Improvvisamente sono arrivate l’incertezza e l’impossibilità di fare previsioni ed hanno sconvolto la vita di migliaia di persone. La costante preoccupazione per il futuro occupa ormai tutte le menti. Come possiamo andare avanti e continuare a vivere oltre queste paure? di Florence Brière-Loth
Paura è un termine generico che ha diversi significati. È una reazione naturale e fisiologica, a volte molto utile. In primo luogo, è un riflesso di salvaguardia, che viene dal nostro lato animale: ci salva la vita quando ci fa correre per sfuggire al pericolo. Può essere anche uno stimolante che ci tiene svegli ma può anche paralizzarci o farci compiere atti insensati. Più in profondità, la paura provoca inquietudine, soprattutto per il futuro e per tutto ciò che non possiamo controllare, tuttavia, può essere superata, come ci spiega fra Alain Quilici, priore del convento domenicano di Tolosa.
Come possiamo lottare contro la paura del futuro?
Abbiamo paura dell’ignoto e quindi del futuro. Il rifiuto della malattia e della morte, inscritto in noi istintivamente, rimane la paura essenziale. Siamo portati a gestire queste ansie attraverso le assicurazioni (pensione, incendio, furto, malattia) e con il pretesto del realismo a moltiplicare le garanzie contro tutte le nostre paure. Ma, come sempre, siamo ancora senza sicurezze: tutte queste precauzioni non saranno mai in grado di preservarci al 100% dal pericolo.
L’unico antidoto rimane quello di vivere nel presente, centrati su quello che dobbiamo fare oggi. San Luigi Gonzaga diceva: “Se mi annunciassero la mia morte imminente, continuerei a giocare, se è il momento di giocare”. Questo è ciò che Cristo ci invita a praticare nel Vangelo: “Non temete per la vostra vita… Guardate gli uccelli del cielo, non seminano né mietono, non hanno cantine né granai, eppure Dio li nutre”.
Quando Cristo ci dice: “Non abbiate paura!”, da cosa vuole liberarci?
Da tutte le nostre paure umane, le più naturali. Cristo ci conosce intimamente e nel Vangelo sono frequenti gli appelli alla pace del cuore. Gli apostoli in barca durante la tempesta avevano buoni motivi per tremare, tutte queste paure sono legittime, Gesù non rimprovera nulla, ma al contrario vuole tranquillizzarci, come una madre che dice al suo piccolo: “Non aver paura, sono qui”.
L’azione di Dio, come Cristo ce lo rivela, è un’azione rassicurante. Invitando l’uomo a non spaventarsi, il Signore si rivela come padrone degli eventi che ci minacciano, Egli è più potente di loro, Egli veglia. Non è un invito umano a dominare sé stessi solo con la propria volontà, ma un incitarci a fidarsi di Lui: questo è il combattimento del credente.
La cura per la paura è rimettersi nelle mani del Signore. San Giovanni Paolo II ha accolto questa ingiunzione in un altro contesto, quello delle paure delle nostre società: “Non abbiate paura degli altri, non abbiate paura di essere voi stessi. Siate liberi!”
Questa richiesta di Cristo è realistica? Possiamo esserne tranquillizzati?
Cristo non elimina la paura viscerale né la morte, ma le trasforma entrambe: ha vinto la morte, che è diventata la porta d’ingresso della vita eterna. Il martire ha certamente paura, ma ha fiducia in Dio. San Tommaso Moro, nelle sue lettere dal carcere alla figlia, parla molto della sua angoscia di fronte alla morte, ma quando arriva al patibolo, trova la forza di dire con umorismo al suo boia: “Vi ringrazio ora di fare il vostro dovere, perché dopo sarà difficile!”
Il santo non ha paura?
Gesù stesso, nella Sua agonia, ha avuto paura. Santi e martiri confidano nell’insegnamento del Signore: “Non temete nulla da chi uccide il corpo…” (Mt 10, 28). Il Vangelo è un grande libro di consolazione, lo vediamo nelle Parabole: se Dio è un maestro esigente, è anche consolatore.
Cosa dobbiamo legittimamente temere?
Tradire Dio, peccare, non essere fedeli ai propri impegni, questo è ciò che dobbiamo temere. Ci riferiamo a san Luigi, alle sue raccomandazioni al figlio sul letto di morte: “Guardatevi soprattutto dal peccato mortale”, quello che commettiamo sapendo che interrompe definitivamente il nostro rapporto con Dio se non chiediamo mai perdono. “Piuttosto, temete colui che può perdere l’anima e il corpo”, dice Matteo.
La paura del Tentatore è una sana paura che ci mantiene vigili. Dobbiamo essere vigilanti di fronte alle tentazioni, la più grande delle quali è l’orgoglio. Facciamo una netta distinzione tra prova e tentazione: il Diavolo vuole condurci al male e farci cadere, mentre Dio permette la prova per farci crescere, come gli esami che uno studente deve sostenere per poter passare all’anno successivo!
Contro un avversario spirituale bisogna usare le armi spirituali: farsi un segno della croce quando la lotta diventa troppo dura, affidarsi alla preghiera della Vergine Maria, recitare un rosario, fare una Via Crucis, privarsi di un inutile piacere, è mettersi sul giusto terreno del combattimento che dobbiamo affrontare.