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Il perfezionismo vi uccide? Imparate a lasciarvi andare

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Edifa - pubblicato il 14/02/20
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Il perfezionismo, pur essendo uno strumento molto efficace per il successo, può rovinare la vita di chi attribuisce ad esso un valore troppo alto. Ecco alcuni consigli da seguire se il vostro desiderio di perfezione rovina la vostra quotidianità e quella di chi vi circonda. di Stéphanie Combe

I cristiani sono chiamati alla perfezione (Mt 5,48) nella povertà e nell’abbandono. Ma a volte il desiderio di perfezione può avvelenare la vita di una persona ed infatti il dubbio, l’ossessione per i dettagli e la paura di sbagliare possono allontanare dall’essenziale. Il medico psichiatra Frédéric Fanget ci dà dei semplici consigli da mettere in pratica nella vita quotidiana per essere dei perfezionisti felici.

Che cos’è il perfezionismo?
Una voce interiore che dice: “sempre meglio”, “sempre di più”, “un po’ di più”, è il motore che stimola, aiuta a perseverare e ad avere successo, ma può diventare tirannico se non viene limitato e causare uno stress dannoso, o una certa “paralisi”. Il perfezionismo crea degli “inabili al piacere”. La persona, sotto una pressione costante, non assapora i successi essendo già rivolta verso un obiettivo più ambizioso. L’errore la terrorizza e la conduce ad un’eccessiva meticolosità che, sprecando molto tempo nei dettagli, fa perdere il senso delle priorità.

Il perfezionismo è spesso una cattiva risposta all’ansia, la persona “colpita” è vittima del “sì, ma” permanente. Sembra difficile accettare che abbia fatto o che gli sia successo qualcosa di buono, subito mette in mezzo un “ma”, che porta alla consueta litania dei suoi errori o fallimenti. Una delle mie pazienti è arrivata a contare di aver detto “ma” fino a trentasette volte al giorno! L’ho incoraggiata a fermarsi al “sì” per gustare l’emozione positiva che provava quando parlava bene di sé, senza denigrarsi o minimizzare il suo successo. È questo “ma” che divora l’autostima e induce il perfezionista a fare ancora di più. Deve imparare ad accontentarsi del bene, del “sì”, senza insistere fino alla perfezione.

Il perfezionismo minaccia tutti?
Il perfezionismo riguarda sia le donne che gli uomini, soprattutto nel campo professionale. Il desiderio di compiacere il proprio superiore, di salire di grado, di guadagnare più soldi, può creare uno stress duraturo che può causare insonnia e irritabilità in famiglia. A volte può trasformarsi in burn-out e, diversamente, quando la performance ha la precedenza sul piacere e sul relax, può manifestarsi anche nelle attività del tempo libero, soprattutto nello sport.

In una persona ci sono tre fattori che favoriscono, spesso fin dall’infanzia, la comparsa del perfezionismo e che corrispondono a tre tipi di personalità. Il primo tipo sono coloro che pensano (a volte a torto) che ci si aspetti da loro un risultato. Il secondo sono quelli che agiscono per imitazione, quando uno dei genitori è perfezionista. Il terzo è il bambino protettivo nei confronti dei genitori, che in caso di difficoltà coniugali o familiari, si sforza di apparire buono per non aggravare i problemi.

Ma nel contesto famigliare, tutti i fratelli sono perfezionisti?
Al contesto famigliare si aggiungono i fattori sociali che, senza crearlo, inducono al perfezionismo. La scuola, nel ripetere “si può fare di meglio”, genera perfezionismo. Anche i nostri tempi incoraggiano a non commettere errori: la società esige un corpo, una sessualità e un lavoro perfetti, dove un solo errore non può essere perdonato, tutti devono avere successo personalmente e professionalmente. Si è più o meno sensibili a queste pressioni a seconda della propria personalità, educazione e storia.

