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Con quale frequenza ci si dovrebbe confessare?

CONFESSION

Cathopic-Angelica Mendoza

Edifa - pubblicato il 01/10/20

È necessario confessarsi prima di fare la comunione? Ogni settimana? O solo dopo aver commesso un peccato mortale o veniale?

di padre Alain Bandelier

Non c’è nessun testo della Chiesa che impone la confessione ogni settimana e nemmeno un testo che lo vieti! La cultura giansenista ha a lungo intimidito i fedeli, tenendoli lontani dalla Santa Tavola con il pretesto che non ne erano degni. Le anime ferventi soffrivano di questa severità e chiedevano il “privilegio” di ricevere la Comunione tutte le domeniche e anche durante la settimana, cosa non usuale, ma che poteva essere concessa. Santa Teresa di Lisieux ne ha beneficiato, e in seguito il Santo Papa Pio X non solo ha permesso, ma incoraggiato la comunione frequente. Oggi corriamo il rischio opposto, che è quello di comunicarsi troppo facilmente: potrebbe diventare un gesto un po’ meccanico, senza una sufficiente preparazione, forse anche senza la necessaria conversione. Ma questo significa che dobbiamo andare a confessarci ogni settimana?


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Nel comunicarci, stiamo veramente accogliendo questo Dio che ci accoglie?

Dio ha messo il Suo Corpo nelle nostre mani! Non saremo mai all’altezza di questo puro Amore, di questo perfetto Dono, questo è certo. Non saremo mai “degni” di ricevere Cristo, ed è giusto citare la preghiera del centurione, che la liturgia mette sulle nostre labbra poco prima della comunione. Tuttavia, ci viene richiesto un minimo di lealtà, altrimenti potremmo fingere di accoglierLo, rifiutandoLo di fatto, in pensiero, nelle opere o per omissione, contraddicendo gravemente il Vangelo. Per questo ci viene chiesto di ricevere il perdono sacramentale appena possibile dopo un peccato mortale, almeno prima della prossima comunione, e siamo incoraggiati a confessare anche i peccati veniali. In questo spirito, la pratica regolare del sacramento della riconciliazione non può che essere raccomandata.

Si potrebbe obiettare: “Dio accoglie tutti, la Chiesa non deve escludere nessuno”. In sostanza, questa posizione non è falsa, ma non può essere sostenuta senza un complemento molto importante: “Accolgo in verità questo Dio che mi accoglie? So bene che sono un povero peccatore e so anche che basta che Lui dica una parola e la mia anima sarà guarita. Ma sono determinato a seguire Cristo, o al contrario, sono determinato a continuare a voltarGli le spalle? In questo caso, né Lui né la Sua Chiesa mi escludono; io stesso mi autoescludo, e se faccio comunque la comunione, questa comunione è sacrilega”. È questa terribile contraddizione che abita nel cuore di Giuda la sera del Giovedì Santo. Sembra infatti che abbia fatto la comunione, almeno con il Pane eucaristico, all’inizio del pasto (Gv 13, 17-30).

Potremo anche dire: “Non si viene a un pasto per guardare gli altri mangiare”. Ma la Messa non può essere ridotta a un buffet: l’Eucaristia, prima di essere qualcosa da mangiare, è qualcosa da vivere, è un evento: “Annunciamo la Tua morte o Signore, proclamiamo la Tua risurrezione, nell’attesa della Tua venuta”.


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