famiglia, la parrocchia, la scuola, il quartiere, ecc.). Siamo convinti di far parte di una comunità e che essa conta per noi? Una parrocchia non si sviluppa solo con i sacerdoti, una scuola solo con i suoi direttori e i suoi insegnanti.

Come sappiamo se siamo in grado di compiere una missione che vogliono affidarci?

Ponendoci delle domande molto concrete:

Ho le capacità di fare ciò che mi viene chiesto o mi manca qualche conoscenza, qualche esperienza da acquisire? Dire a sé stessi che non si è capaci può nascondere una falsa modestia e anche un vero e proprio orgoglio. La Vergine Maria non ha mai detto “non sono capace”! L’impegno è il segno autentico dell’auto-realizzazione attraverso il servizio agli altri.

Di quanto tempo ho bisogno obiettivamente? Bisogna essere molto chiari su ciò che si tempo. Nella mia vecchia parrocchia, ci sono dei documenti per il volontariato che sembrano dei piccoli contratti. Stipulano ad esempio: “Siete nel servizio di accoglienza, vi impegnate un tot. di ore alla settimana per tale periodo di tempo e con tale obiettivo da raggiungere.” Fare il volontario non significa certo essere sfruttabile all’infinito.

Qual è il senso di questo impegno per me? Per esempio, se non ho molte competenze in questo ambito, il fatto che questo impegno mi formerà può essere un’argomentazione. Non c’è scuola migliore per i catechisti che catechizzare: è nel catechizzare gli altri che ci si interessa della propria fede. Spesso è trasmettendolo che la si fa crescere. Le parrocchie non si aspettano grandi teologi o specialisti, ma piuttosto persone che vogliono crescere con il loro impegno e che vogliono testimoniare la loro vita di fede.

“Se non ci vado io, non ci andrà nessuno”

Questo è il modo peggiore per discernere. Eppure, non si deve rimanere insensibili ad una richiesta. Per non sbagliare, ricordiamoci di questo principio che guida tutto: la vita cristiana non è una vita agitata, è una vita feconda. Che cos’è una vita cristiana agitata? È una vita dove facciamo tante cose per il Buon Dio, ma non dove Lui ci aspetta. Ci sono persone che si agitano molto, si danno troppo e in qualsiasi modo, e poi si stancano e non si vedono più…

E cosa pensare di questa reazione: “Se mi fermo, non ci sarà più nessuno che potrà prendersi carico di questa funzione”?

Questo potrà far prendere coscienza alla comunità che se non ci siete più, bisognerà trovare qualcun altro. A volte questo può metterli in difficoltà, ma la situazione si può risolvere. A volte è facile riposarsi sempre sulle stesse persone, che fanno tutto. Nelle parrocchie, i parrocchiani si conoscono abbastanza bene per potersi reclutare a vicenda? Non sarà mai una trappola se ciascuno saprà ciò che può dare. Spetta al responsabile e al parroco convalidare queste proposte.

Quali sono i criteri per un buon discernimento?

Ne vedo tre.

  • Prima di tutto, la missione deve essere una risposta ad una chiamata di Dio. Una cosa è prendersi un impegno per il Buon Dio, un’altra è fare ciò che Dio si aspetta da me. Non mi impegno per colmare una mancanza di riconoscimento sociale o per avere del potere.
  • In seguito, deve essere compatibile con il mio dovere di Stato. Se il mio impegno mi fa fuggire dai momenti di intimità che devo avere con mio marito o con mia moglie, o dai miei doveri familiari, non è giusto.
  • Infine, questo investimento del mio tempo, delle mie forze, delle mie capacità, non deve essere un’agitazione, ma deve permettere una progressione della mia vita spirituale. La vita spirituale passa attraverso la carità. Questa carità è, inoltre, un ottimo criterio per trovare la temperatura della nostra vita spirituale!

Come sapere dove Dio ci chiama?

Chiedendo consiglio alla moglie o al marito, a delle persone che si sono impegnate nello stesso servizio e al proprio parroco. I nostri cari possono prima di tutto aiutarci a fare un passo indietro da noi stessi, dalle nostre capacità e dai nostri limiti. Ma è anche attraverso di loro che Dio potrà farci conoscere la Sua volontà.

Per concludere, dopo queste necessarie consultazioni con i nostri cari, non resta che affidarci totalmente a Dio, con una certezza: se la scelta che stiamo facendo ci dona la pace e ci rende felici, è un buon segno. Possiamo chiederGli di darci la grazia di impegnarci senza paura e senza falsa umiltà, e di portare frutti di carità per la Chiesa e per l’intera comunità.

Intervista di Bénédicte de Saint-Germain

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