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Si possono dare lezioni al prossimo senza passare per fariseo?

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Edifa - pubblicato il 21/02/20

"Se tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo;" (Mt 18, 15). Come possiamo seguire questo insegnamento del Vangelo senza offendere il nostro prossimo o essere trattati da farisei?

di Alain Bandelier

Nessuno desidera essere un fariseo! Pensano di essere migliori degli altri, non hanno misericordia per i peccatori, sono incapaci di adattarsi ai cambiamenti della società, e dietro il loro moralismo nascondono probabilmente una rimozione morbosa o una scandalosa complicità con l’ingiustizia. Ma come possiamo mettere in discussione alcuni comportamenti di chi ci circonda senza essere trattati da farisei?

“Non giudicare”, sì, ma…

Il paradosso è che nella storia dell’ebraismo la reazione farisaica è stata salutare: un ritorno alla purezza della Torah in un’epoca in cui il paganesimo greco estendeva il suo potere politico e culturale sul Medio Oriente, una resistenza al controllo dei discendenti dei Maccabei sul Tempio quando non erano di stirpe sacerdotale. I farisei erano decisamente contrari a questi compromessi, “separati” (questo è probabilmente il significato della parola). La loro influenza è stata grande, soprattutto tra la gente di condizioni modeste. Il loro assiduo studio della Bibbia dava loro autorità morale e religiosa, fino a stabilirsi nel Sinedrio come “Dottori della legge”. Ai tempi di Gesù, essi erano i più zelanti del popolo, zelo di cui l’apostolo Paolo testimonia quando parla della sua giovinezza (Fil 3, 6). Ma la controparte di questo zelo era l’indurimento del cuore: l’orgoglio spirituale, il primato dell’osservanza esteriore sulla conversione interiore, il disprezzo per “questa folla che non sa nulla della Legge, è maledetta” (Gv 7, 49), e infine il rifiuto della novità del Vangelo: quindi non vogliamo cadere nel farisaismo. Ma rischiamo di cadere nella trappola opposta, cioè il relativismo, vale a dire tollerare tutto, proibire il minimo giudizio, lasciar dire, lasciar fare. Poi, per un inaspettato rovesciamento, la buona coscienza cambia schieramento! Ci si può destreggiare con una moralità a geometria variabile, fare una religione a proprio uso e consumo, per poi giudicare dall’alto coloro che sono determinati a difendere “i loro princìpi” o “i princìpi della Chiesa”, perché si considera per principio che Dio stesso non ha princìpi! Saremmo persino convinti di essere dalla parte del Vangelo: Gesù non ci ha forse dato l’esempio della misericordia? Non ha forse detto: “Non giudicare” (Mt 7, 1) ?

Osare dire la verità senza ferire nessuno

Misericordia per tutti, sì, senza dubbio, ma non per tutto, non giudicate vostro fratello, sì, ma anche rimproveratelo se pecca (Mt 18, 15). La misericordia di Gesù non è complicità, ama il peggiore dei peccatori, ma odia il peccato: noi dimentichiamo un po’ in fretta la violenza con cui Egli ha cacciato i mercanti dal Tempio (Gv 2, 13-16), e le sue temibili minacce a proposito dello scandalo non sono quasi mai ricordate (Lc 17, 1). Bisogna essere liberali, tolleranti, aperti? Questi‘nuovi valori’ possono nascondere un neo-moralismo che reprime qualsiasi domanda. Ci vuole molto equilibrio per osare mettere in questo meccanismo il granello di sabbia della verità e un po’ di coraggio per non schierarsi dalla parte della tiepidezza come del silenzio di fronte a un’ evoluzione inaccettabile della morale e delle leggi.

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