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Come non ripetere gli errori dei nostri genitori

THREE GENERATIONS

sirtravelalot | Shutterstock

Edifa - pubblicato il 17/10/20

Abbiamo tutti ricevuto un'educazione che può confermare o contraddire quella che intendiamo dare ai nostri figli. In realtà, né il rigetto sistematico dell'educazione ricevuta, né la sua riproduzione cieca sono benefiche per lo sviluppo dei nostri amati figli.

di Olivia de Fournas

“Ho l’impressione di non essere molto libera dall’educazione ricevuta dai miei genitori”, sospira la 35enne Leonia. Come molti genitori, cerca di non ripetere gli errori di cui ha sofferto e non ci riesce, infatti la madre la dimenticava regolarmente all’uscita da scuola e ora lei protegge troppo il proprio figlio. Di conseguenza, lui ha paura di tutto e non vuole prestare nulla a nessuno. “Mi sento come se fossi in trappola!” riassume la giovane donna. Così Giovanni, che ha sofferto molto per i conflitti con i suoi fratelli e ripete continuamente ai suoi figli: “vi proibisco di litigare!”, ciò aumenta il numero di litigi tra fratelli e sorelle. Concentrandosi eccessivamente sugli ostacoli educativi che vogliono evitare ai loro figli, questi genitori ottengono l’effetto opposto e cadono in una trappola rimanendo legati alla loro ferita iniziale.

Nel suo manuale di educazione, Genitori condizionati, la scrittrice di romanzi Cécile David-Weill affronta l’argomento. Mentre evidenzia l’insidia dell’opporsi all’educazione ricevuta, sottolinea anche i pericoli della riproduzione cieca. In entrambi i casi, il genitore continua ad avere come unico riferimento l’educazione dei propri genitori, invece di concentrarsi sui bisogni reali del figlio. Secondo l’autore, sottrarsi dalla riproduzione indiscriminata dell’educazione genitoriale è possibile solo analizzando il proprio rapporto con quella ricevuta: incoraggia quindi tutti ad analizzare seriamente la propria educazione di partenza. Ognuno può identificare i comportamenti genitoriali che lo hanno fatto soffrire e che vorrebbe risparmiare ai suoi figli, ma anche sottolineare quelli che lo hanno fatto crescere.
Analizzare i punti positivi e negativi della nostra educazione e quelli che vorremmo evitare o trasmettere, permette di separare il grano dalla pula per poi fare una sintesi costruttiva. Ad esempio, i genitori rigorosi sono stati in grado di trasmettere nello stesso tempo un grande senso di equità. Non si tratta quindi di rifiutare in blocco l’educazione che ci ha plasmato, e che non può essere del tutto buona o cattiva. Una tesi confermata dalla psicologa Marie Pascal: “Si tratta di regolare i conti in modo simbolico con l’educazione dei propri genitori. Bisogna porsi in mezzo tra “Onora tuo padre e tua madre” e “L’uomo lascerà suo padre e sua madre”, precisa.


Brother, Sister, Family

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Liberarsi dalle ferite dell’infanzia e scegliere le proprie priorità educative

La riflessione si rivela particolarmente necessaria quando si prova rancore nei confronti dei genitori. Le ricorrenti critiche all’educazione ricevuta sollevano la questione del perdono e dell’esempio dato ai propri figli e su come essi, a loro volta, saranno genitori. “È una questione di sostanza, di fede e di coerenza di vita. Madre Teresa non ha forse detto: “Se vuoi la pace nel mondo, vai a fare la pace nella tua famiglia”? ” chiede la psicologa. Padre Xavier Cormary specifica come la catena del perdono possa liberare dal risentimento e dalla colpa: “Una relazione profonda con Dio rende possibile ricevere il Suo perdono, per poi potersi perdonare, prima di perdonare i propri genitori, per essere finalmente capace di chiedere perdono con semplicità ai propri figli”. Vedere le cose col senno di poi ed il perdono possono aiutare a chiudere definitivamente con l’idea di genitori ideali che avremmo voluto avere.

In un secondo tempo, possiamo definire la nostra idea del ruolo di genitore: il bambino, come suggerisce Montaigne, è “un vaso che si riempie o un fuoco che si accende?” Un’anima affidata a noi o un essere da piegare a nostro piacimento? I genitori inflessibili corrono il rischio di esigere figli che devono essere irreprensibili. Per essere efficaci, è essenziale scegliere con cura le proprie battaglie, soprattutto nell’adolescenza. Un punto importante per Cécile David-Weill, che ritiene che troppi genitori “sprecano la loro autorità su argomenti secondari come l’ora di andare a letto, il cibo, o le liti tra fratelli e sorelle, il che polarizza il rapporto tra genitore e figlio intorno a queste regole, invece di permettere loro di avere un dibattito sostanziale”. L’aver individuato i punti non negoziabili della famiglia, e quelli su cui è possibile la flessibilità, rimane quindi una tappa indispensabile.




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Parlarsi nella coppia e fidarsi l’uno dell’altro

In questa “analisi approfondita”, il confronto con il coniuge rimane insostituibile. Possiede sia la distanza che la vicinanza necessarie per evidenziare i problemi con i suoceri. Il marito di Leonia l’ha fatta riflettere sul legame tra il padre, che l’aveva abbandonata, e una frase che lei ripeteva continuamente al figlio: “Non ci si può fidare di nessuno”. Da parte sua, il coniuge ha anche lui ereditato un’educazione che può contrastare o accogliere quella che si intende dare. Il dialogo deve essere costantemente ripreso nella coppia perché, secondo Marie Pascal, “le sfide chiave dell’educazione si scoprono man mano che il bambino cresce”. Consiglia perciò ai genitori single di invitare i loro figli a confrontarsi con altri “tutori”. Amici benintenzionati, capi scout, referenti familiari o spirituali possono talvolta compensare un genitore assente o morto.

