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Lettera aperta a un amico appena ordinato sacerdote

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26 juin 2016: Ordination sacerdotale en la cathédrale Saint Louis de Versailles. Pendant la litanie des saints, les prêtres allongés sur le sol prient avec leur évêque.

Edifa - pubblicato il 23/08/20

Durante questo periodo estivo Aleteia vi propone di scoprire cinque lettere che vi faranno viaggiare attraverso le diverse età della vita. Oggi, immergetevi nella quarta lettera di questa serie, indirizzata ad un amico nel giorno della sua ordinazione sacerdotale.

di padre Luc de Bellescize

Caro amico,

“Tu sei sacerdote per sempre” (Sal 109). Perché tu? “La mia vocazione, scrive San Giovanni Paolo II, è un dono e un mistero”. “Egli chiamò a Lui coloro che Egli voleva che fossero con Lui e li mandò a predicare”. ” Siamo qui per volontà di popolo”, ha detto Mirabeau, “ne usciremo solo con la forza delle baionette”… ma la volontà del popolo è volubile. Siamo sacerdoti per volontà di Dio e per la chiamata della Chiesa, e questo ci dà una forza e una libertà che nessuno potrà mai toglierci, infatti un pastore secondo il Cuore di Dio è sempre libero e non classificabile. “Sono un misto di anarchico e conservatore”, diceva il famoso attore Jean Gabin, “ma in proporzioni ancora da determinare.” Devi essere, su questo piano, come Gabin…

A volte sentirai dire che i preti sono “come tutti gli altri”. Questo è insieme molto vero e profondamente falso. È verissimo, siamo forse ancora più “uomini” di molti uomini, perché misuriamo la nostra debolezza e il nostro peccato a forza di vivere vicino alla santità del Maestro. Il sacerdozio è una realtà così alta che, a volte, lo possiamo solo tradire, siamo anche molto umani perché teniamo la nostra vita ai confini della gioia e del dolore, ai confini del Cielo e della terra. Entriamo nelle case per benedire i malati, immergiamo i bambini nelle acque battesimali, siamo all’Alfa e all’Omega, dal balbettare del neonato all’agonia dei moribondi: portiamo delle così grandi gioie, così grandi dolori e grandi segreti… Sappiamo bene cosa c’è nell’uomo.

E allo stesso tempo, dire che siamo “come tutti gli altri” è assolutamente falso. È inoltre una parola vana, perché ogni uomo è un’eccezione: non siamo come tutti gli altri, perché siamo uomini di Dio che agiscono nella persona di Cristo, rivestiti della Sua autorità nella misura della nostra obbedienza. L’essenziale della nostra vita rimane una realtà nascosta, quella della preghiera, del lavoro e del dolore accettato con amore. Non rivendicare questa “differenza” come un diritto, ma assumila come un dovere, cammina con Abramo “come se vedessi l’invisibile”.

Ogni fecondità si radica nella vita interiore e ti dico in segreto: essa si ottiene anche nella sofferenza. La nostra lotta spirituale, le grida degli uomini, ci colpiscono come le incessanti onde del mare. “Il sacerdozio”, diceva il santo Curato d’Ars, “è l’amore del Cuore di Gesù”, ferito al contatto della sofferenza degli uomini. Le anime sono generate nel dolore e nella rinuncia allo spirito di possesso, diamo tutta la nostra vita per far nascere Dio nelle anime, e dobbiamo accettare di non impossessarci mai della vita degli altri, poiché “Uno solo è Padre” (Mt 23, 9). Passiamo come passa Cristo, nella libertà di un amore che si dona interamente senza mai lasciarsi possedere. “Questa è la mia gioia, ed è completa, che Egli aumenti e io diminuisca” (Gv 3, 29). Fratello, che la tua gioia rimanga!

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