Il digiuno ha molte virtù, anche se a volte viene visto come una pratica del passato.di padre Nicolas Buttet
Durante la Quaresima la Chiesa invita i cristiani a rinunciare al superfluo per meglio volgersi verso Dio. Privare sé stessi del cibo è sempre stato, nel corso dei secoli, il mezzo privilegiato di questo spirito di penitenza, tuttavia molti cristiani oggi rifiutano o abbandonano il digiuno e così si perdono un bel cammino luminoso verso una sempre più rinnovata conversione. Se pensate di non riuscire a reggere il digiuno durante la Quaresima, ecco nove motivi che vi faranno cambiare idea.
Il digiuno, un lifting per un’anima invecchiata dal peccato
All’inizio della Quaresima la liturgia della Chiesa ci sollecita chiaramente: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15). Anche se la conversione è prima di tutto opera dello Spirito Santo richiede comunque la nostra collaborazione. Chi diceva che una comunione ben fatta era meglio di tre settimane di pane e acqua è lo stesso che digiunava e vegliava senza sosta: il Santo Curato d’Ars! Tre mezzi sono tradizionalmente riconosciuti per darci la possibilità di collaborare a questo miracolo della conversione dei nostri cuori: la preghiera, l’elemosina e il digiuno (Mt 6, 1-18). A Lourdes come a Fatima Maria insisteva: “Penitenza! Penitenza! Penitenza!” Ecco una vecchia parola, polverosa e rugosa! Ma si potrebbe dire diversamente: fare il “lifting” per un’anima invecchiata dalla tiepidezza e dal peccato! Pregare, digiunare, fare l’elemosina sono infatti “purificazioni attive” dei sensi che si accompagnano alle “purificazioni passive” che consistono nel sopportare con pazienza e persino con gioia le prove e le difficoltà della vita quotidiana.
Il digiuno, un cammino verso la felicità
Digiunare è lasciare emergere una fame più profonda attraverso la privazione di un bene al quale siamo legati: la fame di Dio. Il peccato consiste nell’allontanarsi dal Creatore per volgersi verso una creatura diventata “idolo” e il digiuno ci permette di restituire il desiderio al suo impulso originario, cioè di restituirlo a Dio per amare Dio e la Creazione in Lui. “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati” (Mt 5, 6): la beatitudine di coloro che desiderano ardentemente mettersi al diapason con Dio per gustare la gioia della Sua presenza.
Il digiuno ci aiuta a metterci al diapason con Dio
È Cristo che ci dà il “la” chiedendoci di avere in noi gli stessi sentimenti che erano in Lui (Fil 2, 5-11). Questo progressivo aggiustamento è la conquista di un’autentica libertà di fronte alle schiavitù dello spirito del mondo, dell’egoismo e dell’amore possessivo. L’armonia deve essere realizzata nei diversi livelli relazionali della nostra esistenza. Così regoliamo la nostra relazione con Dio attraverso la preghiera, il nostro rapporto con gli altri, l’elemosina materiale ma anche spirituale, come istruire gli ignoranti, consigliare gli esitanti, consolare gli afflitti, correggere i peccatori, perdonare i trasgressori, sopportare le persone moleste, sorridere a tutti, pregare per tutti, nonché il nostro rapporto con noi stessi e con i beni materiali, attraverso il digiuno.
Il digiuno e la virtù della temperanza
Il digiuno è al servizio dell’acquisizione della virtù della temperanza, che assicura il controllo della volontà sugli istinti e libera così il legittimo piacere che procurano i beni materiali. Ma l’ascesi non è di per sé una virtù, in altre parole se è vero che non si diventa santi senza ascetismo, non è l’ascetismo che fa il santo. Essendo l’orgoglio sempre in agguato è importante che il digiuno sia accompagnato da atti di umiltà, di delicatezza e di carità.
Digiuno e condivisione
La liturgia del Mercoledì delle Ceneri specifica chiaramente lo scopo del digiuno che siamo invitati a vivere: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.” (Is 58, 6-8).
Il digiuno è quindi inseparabile dalla solidarietà con i più poveri, è un modo per entrare in una compassione più reale, in una comunione più carnale, con i nostri fratelli e sorelle, nell’umanità che soffre di malnutrizione e tanti altri che muoiono per il fatto di non essere amati. È fare nostro il programma di Gesù: “un cuore che vede” la miseria e lo “spinge” all’azione.
Digiunare per apprezzare la vita
Teresa d’Avila era con Giovanni della Croce in una delle loro case ed ecco che ricevono dell’uva magnifica. Giovanni della Croce esclamò: “Ah! quando si pensa alla giustizia divina, non la mangeremmo mai!” E Teresa d’Avila, afferrando con determinazione un grappolo d’uva, rispose: “E quando pensiamo alla Sua misericordia, ne mangeremmo sempre!”. Il digiuno non è il disprezzo per i beni di questo mondo e non è un alibi usato per nascondere una difficoltà in relazione al cibo, come ad esempio l’anoressia. “Tutto ciò che fate, sia che si tratti di mangiare, di bere o di qualsiasi altra azione, lo fate per la gloria di Dio”, ci ricorda San Paolo (1 Cor 10, 31). Ciò che conta in ultima analisi non è il digiuno o il cibo, ma “l’amore-agape”, l’intera ascesi è infatti calamitata dall’amore.
Il digiuno, un combattimento spirituale
Tuttavia, come diceva Benedetto XVI “il cristiano deve condurre una lotta come quella che Cristo ha condotto nel deserto della Giudea e poi nel Getsemani, quando ha respinto la tentazione estrema accettando la volontà del Padre fino alla fine. È una lotta spirituale, diretta contro il peccato e, in ultima analisi, contro Satana, in cui si usano le “armi” della preghiera, del digiuno e della penitenza e che richiede una vigilanza attenta e costante”.
Il digiuno, un atto rivoluzionario
San Giovanni Paolo II da parte sua ha insistito molto sulla necessità del digiuno nella nostra società dei consumi. Limitare i consumi è un atto veramente rivoluzionario, è proclamare il primato dell’essere sull’avere, professando che la felicità non è una questione di quantità, ma di qualità.
La notte in cui la luce irrompe
Se la Chiesa continua ad insistere sull’importanza del digiuno nel nostro percorso di “combattenti” dell’amore, non dimentica la gratuità della grazia. Alla fine della Quaresima, nella notte di Pasqua, si manifesta pienamente nella sovrabbondanza della misericordia, nell’effusione della carità: “Voi che avete digiunato e voi che siete stati negligenti, onorate questo giorno. Voi che avete mantenuto l’astinenza e voi che non avete digiunato, gioite oggi! Ricevete la ricompensa, i primi come i secondi; ricchi e poveri, festeggiate insieme! Il vitello grasso è servito. Che nessuno soffra la fame. Che tutti partecipino al banchetto della fede e ricevano tutte le ricchezze della misericordia” (San Giovanni Crisostomo). Anche se facciamo sforzi e desideriamo ardentemente collaborare alla nostra conversione, non riponiamo la nostra fede nelle nostre pratiche ma in Gesù Cristo che ci ha amati e ha dato Sé stesso per noi.