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Ai genitori i cui figli adulti si sono allontanati da Dio

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© fizkes

Edifa - pubblicato il 30/10/20

Per i genitori cristiani è una vera sofferenza vedere che i loro figli adulti hanno preso le distanze dalla pratica religiosa. Come possiamo accoglierli e aiutarli a tornare a Dio senza farli fuggire?

di Stéphanie Combe

La figlia maggiore le disse a 18 anni, restituendole la Bibbia: “Mamma, non ho più bisogno di tutto questo, è finita.” Qualche anno dopo, anche la figlia minore ha interrotto radicalmente ogni contatto con la Chiesa, senza dare alcuna spiegazione. “Una pugnalata alla schiena”, riassume la madre di 56 anni “e devo convivere con questa idea”. “Che cosa abbiamo fatto di sbagliato?” si preoccupano i genitori i cui figli, cresciuti nella fede, si allontanano dalla pratica religiosa. Come possiamo credere che Dio non rappresenti più nulla per loro quando invece per i genitori rappresenta tutto? Il senso di colpa e le lacrime non li risparmiano, come confida Louise, 82 anni, con voce tremante: “Il mio cuore è spezzato. I miei quattro figli hanno smesso di praticare e i miei nipoti non sentono mai parlare di Dio.”

Inoltre, i figli che hanno rifiutato il Signore prendono strade secondarie che preoccupano i loro genitori. Alcuni sprofondano nel materialismo e nella ricerca del “sempre di più”. Oggi le due figlie di Marie-José, trentenni, “convivono e non prevedono di sposarsi in chiesa”, il contrario di ciò che sperava. “Come fanno a trovare un senso alla loro vita? Soffro, perché so che questa non è la vera felicità” dice addolorata.

Questa situazione si riflette sui momenti che trascorriamo insieme. Dato che non si può condividere la fede, i genitori sono spesso in disaccordo con i propri figli. “Se parlo di Cristo, si rinchiudono in loro stessi e mi tengono a distanza; se non dico nulla, sono così infelice perché non posso condividere l’unico tesoro che potrebbe aiutarli”, sospira Isabelle. I genitori spesso temono che i loro figli si allontanino da loro. “A Natale vanno dai suoceri ed non vengono alla Messa di mezzanotte con noi”, osserva Michel, 64 anni, in pensione.

Discutere di fede sì, ma evitate gli scenari ripetitivi

Ci sono tanti scenari diversi. Figli che non vanno più a Messa la domenica, ma che non negano la loro fede nel Signore. Altri si interrogano sulla Sua esistenza, ma non provano alcuna ostilità verso la Chiesa e il fatto che i loro figli siano battezzati e catechizzati non li disturba. E poi c’è chi mostra invece una violenta avversione a Dio, alla pratica e all’istituzione.

Non è facile affrontare il tema in famiglia. Paradossalmente, può essere più facile aprire il proprio cuore e parlare del proprio rapporto con Cristo agli estranei, piuttosto che ai propri cari. Sotto il proprio tetto, c’è il rischio di ripetere uno scenario in cui ogni personaggio conosce già in anticipo la replica “avversaria”. È importante capire se sono davvero pronti a ricevere la risposta o se le loro osservazioni sono una pura provocazione. In questo caso, è meglio tagliare corto con una piroetta o un pizzico di umorismo, piuttosto che impegnarsi in una sterile retorica. Inoltre, invocare lo Spirito Santo aiuta a mantenere un discorso fermo, a trovare le parole giuste e persino a domandare il rispetto reciproco. In ogni caso, i genitori dovranno fare attenzione a non innervosirsi, come raccomanda Marie-Madeleine Martinie, autore di Communiquer en famille (Comunicare in famiglia). Anche se provano stupore o indignazione, consiglia di proibire qualsiasi segno di disapprovazione e di adottare un approccio di ascolto benevolo e di accoglienza.

