Caro piccolo,
Nel momento del tuo concepimento hai ricevuto un’anima e capisci i misteri nascosti ai saggi e ai sapienti. Tu ci conduci all’essenziale invisibile, ci sveli un segreto: che la grandezza di una vita non può essere misurata, pesata o contata. Sentendo battere il tuo cuore nel grembo di tua madre, ci inviti a smettere di passare le nostre giornate secondo i criteri esteriori del successo. Gli adulti hanno l’ossessione di riuscire nella loro vita, pochissimi si preoccupano di riuscire nella loro morte…E cos’è una vita riuscita? L’ascesa sociale e professionale, andare in una grande scuola, sposarsi, avere figli e “morire infelice per non rimpiangere nulla”, come cantava Balavoine? Queste sono tutte cose buone, ma se assolutizziamo la realizzazione visibile, tangibile e palpabile, allora non siamo riusciti nella vita…
Così abbiamo mancato il valore stesso del vivere, invece tu ci affidi il tesoro delle anime semplici e preghi con il salmista questo cantico dell’infanzia (Sal 130): “Signore, il mio cuore non è orgoglioso, né il mio sguardo ambizioso; non perseguo né grandi progetti né meraviglie che mi superino. No, ma tengo la mia anima uguale e silenziosa; la mia anima è in me come un bambino, come un piccolo bambino presso sua madre. Aspetta il Signore, Israele, ora e per sempre”.
Tu ci insegni a mantenere l’anima “in pace e in silenzio”, noi che riempiamo la nostra vita di rumore. Ci insegni anche a dipendere da un altro, tu che sei legato al grembo materno, al suo respiro e al suo sangue. Troppo spesso dimentichiamo che lo spazio della nostra vita si svolge solo nel cuore di un altro, in definitiva nel Cuore di Dio e finché non lo capiremo staremo sempre stretti nel nostro cuore. Tu ci fai cogliere ciò che non è nei libri, ciò che il Signore Dio vuol dire quando rivela il Suo nome misterioso nel roveto: “Dirai al faraone, che è colui che uccide i bambini e riduce l’uomo alla sua capacità di lavoro: “Io sono Colui che Sono”.”
Dio si rivela per quello che Egli è e non prima di tutto per quello che Egli fa. Vale a dire che il Signore non si lascia misurare dai possedimenti o dalle conquiste, Dio È, molto semplicemente. Abbiamo la tendenza a dire: “Sono quello che possiedo, sono quello che faccio”, e non “Sono quello che sono”.
Piccolo bambino, tu assomigli a Dio. Ci inviti a rallegrarci di essere “servi inutili” (Lc 17, 10) in un mondo in cui l’uomo sta diventando sempre più una merce. Non “servi” a niente, come la bellezza e come l’essenziale, questa è la tua gloria inalienabile. Che grandezza è essere inutili, non essere amati prima di tutto per ciò che portiamo, ma per ciò che siamo. Dio ti ha voluto per te stesso.
Piccolo bambino, maestro di semplicità e di vita interiore, ho probabilmente perso troppo dell’infanzia, aiutami a riconquistarla attraverso la santità.
Padre Luc de Bellescize