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6 consigli per correggere il prossimo nella vita di tutti i giorni senza ferirlo

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Dimitri Conejo Sanz-Cathopic

Edifa - pubblicato il 07/11/20

"Se tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo" (Mt 18, 15). Anche se richiede discernimento e carità, la correzione fraterna si rivela come un esercizio di equilibrio. Come fare per realizzarla senza umiliare e senza ferire?

di Antoine Pasquier

Non sapete quando, come e per quali colpe correggere quotidianamente il vostro prossimo? Vi diciamo tutto in sei domande con l’aiuto di Fra Dominique-Benoît de La Soujeole (o.p.), professore di teologia.

Qual è il modo migliore per correggere il prossimo?

Non esiste nessuna ricetta miracolosa. Il trattamento da somministrare dovrà essere adattato alla persona da correggere, alla gravità della colpa e al momento più favorevole… “Indicando a tuo fratello una “cosa da poco” non si fa come quando gli si parla di un peccato importante”, insiste Fratel Dominique-Benoît de La Soujeole. Anche la modalità della nostra correzione avrà la sua importanza e potrà assumere la forma del “buon esempio” da seguire. Quando Santa Teresa d’Avila vedeva una delle sue consorelle che si comportava male, sviluppava la virtù opposta: agire ancora meglio. I Padri del Deserto, da parte loro, amavano dare l’esempio, con astuzia. Abba Poemen racconta: “Un monaco era solito mangiare il suo pasto con un discepolo. Purtroppo, questo fratello era abituato a mettere un piede sulla tavola durante il pasto. Il vegliardo, tuttavia, non gli faceva alcun commento e per molto tempo sopportò la situazione in silenzio. Infine, esasperato, andò a confidarsi con un altro anziano. “Mandalo da me”, gli disse. Quando venne l’ora di mangiare, il vecchio mise prontamente entrambi i piedi sulla tavola, prima che il giovane potesse intraprendere il minimo gesto. Il giovane fu molto scioccato: “Padre, questo è indecoroso”. L’anziano tolse immediatamente entrambi i piedi e disse: “Hai ragione, fratello mio”. Tornato dal padre, il frate non si lasciò mai più andare a tale incongruenza”. La nostra correzione fraterna potrà passare attraverso il consiglio di una lettura opportuna (un passo del Vangelo, il testo di un “saggio”, ecc.) o attraverso il racconto di una breve storia, la vita di un santo o qualche massima dei Padri del deserto. Il modo più comune è senza dubbio la discussione franca, diretta, senza rimandare.

E in concreto, non cercate il pelo nell’uovo: per correggere un amico o un parente, bastano pochi minuti di conversazione uno di fronte all’altro in una stanza adatta, e lontano da orecchie indiscrete. “Le poche volte in cui mi è capitato, ho dato appuntamento ad un amico a casa, intorno ad un bicchiere. Era insieme una cosa seria e rilassata”, racconta Guglielmo, ex capo scout. Il luogo e l’atmosfera sono essenziali, non ci si “corregge” tra due porte o in una posizione squilibrata, uno seduto e l’altro in piedi, per esempio. “In generale, siamo attenti a dirci le cose mentre siamo seduti intorno ad un tavolo, dopo averci ricordato che eravamo lì per aiutarci a vicenda, e non per giudicarci”, confidano Chiara e suo marito Xavier. Più l’esercizio sarà preparato in anticipo, meglio andrà. Quindi ogni parola conta e deve essere riflettuta con attenzione, e questo non esclude la franchezza o una certa forma di improvvisazione al momento, per adattarsi alle reazioni dell’altro. Guglielmo, da parte sua, ha una tecnica: “Cerco sempre di partire dalle mie mancanze per arrivare a quelli degli altri. Questo dimostra che nemmeno io sono un santo!”

Dobbiamo seguire le quattro tappe dettate da Cristo? Soprattutto l’ultima?

Soprattutto, nessun automatismo. “Il Vangelo non dà procedure da seguire con lo stesso rigore di quelle del nostro codice civile e penale”, avverte fin dall’inizio Fra Dominique-Benoît. La gradualità presente nel Vangelo di San Matteo, “il più ecclesiologico dei quattro Vangeli”, vuole dimostrare che “il peccato, se è prima di tutto personale, ha anche un impatto sulla comunità che ferisce”, precisa il domenicano. La ferita personale del peccato è anche di tutto il corpo ecclesiale. “La nostra esistenza è legata a quella degli altri, nel bene come nel male; il peccato come le opere d’amore hanno anche una dimensione sociale”, affermava Benedetto XVI.