Per credere ci sono oggettivamente delle difficoltà di natura intellettuale ed esistenziale, spesso implicite. Questi giovani adulti ripetono le obiezioni della società: il male nel mondo, il matrimonio dei sacerdoti, la Chiesa “omofoba”… Dietro queste critiche ci sono spesso ragioni nascoste che hanno a che fare con il senso della vita. La pietra d’inciampo è spesso quella della moralità sessuale sostenuta dalla Chiesa. Ai loro occhi, impedisce loro di vivere come vorrebbero. Da lì al rifiuto totale, il passo è breve. Altri motivi li portano a mettere in discussione il loro credo: una morte che non accettano, una preghiera che credono non abbia avuto risposta, una sofferenza di cui ritengono Dio responsabile, contro-testimonianze dei cattolici… la lista è lunga. Reagire a queste obiezioni richiede una vera e propria riflessione ed anche qualche ricerca. Non fatevi prendere dal panico se non riuscite a rispondere subito e in modo diretto. Potreste rispondere: “È una domanda molto interessante. Mi informerò e ne riparleremo.” Attenzione però perché questi adulti non si accontenteranno di “la Chiesa dice che…”. Da qui l’importanza di sviluppare una riflessione in nome della legge naturale e della ricerca della felicità. In questo ambito, la filosofia realista – tomistica o aristotelica – da un aiuto prezioso.

La prima priorità è accogliere

Quando non è più possibile parlare di religione e delle convinzioni che ne derivano, “è difficile non dire nulla” sorride Claire. Ma mi è capitato di commettere degli errori parlando e non mantenendo piuttosto il silenzio in certe occasioni. Più si invecchia, più ce ne si rende conto. La fatica e la paura sono delle pessime consigliere. Quando il tono si alza, alcuni genitori si scontrano con frecciatine e commenti amari sulla Chiesa e a volte con critiche aperte nei loro confronti. È un vero e proprio cammino di umiltà. In queste condizioni, è importante mantenere i legami e manifestare il proprio amore con dei gesti, con attenzioni e con compassione… Spesso, un rifiuto violento della Chiesa nasconde una ferita. Anche i genitori non conoscono tutti i drammi nascosti dei loro figli. Una madre ad esempio ha avuto recentemente l’opportunità di mostrare tutta la sua tenerezza materna nei confronti della figlia trentenne. In seguito ad una depressione, la figlia le confessò di aver abortito dieci anni prima. “La terra si è aperta sotto i miei piedi! Come ha potuto soffrire così tanto da sola?”

“Amore e verità”: difficile mantenere questi due principi! Marie-Paule Mordefroid, laureata in psicologia, ci ricorda l’importanza di distinguere la persona dalle sue azioni: manifestare un amore incondizionato per il proprio figlio o la propria figlia non impedisce di essere in disaccordo con alcune delle sue scelte. “In passato, i figli nel peccato (divorziati, omosessuali) erano ripudiato: erano ridotti al loro atto. Oggi il rischio va all’estremo opposto: per paura di perdere il rapporto con loro, i genitori non si permettono più di giudicare le loro azioni.” Come si può accogliere i propri figli le cui scelte di vita sono in contrasto con i nostri valori più profondi? Per i figli che convivono da lungo insieme, ad esempio, è necessario preparare una sola camera o delle camere separate? Padre François Potez dice: “A seconda delle tradizioni famigliari e delle varie personalità, consiglio ai genitori di essere o molto severi o molto flessibili. Non esiste una regola assoluta, se non quella della misericordia, che va di pari passo però con la giustizia.” Piuttosto che prendere una decisione affrettata, il giorno prima di riceverli, suggerisce ai genitori di instaurare un dialogo: “Chi è lui/lei per te? Siamo felici di dargli/le il benvenuto e di conoscerlo/a, ma poiché non lo/la consideriamo come tuo marito/tua moglie, non vi proporremo un letto matrimoniale”.

C’è una gerarchia nella carità che consiste prima di tutto nel proteggere coloro che si stanno costruendo. I nipoti e le nipoti, soprattutto intorno ai 10-14 anni, hanno bisogno di punti di riferimento forti. Trattare allo stesso modo i concubini, i fidanzati o le coppie sposate, equivale a presentare loro una situazione di assoluto relativismo. Quando la situazione si è venuta a creare, Michel, padre di quattro figli trentenni, ha preferito chiarire la situazione alla coppia che viveva insieme, prima di proporre una camera da letto comune. “Abbiamo mostrato loro che non era una cosa scontata” e ha colto l’occasione per testimoniare la felicità di impegnarsi nel matrimonio. I giovani adulti lo hanno ringraziato per l’accoglienza. Concubinaggio, secondi matrimoni… Naturalmente, i genitori terranno conto della stabilità della coppia, ad esempio quando viene annunciato un bambino, questo dimostra la loro volontà di durare.

