Intervista di Stéphanie Combe
Non è sempre facile aprirsi, anche con il proprio marito o la propria moglie. Eppure è la chiave per un rapporto coniugale felice. Secondo la consulente matrimoniale Marie-Madeleine Devillers, a volte ci manca uno strumento per questo, che consiste nel riconoscere i nostri bisogni.
Qual è il veleno della vita matrimoniale?
Marie-Madeleine Devillers: l’indifferenza. Si installa con il tempo e porta ad interrompere la comunicazione. Quando si è feriti, ci sono tre modi di reagire: il silenzio per avere la pace, l’aggressività, o la manipolazione, per portare l’altro a pensare come noi. Le donne sono spesso più aggressive perché sono più capaci degli uomini di trovare le parole, sia quelle che tranquillizzano che quelle che criticano. Qualunque sia la reazione, ciascuno si crea una corazza per non essere colpito. Con il passare del tempo, si incomincia a vivere in parallelo, senza più prestare attenzione all’altro.
Una corazza che impedisce il dialogo?
Marie-Madeleine Devillers: Sì, è facile comunicare sui fatti. Il proprio lavoro, le persone incontrate, le azioni realizzate. È anche comune condividere ciò che pensiamo della politica, di questo o quell’evento, ecc. Questi temi sono importanti perché ci permettono di conoscerci meglio, ma non sono sufficienti. L’intimità della coppia si costruisce con uno scambio sul livello delle emozioni e dei sentimenti. Questo permette all’altro di vedere la parte più profonda del nostro essere: il pensiero, il corpo, il cuore.
Che cosa rende così difficile la condivisione delle emozioni?
Marie-Madeleine Devillers: La comunicazione, come la vita di coppia, rivela le ferite del passato che non sono guarite. Mi ricordo di un ingegnere che diventava violento quando sua moglie era di cattivo umore. Una tale reazione, smisurata, agisce come un lampeggiante: rivela una sofferenza che viene da più lontano. Quest’uomo aveva ricevuto un’educazione molto severa. Se non era d’accordo, i suoi genitori gli dicevano: “È così che stanno le cose, punto e basta” che impediva qualsiasi discussione. Non poteva esprimere la sua rabbia. Il silenzio della moglie lo rimandava a questa chiusura senza condizioni dei suoi genitori. È quindi importante condividere sulla propria educazione, la vita familiare, la gestione del denaro, ciò che sembra accettabile o inaccettabile per ciascuno di noi.
Come comunicare in profondità?
Marie-Madeleine Devillers: Una donna voleva entrare nel club di bridge del marito, che era un ottimo giocatore. Rispose: “Devi prendere delle lezioni, altrimenti non potrai venire, giochi così male! Sarebbe un fiasco per colpa tua”. Questa parte riassume i quattro cattivi modi di comunicare: ordine, minaccia, svalutazione e senso di colpa. Ma una buona comunicazione si basa su questi quattro verbi: chiedere, rifiutare, dare e ricevere. La chiave è osare: osare chiedere, osare esprimere il proprio disaccordo, i propri sentimenti sul comportamento dell’altro. Spesso non osiamo dire di no, per paura di non essere più amati. Quando è vero invece il contrario! Saremo rispettati meglio nei nostri limiti.
Non è sempre ovvio di fronte ai bambini o agli amici…
Marie-Madeleine Devillers: È meglio non iniziare una discussione in preda alla rabbia. Può essere distruttivo. Tuttavia, è possibile esprimere la propria volontà di parlarne più tardi. Poi riaffrontate la discussione, anche se non è in sintonia con l’evento. Anche il coniuge deve essere attento ai tempi dell’altro. Una sera, un uomo tornò a casa presto per dire alla moglie che avrebbe cambiato lavoro e gli avrebbero aumentato lo stipendio. E invece lei rispose sinteticamente: “Ah bene, sono contenta per te”. Immaginate che doccia fredda! Ma se lui si fosse preso il tempo di farle delle domande, avrebbe saputo che lei aveva avuto una giornata terribile in ufficio, che i bambini erano stati odiosi e che la lavatrice si era appena rotta. Se si fosse sentita ascoltata, sarebbe stata ricettiva.
Quali consigli date in caso di conflitto, quando il dialogo non sembra più possibile?
Marie-Madeleine Devillers: All’inizio, comunichiamo su tutto ciò che ci unisce. Nel corso degli anni, tendiamo a comunicare su tutto ciò che ci distingue! Alla fine, la comunicazione che rimane è aggressiva, come una partita di ping-pong, in cui una pallina lanciata contro un muro torna indietro con la stessa forza. Le critiche o i rimproveri, i complimenti e la benevolenza ci vengono restituiti, è una regola d’oro. Il conflitto coniugale è una responsabilità condivisa e finché si gioca il modello vittima/punitore, il problema non può essere risolto. Spesso rimaniamo fissi sulle nostre argomentazioni, pensando alla nostra risposta quando l’altro parla! Tuttavia, non si tratta di sapere chi dei due ha ragione. L’importante è accogliere il fatto che l’altro è ferito. L’unica via d’uscita è accettare il punto di vista dell’altro.
In queste condizioni, imporre il dialogo a tutti i costi non è un fallimento?
Marie-Madeleine Devillers: Assolutamente! Queste coppie in difficoltà hanno dei lividi ovunque. Hanno bisogno di un periodo di convalescenza. Innanzitutto hanno bisogno di prendersi cura di sé stessi, di ritrovarsi e stare insieme, di rilassarsi e farsi del bene. Un’attività comune, sia artistica che sportiva, è un buon modo per ristabilire una buona relazione, con dolcezza.
Come andare oltre, allora?