Per questo San Matteo insiste su entrambi gli aspetti, individuale ed ecclesiale. L’ultimo passaggio (“Se il peccatore si rifiuta di ascoltare la Chiesa, sia considerato un pagano e un pubblicano”) è uno dei fondamenti, nella Scrittura, della pratica della scomunica. “La scomunica non interviene necessariamente e ancor meno automaticamente. Deve rispondere a delle chiare condizioni di giustizia e di prudenza. La colpa deve essere di natura particolarmente grave e provocare un grave scandalo nella comunità”, precisa il frate domenicano.

Qual è il tema della correzione fraterna?

Fra Dominique-Benoît precisa: “La correzione fraterna riguarda ogni peccato, sia veniale che mortale, perché ogni peccato ferisce e addirittura, uccide la carità”. Pertanto, la correzione fraterna non deve limitarsi alle sole colpe gravi; essa ha il suo ruolo anche per gli sbagli leggeri che possono portare a colpe pesanti. “Il filo d’erba è l’origine della trave, perché la trave quando nasce è solo erba. Innaffiando quest’erba se ne ricava una trave”, scriveva Sant’Agostino. “Ad esempio, l’ingordigia può essere solo una leggera mancanza di temperanza nel bere, ma se questa tendenza non viene corretta, corre il rischio di trasformarsi in un peccato capitale”, illustra il domenicano.

Si può correggere la moglie, il marito, il capo, i figli diventati adulti?

Sì, ma con finezza. La correzione fraterna può avvenire solo tra due persone moralmente uguali, cioè senza che una abbia autorità sull’altra. “Questo è il caso nell’uguaglianza all’interno della coppia, tra fratelli e sorelle, tra battezzati nella comunità cristiana”, spiega Fratel de La Soujeole. “Il parroco è prima di tutto un battezzato e se io, laico, lo vedo commettere una colpa contro la morale comune a tutti nella Chiesa, qui la correzione fraterna ha il suo posto. Dove non c’è uguaglianza, c’è spazio per la correzione paterna (dal superiore al subordinato)”.

Tuttavia, “se un subordinato vede un superiore commettere una colpa contro la morale comune a tutti, si rivolgerà al suo superiore non come superiore ma come fratello e quindi come uguale”. Per il rapporto tra genitori e figli, la correzione sarà paterna o materna fino a quando il bambino non sarà adulto. Quando lo sarà, la correzione diventerà fraterna a causa di una certa uguaglianza morale tra adulti. “Ma bisogna avere lo spirito di finezza: l’esperienza che un genitore ha della vita e dei suoi figli può collocarlo, anche tra gli adulti, in una certa superiorità”.

E se non riesco a convincere mio fratello, devo perseverare o astenermi?

È importante discernere con prudenza. Sant’Agostino, ripreso da San Tommaso d’Aquino, ammette la possibilità di astenersi dal rimproverare e correggere chi fa il male per tre motivi:
1. “Perché si aspetta il momento propizio”;
2. “Perché si teme che ne possano peggiorare”;
3. “Perché temiamo che, facendo pressione su di loro, si allontanino dalla fede”.

San Tommaso aggiunge che se “pone un ostacolo alla via dell’emendamento di nostro fratello, che è il fine ricercato, la correzione fraterna non è più giusta”. “L’esercizio della correzione fraterna, come l’esercizio di ogni virtù (in questo caso la carità misericordiosa)”, analizza Fra Dominique-Benoît de La Soujeole, “dev’essere regolato dalla virtù della prudenza. Quest’ultima ha due aspetti. Dal punto di vista intellettuale, valuta il caso concreto dal punto di vista della verità: un tale atto commesso da mio fratello è un peccato, in sé e nelle precise circostanze del caso? Ma la prudenza è anche una virtù morale (la prima) nel senso che deve valutare le condizioni per il successo, nel concreto del caso presente, dell’atto che si propone di correggere. Se, dal punto di vista intellettuale, si verifica che c’è peccato, dal punto di vista morale, bisognerà porsi la domanda: devo intervenire ora? Sono in una buona posizione per farlo? In caso contrario, devo informare qualcuno in una posizione migliore della mia? Se è così, come posso procedere nel modo più sicuro per essere fruttuoso? In altre parole, l’attuazione concreta del mio intervento deve essere valutata seriamente”.

Prima di dare lezioni agli altri, non dovrebbero tutti guardare sé stessi?

Il Vangelo ci dice tutto. “Cosa guardi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello e la trave che è nel tuo occhio non la noti? Oppure: Come puoi dire a tuo fratello: “Lascia che ti tolga la paglia dall’occhio”, quando c’è una trave nel tuo occhio? Ipocrita! Prima togli la trave dal tuo occhio, poi vedrai chiaramente per rimuovere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello” (Mt 7, 3-5). Nell’avvicinarci al fratello per correggerlo, non pretendiamo di essere irreprensibili, aldilà di ogni critica.
La correzione fraterna non è un giudizio, ma un aiuto fraterno reciproco. “Perciò anch’io devo rendermi accessibile alle correzioni degli altri, e forse anche del fratello che sto correggendo”.

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