Durante questo periodo estivo, Aleteia vi propone di scoprire cinque lettere che vi faranno viaggiare attraverso le diverse età della vita. Immergetevi oggi nell’ultima lettera di questa serie, destinata ad un anziano che non ha altro da aspettare che la morte.di padre Luc de Bellescize
Caro amico,
Pensi che ti piaccia il testo di una canzone di un famoso cantante: “La vita, la morte, entriamo, usciamo, è tutto”. È tutto? Ma è già una grande cosa vivere e morire! La nostra vita procede, portata da una moltitudine di volti invisibili, da coloro che ci hanno amato, da coloro che sostengono il nostro pellegrinaggio qui su questa terra e che a volte ci danno un segno, come un sorriso dall’aldilà. Il ricordo dei defunti è molto di più di una foto ingiallita, è sempre un ricordo dall’aldilà, che non viene dal passato, ma scende dall’eternità, che viene a noi dall’aldilà della morte come una grazia che ci aiuta a vivere, perché questo “ponte dei morti” è necessario all’incamminarsi dei vivi. Conserviamo la loro memoria come stele per rafforzare le nostre vite e come sentinelle della speranza. Alcuni dicono che se ne sono andati troppo presto… Ma cosa significa “troppo presto”? C’è forse un “troppo tardi”? È perché hanno paura di andarsene “troppo tardi” che alcuni vogliono scegliere la loro morte, per “morire in piedi” come cantava Jean Ferrat, o “morire sul palco” come Dalida, per non vedere il proprio declino. Il potere di scegliere è stato esercitato sulla vita nascente, ora vorremmo esercitarlo sul mistero dell’ultimo respiro.
“Io amo l’uomo! ”dice Al Pacino che interpreta Satana in The Devil’s Partner… Dietro questa filantropia satanica si nascondono il rifiuto della vulnerabilità e la durezza di un orgoglio che si rifiuta di passare attraverso la porta degli umili. Scriveva Stendhal: “Prendono la debolezza delle loro anime per umanesimo e generosità”. Diceva il generale de Gaulle: “La vecchiaia è un naufragio”. E se invece fosse anche il noviziato del Cielo, dove l’uomo impara finalmente ad acconsentire all’impotenza e a dipendere da Dio?
Bisognerà per forza diminuire se vogliamo che Cristo cresca in noi, e il vecchio non ricade nell’infanzia ma ci risale. Scriveva George Bernanos: “Certamente la mia vita è già piena di morti, ma il più morto dei morti è il ragazzino che ero. Eppure, quando verrà il momento, sarà proprio lui a riprendere il suo posto alla guida della mia vita, a raccogliere i miei poveri anni fino all’ultimo, e come un giovane capo con i suoi veterani, radunando la truppa disordinata, entrerà per primo nella casa del Padre”.