“Non è perché un figlio si è allontanato dalla Chiesa che non ha più valori”, insiste Marie-Paule Mordefroid, che incoraggia a “valorizzare i loro valori”. Michel è d’accordo: “Il più giovane, forse il più categorico nel suo rifiuto della Chiesa, ha deciso di non far battezzare sua figlia. Ma è molto altruista ed è impegnato nella Croce Rossa. Allo stesso modo, padre Claude Courtois ci invita a distinguere tra fede e pratica: “Conosco una giovane coppia che si presentava come non credente. Entrambi sono stati educati da genitori cristiani. Per il loro terzo figlio, hanno rifiutato un aborto terapeutico consigliato da un medico e hanno scelto di farlo nascere. Non etichettiamo le persone”. Solo Dio sonda i cuori.

Riconoscere di essere imperfetti, senza disperare

Attenzione all’overdose, quando la vita di fede diventa formale o quando tutto il programma ruota attorno al coro, al consiglio pastorale e alle riunioni parrocchiali. “Mettete Dio al centro della vostra vita, senza trascurare tutto ciò che c’è intorno a voi”, raccomanda padre Ludovic Lécuru, autore di Transmettre la foi en famille! (Trasmettere la fede in famiglia!). Non ignorate deliberatamente le attività laiche, interessatevi ai loro interessi, soprattutto a quelli dei vostri figli. Inoltre sarebbe meglio evitare di offrire un’icona o un rosario per festeggiare il compleanno di un nipote. “Il Signore è molto più convincente di tutti questi stratagemmi”, aggiunge.

Se coloro che rifiutano la Chiesa si affrettano a mettere in evidenza le carenze dei cristiani, non entrate in questo gioco di perfezionismo. “Quando pensiamo di dover essere degli esempi, abbiamo questa tendenza a metterci sotto una luce favorevole e a nascondere le nostre ombre. Tuttavia, per trasmettere la fede, è necessario essere assolutamente onesti”, dice il benedettino Odilo Lechner nel suo libro Grands-parents, transmettez votre foi (Nonni, trasmettete la vostra fede) Per i genitori questo significa saper riconoscere i propri torti e chiedere perdono per eventuali errori e dire molto semplicemente che non hanno ancora raggiunto la santità come vorrebbero. Quanta strada resta a ciascuno sul cammino della coerenza e dell’umiltà, per tacere le critiche al parroco, alla Messa, ai vicini? Michel sottolinea questa necessità permanente di convertirsi: “Nonostante la nostra volontà di leggere, pensare e pregare, viviamo come gli altri: preoccupati per il futuro, per la macchina, per i piccoli problemi quotidiani”. Ma non aspettiamoci di diventare “perfetti” per dire ciò che è giusto e ciò che rende felici le persone – rischieremmo di rimanere in silenzio per molto tempo! E la grazia del Signore si infiltra anche nelle nostre debolezze.

Amare, ma anche testimoniare con delicatezza

Fratel Ruggero di Taizé esortava a “parlare di Dio solo quando ci viene chiesto, ma a vivere in modo tale che ci venga chiesto costantemente. Lontano da una morale ristretta e inquieta, vivere da cristiano amorevole e gioioso rende credibile la testimonianza della fede. Per esempio, i genitori i cui tre figli, di età compresa tra i 17 e i 21 anni, rifiutavano la pratica religiosa, hanno prestato particolare attenzione a quando ritornavano a casa dalla Messa: mostravano la loro gioia e il loro amore. Questa “felicità domenicale” è stata diffusa a poco a poco nella loro casa. Dopo due anni di perseveranza, i ragazzi sono tornati in Chiesa. Attraverso la pace, la gioia e la bontà che irradiano, i genitori manifestano l’Amore di Dio. Incarniamo la nostra fede”, incoraggia padre Lécuru. “La testimonianza passa attraverso la parola e l’esempio.”