Marie-Madeleine Devillers: Uno strumento è quello di partire dalle esigenze di ciascuno. Ognuno dei due coniugi stila una lista dei suoi bisogni di uomo o di donna, di marito o di moglie, di padre o di madre. L’altro non può soddisfare tutto, soprattutto le esigenze personali. Per esempio, una donna si è ricordata che amava la scultura. Lui voleva tornare a fare sport. Sta a loro darsi i mezzi: uno può occuparsi dei bambini mentre l’altro esce. Questi tempi di solitudine, di interiorità, permettono di rigenerarsi e di ricaricare le batterie.
Alcune generazioni hanno ricevuto una falsa educazione cristiana che le ha costrette a trascurarsi. Prendersi cura di sé generava un senso di colpa. Uno psichiatra ateo si stupì: “Ho una grande ammirazione per voi cristiani che siete sempre al servizio degli altri. Ma non vi prendete mai il tempo di essere al servizio del povero che c’è in voi…”
Dare agli altri non è sufficiente per trovare il proprio equilibrio?
Marie-Madeleine Devillers: Abbiamo tutti bisogno di un riconoscimento. Se non lo troviamo in casa o in famiglia, lo cerchiamo altrove: nel lavoro, nelle attività ricreative, negli impegni parrocchiali o associativi. Tante possibilità di fuga nell’attivismo e in eventuali infedeltà mascherate. Tutto è una questione di misura, naturalmente. Quando chiedo a queste persone, troppo girate verso l’esterno, se sono protagoniste anche nella loro relazione, la risposta è molto povera. Spesso non sono andati in vacanza insieme da diversi anni.
In effetti, è difficile aggiungere al tempo personale, con la famiglia e gli amici, un momento di per la coppia da sola…
Marie-Madeleine Devillers: Tutto è una questione di priorità. Qual è la mia preferenza? Un weekend con i suoceri o un weekend con la coppia? Il mio coniuge è il mio prossimo più vicino, la mia priorità. Prima di andare a salutare i bambini, è con lui che parlo; siamo una “coppia” ancor prima di essere genitori. E questo amore coniugale complice si riflette sui bambini.
Raccomando alle coppie di riservarsi almeno due serate al mese, un fine settimana ogni trimestre e una settimana all’anno. Costi quel che costi! Anche quando non si ha voglia per via della stanchezza, dell’irritazione o perché ci sono i bambini da affidare a qualcuno. C’è sempre un buon motivo per evitare questi appuntamenti. All’inizio si pensa di poterne fare a meno. Ma se non ce ne si occupa regolarmente, l’amore si affievolisce. La coppia si nutre di questi ritrovi. E costano meno di un avvocato o di un terapista…
Come esprimere questi bisogni?
Marie-Madeleine Devillers: Questo si impara. Spesso le nostre richieste sono delle esigenze mascherate. All’inizio, obbediamo per amore, ma alla lunga alimentano il risentimento e questo è terribile. Soprattutto per la donna, la cui memoria è grande. Una domanda vera lascia l’altro libero di rispondere sì o no. Altre volte piuttosto che fare una richiesta, succede anche di utilizzare il rimprovero. “Mio marito torna a casa tardi… …”, mi disse un giorno una moglie. Non aveva mai pensato di dirgli semplicemente che aveva bisogno di lui.
Anche all’interno della coppia, perdonarsi non è sempre facile. Ci sono delle tappe?
Marie-Madeleine Devillers: Il perdono non è naturale e non ha nulla di magico. È un percorso. Riflette la buona salute della coppia e permette di liberarsi dalle tensioni e dalle conversazioni aggressive, umilianti e violente. Aiuta a guarire le ferite. Bisogna innanzitutto avere il desiderio di perdonare. Troppi falsi perdoni vengono scambiati per ottenere la pace o perché la propria educazione lo esige. Alle coppie cristiane in difficoltà, propongo di chiedere al mattino una grazia per la giornata: una grazia per accogliere l’altro così com’è, una grazia per amarlo (certi coniugi non hanno neanche più la voglia), una grazia per riconoscere ciò che c’è di buono nell’altro, una grazia per mollare la presa. Le mogli controllano spesso i loro mariti! Che possano fare le cose a modo loro… Il vero perdono implica una messa in discussione di sé stessi, un rimorso e un reale desiderio di cambiamento. Restaura la relazione e riattualizza il sacramento del matrimonio.
Come vivere pienamente questo sacramento?
Marie-Madeleine Devillers: Il piano di Dio per la coppia è vertiginoso. Dire di sì per tutta la vita è una bella sfida! Tanto più che la volontà da sola non basta, perché si può esaurire. Per nutrirla quotidianamente, dobbiamo attingere a una fonte più profonda: la fede e la grazia. Nel sacramento del matrimonio c’è tutto: fiducia, fedeltà, forza, coraggio, perdono, speranza. Chiedere le Sue grazie lo vivifica. “Signore, vieni a dimorare in ciò che è oscuro e insopportabile nella mia relazione.
Quali soluzioni può adottare una coppia che esce da una crisi?
Marie-Madeleine Devillers: Una coppia che non ha progetti è una coppia che muore. Determinare un progetto comune ci porta a immaginarci insieme nel tempo e nella durata. Quando i coniugi si annoiano, quando non hanno più niente da dirsi, chiedo loro di trovare cinque proposte da vivere insieme, due delle quali devono essere una follia. Spetta a loro essere inventivi e fantasiosi. A volte è più difficile per l’uomo, che si accontenta di stare con la moglie e non capisce la sua stanchezza. Poi, ognuno sceglie di vivere uno dei suggerimenti del coniuge. Osiamo avere un po’ di follia! Anche se le nostre idee sono irragionevoli, mantengono viva la relazione!