Cécile David-Weill rimane molto severa con i genitori paralizzati dall’idea di sbagliare. Non volendo ripetere gli errori o farne di nuovi, spesso essi stessi vittime di un’educazione troppo autoritaria, hanno rinunciato ad educare. Si rifiutano di assumersi la piena responsabilità e spesso si nascondono dietro la totale fiducia nel loro figlio. Questo atteggiamento può portarlo a sentire “un vuoto affettivo, una sete di riconoscimento, rapporti umani fragili, una mancanza di fiducia in sé stessi, un comportamento aggressivo e un’inquietudine permanente”, precisa la scrittrice.

Certo, i genitori non sono degli “esperti” di educazione, ma devono fidarsi l’uno dell’altra. E per una buona ragione, come ricorda San Giovanni Paolo II in Familiaris consortio“il matrimonio consacra la coppia all’educazione”. Padre David Lamballe aggiunge: “Nel matrimonio, i genitori sono stati arricchiti dalla grazia dello Spirito Santo per aiutare i loro figli nella loro crescita umana e cristiana. Un genitore può avere delle colpe, alimentare un cattivo rapporto con un figlio e commettere degli errori, Dio lo ha tuttavia attrezzato scegliendolo come educatore del figlio: Egli non fa le cose per caso!” Queste parole decolpevolizzanti possono aiutare i genitori che non si sentono all’altezza. “Non è necessario essere un genitore perfetto per fare un’opera educativa”, conferma Cécile David-Weill. È una chimera creata da una società che vuole cancellare le debolezze e ci spinge a nascondere i nostri difetti.




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Stare attenti a non essere né nel disimpegno né nell’onnipotenza

Alcuni genitori pensano di educare i propri figli meglio di come sono stati educati loro, mentre altri, molto consapevoli di essere segnati dal peccato originale che si ripete di generazione in generazione, rimangono fatalisti, convinti del contrario. Constata Padre Xavier Cormary: “Nella Bibbia, Geremia precisa che “i padri mangiavano l’uva verde, e i denti dei bambini ne erano infastiditi” (Geremia 31, 29), Tuttavia, aggiunge subito che queste parole invitano alla vera libertà, poiché spetta sempre ai genitori la scelta personale di discernere per liberarsi dalle ferite ricevute in famiglia. Dipendere volontariamente da Cristo non ci pone quindi sotto un’influenza esterna che ci impedirebbe di pensare da soli. Infatti, secondo il sacerdote, “Cristo, esperto in umanità, vuole la felicità dell’uomo, quindi paradossalmente, ci chiama alla libertà”, una libertà che è radicata nella nostra interiorità, come lo spiega l’enciclica Gaudium et spes: “Nel profondo della sua coscienza, l’uomo scopre la presenza di una legge che non si è dato lui stesso, ma a cui è tenuto ad obbedire. […] Perché è una legge scritta da Dio nel cuore dell’uomo”. Non c’è dunque alcuna fatalità.

Qualunque sia l’educazione ricevuta, i genitori devono stare attenti a non trovarsi né in uno stato di disimpegno come purtroppo è stato per quelli della “generazione del ‘68″, né in uno stato di onnipotenza. Si tratta piuttosto di far loro intraprendere un cammino di umiltà accettando le loro povertà educative. “Il primo errore dei genitori è pensare che sia una loro responsabilità infondere felicità e fiducia in sé stessi al figlio”, scrive Cécile David-Weill. Il loro compito si limita a cercare di creare le condizioni affinché egli possa acquisirle da solo”. Educare non significa forse etimologicamente “condurre fuori”, e non appropriarsi dei propri figli? “Noi genitori siamo solo una cinghia di trasmissione dell’amore del Padre”, aggiunge Leonia. Una psicologa l’ha aiutata facendole notare che i bambini si costruiscono sempre con i genitori che hanno.


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Convertendosi, i genitori edificheranno la loro discendenza

Non c’è educazione prestabilita, scritta in anticipo, nessuna ricetta educativa miracolosa. Ogni genitore, condizionato ma non determinato dalla propria educazione, farà del suo meglio con quello che ha ricevuto, per dei figli che hanno bisogni unici. Le insidie sono a volte seminate dal proprio coniuge e dalla società che non hanno sempre le stesse priorità! L’educazione rimane allora il frutto di “un triplice confronto tra il Vangelo, che può renderci più umani, l’insegnamento della Chiesa, e il buon senso umano illuminato dallo Spirito Santo”, analizza il Padre Cormary.

Convertendosi, i genitori edificheranno la loro discendenza. Padre Luc de Bellescize spiega ai giovani del gruppo Even: “Mancherà sempre qualcosa o qualcuno su questa terra”. Anche ai genitori mancherà sempre qualcuno! Paradossalmente, essere genitore è accettare sé stessi come figlio del Padre… lo stesso Padre che è quello dei propri figli. È ordinandosi a Lui, lasciandosi amare da Lui nelle ferite e nel proprio limite, che gli sposi potranno rinunciare alla tentazione di essere troppo o troppo poco educatori. Man mano che si avvicinano loro stessi a Cristo, muniti di questo nuovo sguardo su loro stessi, potranno insegnare al loro figlio a dipendere a sua volta non dà loro, ma dal Padre.

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