Sta ai genitori decidere quando rimanere in silenzio e quando parlare. Ai suoi quattro figli sposati, Michel non esita a dare alcuni segnali, come questo proverbio o questo versetto biblico posto su ogni piatto a Pasqua. Con i nipoti è più facile testimoniare la propria fede. Quando li accoglie in vacanza, recita con loro la preghiera della sera, racconta loro delle “storie di Gesù” prima di andare a letto. Egli risponde alle loro domande, soprattutto sulla morte e sull’aldilà perché i loro genitori rispondono in modo evasivo. Questa evangelizzazione è possibile ad una sola condizione: con il consenso dei genitori. È necessario che i nonni non prendano il loro posto e, naturalmente, che non svalutino le loro scelte. Così, Yvette ha proposto a sua figlia, che sta educando la sua bambina da sola, di portarla al catechismo. “Lei ha accettato. Se avesse rifiutato, avrei rispettato la sua scelta. Anche se avessi ritentato un po’ di tempo dopo! Allo stesso modo, quando la bambina ha chiesto il battesimo all’età di 6 anni, ha spiegato alla figlia: “Sarebbe bello rispondere a questo suo desiderio, ma sei tu che decidi”.

Aggrapparsi alla preghiera, agire attraverso la fiducia e la conversione

“La mia tragedia è che, nonostante ciò che ho trasmesso loro, non hanno incontrato il Signore”, ha spiegato Patrick, padre divorziato con due figli e catechista per trent’anni. Mi sembra che i miei figli abbiano conservato della fede solo i suoi rituali. “Ma Dio si rivela come desidera. Al momento giusto, ha saputo raggiungere il cuore di Maria Maddalena la peccatrice, di Paolo il persecutore e di Agostino il ribelle. Mille modi di manifestarsi e una certezza: sceglie la via più adeguata per ogni persona! E la lascia libera di rispondere.

I genitori non possono interferire in questo atto di amore personale con Cristo. Bisogna solo pregare instancabilmente, come Louise, la cui preghiera è costante: “Notte e giorno, prego la Madonna. Prego i loro angeli custodi di visitarli, di accompagnarli. Li metto nel cuore di Dio.” Altri pregano affinché i loro figli incontrino delle persone credenti. “Vorrei essere un testimone, ma non posso. Non mi appartiene più”, ammette Marie-José. “Prego affinché una persona esterna credente diventi loro amico”. “Il Signore ci sostiene sempre nei momenti di prova; non ci lascia andare avanti da soli” si consola Claire, che trova la sua forza in un gruppo di preghiera di mamme e si sostiene con la cognata. “Condividere la propria sofferenza è una grazia, perché permette di alleggerirla”, conferma l’ottantenne Louise, che recita il rosario ogni settimana, accompagnata da alcuni anziani del suo paese. Anche Claire ha capito che il suo rapporto con Dio deve crescere, attraverso l’adorazione, la Messa e i Sacramenti. “Vivere nell’intimità del Signore aiuta a sopportare questa grande prova”, confida Louise. “Mi fa anche percepire la sofferenza di Cristo che vede il Suo amore rifiutato da molti.” E ci porta a guardare i nostri figli con lo sguardo di Dio, ad entrare nella Sua grande pazienza. Più si riceve la misericordia di Dio per sé stessi, meno si dubita della sua clemenza verso i suoi figli e le sue figlie. Spetta ai genitori mantenere la fede nello Spirito Santo”, ha concluso Marie-Paule Mordefroid. “Abita nei loro cuori fin dal battesimo. Solo Lui può guidarli dall’interno senza costringerli.”

“Soprattutto, tenete duro e conservate la speranza”, incoraggia padre Claude Courtois. “Dio vede meglio di noi nei cuori. Non abbandona i vostri figli. Non sono perduti: Gesù sapeva come comportarsi con la samaritana, per restituirle la sua dignità e la sua fede.” Anche se Louise non nasconde le sue lacrime, mantiene intatta la sua fiducia: “I figli di tante preghiere e lacrime non possono perire. Niente è impossibile a Dio. Non può negare ad una madre la salvezza dei suoi figli. Ha dato suo Figlio per questo!” Marie-José ha le stesse parole: “Mi sento come se mi fosse sfuggito tutto, ma confido nel Signore: metto le radici nel Suo terreno e Gli chiedo di annaffiare i miei fiori affinché possano sbocciare.” Perché se appartiene ai genitori seminare, solo Dio conosce il tempo del raccolto.

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