Quindi siamo contro gli studenti che studiano e fanno bene i compiti?
C’è un buon perfezionismo ed uno cattivo, quello buono è finalizzato ad uno scopo. Immaginate un chirurgo che opera “ad occhio” o un pilota di aereo che non conosce bene gli strumenti di volo! Il buon perfezionismo è costruttivo: mi ha permesso di riuscire in medicina, ripassando le lezioni, classificandoli, conoscendoli a memoria.” Ma se avessi continuato nella vita quotidiana a ripassare la mia posta o le mie fatture nello stesso modo, sarei caduto in un atteggiamento patologico. Questo è la chiave per discernere: adattare il proprio perfezionismo a ciò che si vuol fare.

Ma il perfezionista sa esattamente chi è e cosa vuole?
No, e questo è il dramma. Correndo dietro a un’idea di perfezione, non è più sé stesso, si separa dalla realtà, dai suoi desideri, dai suoi bisogni, e finisce per non esserne più consapevole, così da inibire i suoi sentimenti e nascondere le sue preoccupazioni, i suoi limiti. Il recupero del proprio essere più autentico richiede la consapevolezza che si ha il diritto di essere stanchi, di cattivo umore, stressati, di mostrare la propria debolezza e di chiedere aiuto.

Come comportarsi di fronte ad un bambino perfezionista che si da degli standard troppo elevati?
Chiedetegli di nominare delle persone che gli piacciono e che non sono perfette. Fategli notare che a volte gli errori lo aiutano a sperimentare, più che i successi. Non farne un dramma quando commette un errore e dimostrategli che può essere una fonte di progresso. Date al bambino mezzi per ottenere risultati piuttosto che chiedere il risultato stesso. Quando prende un buon voto, aiutatelo a capire che sarebbe stato sufficiente rileggere gli appunti tre volte anziché dieci. L’importante è che esca dall’idea di dover essere “perfetto al 100%”, dimostrandogli che non per questo diventerà una nullità. Metto anche in guardia contro le attività del tempo libero che hanno come requisito essenziale la performance. La danza, il pianoforte, il judo devono rimanere un modo per rilassarsi e non per trasformarsi in una gara al diploma.

Come si può diventare meno esigenti?
La capacità di mettere da parte se stessi è ottima per i perfezionisti perché, anche se sono molto esigenti con se stessi, non si aspettano altrettanto dagli altri.

Ci vuole tempo per abbandonare l’eccesso di perfezionismo?
Sì, si fa poco a poco. Dopo aver elencato tutti gli ambiti in cui si pratica il perfezionismo, la persona può scegliere quello dove abbasserà maggiormente le sue richieste. Attenzione però : sarebbe irrealistico non essere più affatto perfezionisti! Abbassare i propri standard è un primo colpo alla radice del perfezionismo ed è già una vittoria, così la persona sarà più rilassata, più soddisfatta di sé e più fiduciosa. Un’ultima trappola che dobbiamo cercare di evitare è il “perfezionismo terapeutico”. Un quarto del progresso necessario, compiuto in sei mesi o un anno, è più che sufficiente.

Accettare se stessi con i propri limiti rende la vita più leggera?
Nel voler avere successo in tutto, il perfezionista manca dell’essenziale. Per rendere il mio paziente consapevole di questo, gli faccio scrivere tutte le sue attività della settimana, poi gli chiedo : se domani morisse, cosa rimpiangerebbe di non aver fatto e quali sono i suoi obiettivi nella vita? Spesso risponde: prendersi cura del coniuge, dei figli, ecc. Poi gli chiedo quanto tempo ha dedicato questa settimana a queste priorità, e così si accorge di non aver fatto nulla di ciò che gli sta veramente a cuore. Il perfezionista si occupa di cose noiose, quindi non ha più tempo per i suoi veri obiettivi e passa accanto alla sua vita, alcune persone provano un vero e proprio shock quando se ne rendono conto. Tenere bene in mente i propri obiettivi e impegnarsi nell’essenziale: questa è una buona risoluzione da prendere!