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“Lo amo davvero?”. I segnali che non ingannano

KOBIETA

Steven Aguilar/Unsplash | CC0

Edifa - pubblicato il 13/09/20

Un po', molto, appassionatamente... Non siete sicuri dei vostri sentimenti? Ecco i cinque segnali che vi aiuteranno a vedere le cose più chiaramente.

di Denis Sonet

Provate un grande sentimento per qualcuno ma vi chiedete se lo amate veramente? Prima di cercare la risposta, ponetevi questa domanda: che cos’è l’amore?

Qual è il vostro modo di amare?

C’è una trappola peggiore di quella parola? Si potrebbe dire che il gatto “ama” il topo, ma il topo preferirebbe di gran lunga non essere amato! D’altra parte, si dirà che Cristo “ama” l’umanità per la quale ha dato la Sua vita, è comunque sorprendente pensare che la stessa parola sia usata per il gatto e per il Cristo! Tanto che quando una persona vi dice: “Ti amo”, è importante chiedergli (con attenzione!): “In che senso? Mi ami per consumarmi o per farmi crescere?” Dovrete anche porvi lealmente la domanda: “In che modo amo questa persona? Per lei in quanto tale o per me stesso?”

Si può dire che la parola “amore” è terribilmente ambigua! Quanti sono convinti di amare mentre consumano o possiedono? È difficile definire l’amore, coglierne tutto il mistero: esso non si lascia confinare all’interno di una definizione.

Le “evidenze” dell’amore

Vi chiedete se amate davvero questa persona. Alcuni vi diranno che se amate davvero, non vi fareste la domanda: i veri innamorati non dubitano del loro attaccamento, hanno la profonda certezza che “è lei”, che “è lui”. È vero che l’amore, nel suo primo slancio, da un lato trasporta letteralmente in un universo meraviglioso e pieno di promesse, dall’altro si focalizza su un essere unico al mondo, in un’esclusività, che ricorda l’amore fusionale ed esclusivo del bambino verso la madre.

Come dubitare del proprio amore quando si è sulle nuvole per la felicità di essere amati e si sente che tutti gli altri ci sono indifferenti? Un criterio non inganna: la sensazione di una terribile mancanza in assenza dell’amato. “Mi manca una sola persona e tutto diventa un deserto”.

Eppure, vi rendete conto che questo folle slancio che spinge due esseri l’uno verso l’altro può non essere sufficiente per meritare il bel nome di amore. Se esitate, può essere che sentiate che anche la vostra ragione ha voce in capitolo. È vero che si dice che “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”, eppure, in un tema così serio come la scelta d’amore, è importante fare spazio alla riflessione.

Date spazio alla ragione (anche)!

Amare è innegabilmente, prima di tutto, essere letteralmente “proiettati” verso l’altro dall’impulso del desiderio, irrazionalmente, con questa impressione che c’è stato una scintilla”, il “tilt” meraviglioso della scoperta del prescelto. Amare è desiderare, una relazione di coppia in cui il fuoco del desiderio non esiste durerebbe a malapena; tuttavia, la ragione può cercare di percepire le motivazioni nascoste dello sgorgare del desiderio. Perché questa persona ha suscitato in voi una tale emozione indefinibile? A quale attesa inconscia corrispondeva? Ci si può sempre chiedere quale parte dell’inconscio ha vibrato: la parte luminosa, che sogna la generosità, o la parte tormentata, presente in ogni essere umano (con le sue tendenze masochiste ed esibizioniste).

La ragione deve anche chiedere conto ai sentimenti. Siete abbastanza forti da sopportare i difetti dell’altro? Per durare nonostante gli alti e bassi della vita? Per superare la difficile fase di adattamento all’alterità della persona amata? Ma amare è anche voler rendere felice la persona amata. Se, all’inizio, l’innamorato è soprattutto centrato su sé stesso, amando l’amore più dell’eletto, assaporando la gioia narcisistica di essere stato scelto, arriva un momento in cui un folle bisogno di gratitudine sale dal suo cuore verso colui che gli dà tanta felicità.

E il miracolo si compie: il desiderio si trasforma in dono. “Questa persona meravigliosa che mi riempie di tanta felicità, voglio colmarla a mia volta.” E l’innamorato scopre che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, l’amore si allontana dal narcisismo, è un richiamo ad uscire da sé stessi, per scoprire la ricchezza e le mille possibilità del dono. Ci invita a decentrarsi sull’altro, ad accoglierlo nel totale rispetto del suo mistero, a circondarlo di tenerezza, ma soprattutto a farlo crescere, se necessario con una certa abnegazione. “Amare è dare tutto e dare sé stessi”, diceva santa Teresa di Lisieux.

Un po’, molto, appassionatamente?

Così l’amore è l’alternarsi del desiderio e del dono. Alcuni amori sono costruiti solo sul desiderio e non durano a lungo e al contrario, alcune coppie sono costruite solo sul dare e durano più a lungo, ma poi un giorno crollano, l’eroismo continuo non è possibile per tutti! Il dono e il desiderio sono le due componenti di un amore solido, si sostengono a vicenda, il dono si sostituisce ai capricci, alla stanchezza del desiderio, desiderio che suscita e rende più facile il dono.

Ma la paura di impegnarsi può far dubitare della profondità dei sentimenti. Vale la pena, quando si ama e si stima profondamente qualcuno, correre il bel rischio di impegnarsi, perché “vivere è una preghiera che solo l’amore può esaudire” (Romain Gary).

Ancora più concretamente, potete essere sicuri di amare solo se avete cinque grandi aspirazioni:

1) Un desiderio fisico indiscutibile: se il vostro corpo non sente alcun bisogno carnale verso la persona, fermatevi, è inutile tentare: andrete entrambi al fallimento.

2) Una tenerezza che sogna di sfogarsi.

3) Un’ avidità di comunicare, di condividere con lei i vostri progetti, il vostro ideale di vita.

4) Il sogno lontano forse, ma reale, di vedere il vostro amore realizzarsi nella venuta di un bambino.

5) Un’ammirazione reciproca che guarda l’altro come una persona e mai come un oggetto.

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