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Generosità nella giusta misura: aiutare gli altri senza soffocarli o sfinirvi

MĄŻ POMAGA ŻONIE

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Edifa - pubblicato il 06/09/20

Aiutare di più, investirsi di più... È ammirevole spendersi per gli altri senza risparmiarsi, ma questa dedizione, senza neanche renderci conto, può essere duplice. Come donarsi al prossimo nella giusta misura?

di Olivia de Fournas

Voler soddisfare gli altri tutto il tempo finisce per stancare noi stessi… e gli altri. In famiglia, in parrocchia o al lavoro non sappiamo dare con saggezza, ed il risultato a volte è l’opposto di quello che avevamo sperato: soffochiamo chi ci sta intorno e perdiamo la voglia di aiutare. Padre Pascal Ide pensa che le persone più generose siano anche quelle che più rischiano di essere colpite dal burn-out e dice che, ancor peggio, possano subentrare, “l’amarezza del servizio gratuito o l’avversione per la preghiera” mentre il servizio e la preghiera sono due frutti della carità. Come evitare che le buone intenzioni si trasformino in iperattività e in una generosità mal gestita?

Credersi instancabile può essere una questione di orgoglio

Spesso si ammira colui che si spende per l’altro senza risparmiarsi, ma questa dedizione può anche nascondere una sete di potere, un bisogno di sentirsi indispensabili e di fare sempre di più per sentirsi vivi. Immaginarsi inesauribile, come Dio, può essere prova di orgoglio, soprattutto quando si rifiutano i segni di disagio di chi ci sta intorno.

Confida Giulietta: “Al lavoro, credevo che senza di me i clienti sarebbero stati serviti meno bene e nella vita mi sentivo obbligata ad offrirmi ogni volta che c’era bisogno di un’anima buona, come se fossi io il rimedio alla miseria umana”. Come conseguenza, il medico dell’azienda ha imposto diversi mesi di congedo per malattia a questa responsabile delle risorse umane. Altre persone generose arrivano al punto di separarsi dalle loro emozioni e dalla compassione per coloro che aiutano. Persistono nel loro dovere, dimenticando la carità, con delle conseguenze che rivelano un dono snaturato.

Perché, chi colma troppo gli altri di attenzioni, di servizi o di doni è mal relazionato a sé stesso e a Dio, le persone troppo dedite agli altri soffocano chi gli sta intorno. “Crediamo che più diamo, più riceviamo, mentre è esattamente il contrario”, dice lo psicoterapeuta Gerard Apfeldorfer nel suo libro Le relazioni durevoli. I bambini le cui madri sono troppo presenti possono sentirsi soffocati. Da parte sua, la madre che “si sacrifica per i suoi figli” può cadere in un ingranaggio pericoloso, dimenticando i propri bisogni essenziali. E se la saggezza popolare attribuisce alla Bibbia il proverbio “La carità ordinata comincia da sé stessi”, è perché è fondamentale prendersi cura correttamente di sé stessi prima di occuparsi degli altri.

Quando il Buon Samaritano diventa carnefice…

Un eccesso di donazione può anche ritorcersi contro il beneficiario quando prende in ostaggio ed esige gratitudine in cambio, secondo lo psichiatra Vincent Laupies nel libro Dare senza ferire, il Buon Samaritano può allora trasformarsi in boia. È il caso di Laura, una madre di famiglia numerosa che si impegnava al 100% per i compiti dei suoi figli, mentre li rimprovera duramente di non andare bene a scuola, come se fosse necessario un ritorno sull’investimento. “Più la persona attiva si aspetta un feedback positivo per rassicurarsi sul lavoro da lui svolto, maggiore è il rischio che provi una profonda frustrazione”, avverte padre Ide. Il “donatore a tutti i costi” può sviluppare del risentimento quando non si sente riconosciuto per ciò che sta dando. Più si impone, più infastidisce coloro che gli stanno intorno, per poi sviluppare un comportamento tossico nei confronti di tutti. Elenca padre Ide: “Critiche, rabbia repressa, accuse, cinismo, calcoli complicati”, e così tutti fuggono da lui.

Questo passare dal dare troppo alla malattia, spesso inizia da un piccolo incidente. Il fattore scatenante per Giulietta? La responsabile delle risorse umane si è resa conto di dover rinunciare al suo lavoro di volontariato presso la prigione perché aveva sistematicamente brontolato contro i detenuti e il direttore del centro penitenziario, che aveva fatto un’innocua riflessione sul suo ritardo, mentre, la settimana precedente, lei aveva dato il suo tempo senza contare. Ma la sua amarezza è continuata a casa, con la sua famiglia e nel fine settimana.
Infine ha capito che dietro il suo donarsi c’era un bisogno eccessivo di essere amata. Come ha spiegato il sociologo Marcel Mauss, tuttavia, il dono totale non calcola e non dovrebbe richiedere una ricompensa. “Tu, quando fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra cosa fa la tua destra” (Mt 6, 3-4). Un dono totale incorpora la possibilità del fallimento, donarsi totalmente è fonte di stanchezza, e quindi richiede riposo. Gesù stesso invita i Suoi discepoli a riposare: “Venite in disparte in un luogo deserto e riposatevi un po’ ” (Marco 6, 31).

Dare nella misura che ci è propria, sapendo ricaricarsi

Come dice Gesù: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”, (At 20, 35), ma non possiamo offrire ciò che non abbiamo ricevuto. Padre Ide dimostra che per potersi prodigare bisogna essere capaci non solo di ricevere, ma di “ricevere” sé stessi da Cristo: “L’uomo infatti è una creatura prima di essere un creatore, riceve sé stesso prima di darsi, ha bisogno di essere amato per imparare ad amare”. Nel donarsi veramente, “siamo sempre in tre”, riassume e precisa lo psichiatra Vincent Laupies: “Dio, io e il donatore”, che deve quindi ” cominciare ad aprirsi a sé stesso”. I cristiani hanno la chiave per andare alla fonte del dono, fermandosi ad adorare Cristo, in chiesa o a casa. Perché se l’uomo non è collegato a questa fonte immortale, potrà dare solo secondo le sue limitate capacità.

Colui che si prende il tempo di adorare, si ricarica interiormente per distribuirne meglio i frutti. Laura, madre di quattro ragazzi, ha finito per dare fiducia a qualcun altro per la cura dei suoi figli, una sera alla settimana, e Giulietta ha rinunciato a una promozione professionale. Hanno dato a meno persone, ma hanno dato meglio, e rifocalizzato la loro generosità su coloro che li circondano. Infatti, a volte è più facile dedicarsi a una causa esterna e lontana che pensare al prossimo che ci è vicino giorno dopo giorno.

A una madre che confessava di non fare abbastanza per gli altri, il suo parroco rispondeva: “Non considero la vostra confessione un peccato. Prendersi cura dei propri figli è il suo dovere di stato”. Può sembrare una missione umile e insufficiente, ma è una missione in cui ci viene chiesto di eccellere.

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