Il Vangelo sembra contrapporre la vocazione contemplativa di Maria alla vita attiva di Marta. Ma è davvero questo ciò che vuole dirci? Dobbiamo forse scegliere tra il ruolo di Marta e quello di Maria?
di Christine Ponsard
Possiamo immaginare la scena: Gesù, il Grande Amico, viene ricevuto a Betania. Nella la gioia di accoglierLo, Marta si attiva con entusiasmo ed efficienza, c’è così tanto da fare! Ma sua sorella Maria non sembra rendersene conto perché rimane tranquillamente seduta ai piedi di Gesù, come se il pasto si preparasse da solo, come se trovasse normale lasciare tutto il lavoro agli altri. Marta protesta… e quale padrona di casa non si è riconosciuta, almeno una volta, in queste sue proteste? Sarebbe così bello sedersi invece di stare ai fornelli! Va benissimo ascoltare l’ospite, ma meno male che c’è qualcuno che si occupa delle cose materiali! Questo è ciò che pensa Marta, e possiamo capirla.
Quando ci si fa schiavi delle cose materiali
Gesù se ne rende conto? Sì, certamente. Prima di tutto perché ha visto, per trent’anni, Sua madre preparare i pasti, lavare, riordinare, come tutte le madri del mondo e sa bene che tutto questo non si fa da sé, ha anche sperimentato il peso della fatica di cucinare, oltre che del piacere di gustare un buon pasto. Gesù non ignora il valore e l’importanza reale del lavoro di Marta, non lo disprezza, anzi, Egli intuisce la generosità che spinge Marta ad adoperarsi in quel modo: vuole che tutto sia perfetto per Gesù. I compiti materiali sono quelli di cui Gesù ha detto: “In verità, Io vi dico: ogni volta che l’avete fatto a uno di questi Miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a Me.” (Mt 25, 40).
“Marta era tutta presa nei molteplici compiti del servizio” (Lc 10, 40). Si comprende tutto da queste parole: era presa. Marta, in un certo senso, si rende schiava dei compiti materiali e rischia di prestare più attenzione al suo pasto che al suo ospite, e questo suo sbaglio potrebbe essere applicato in molti altri ambiti. Sono le sovrastrutture che prendono il sopravvento sulla vita che dovrebbero servire: i catechisti sono più preoccupati dei problemi di metodo che del Signore stesso e i genitori sono più attenti ai risultati scolastici dei loro figli che non allo sviluppo complessivo della loro personalità.
Come possiamo rimanere centrati sull’essenziale?
Cosa viene prima nella nostra vita? Questa è la domanda che siamo costantemente invitati a porci per non lasciarci prendere da altro, per mantenere la nostra libertà e rimanere concentrati sull’essenziale, invece di distrarci. Spesso ci lamentiamo di essere sovraccarichi di impegni, di essere sempre di corsa, senza mai avere il tempo di respirare… Non sarebbe che, come Marta, ci preoccupiamo e ci agitiamo per troppe cose?
“Una cosa sola è necessaria”, dice Gesù a Marta (Lc 10, 42). Dal punto di vista di quest’unica cosa necessaria, non c’è opposizione tra la vocazione di Marta e quella di Maria. Qualunque sia la nostra vocazione, carmelitana o madre di famiglia, eremita o capo di un’azienda, la prima cosa è quella di stare ai piedi di Gesù ed ascoltarLo. “Dio solo basta”, questo vale non solo per i monaci e le monache, ma per ciascuno di noi. Gesù ci dice ancora una volta, come ha fatto con Marta, che ciò che viene prima di tutto nelle nostre giornate è la preghiera, la nostra prima preoccupazione è quella di compiere la volontà di Dio, la prima delle nostre ambizioni è la ricerca del Regno e tutto il resto ci sarà dato in aggiunta. Certo, la vocazione di Marta non è identica a quella di Maria: una madre di famiglia non passerà così tanto tempo in preghiera come una carmelitana, un francescano non dovrà essere competente in questioni economiche come un uomo d’affari: ognuno al suo posto. Ciò che cambia, tra uno stato di vita e l’altro, è il modo in cui “l’Unica cosa necessaria” viene cercata e servita, l’’Unico necessario, Lui, è sempre Lo stesso. Il Signore ci ha fatti tutti per Lui e, come dice sant’Agostino, “il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Lui”, che siamo Marta o Maria!