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E se questa virtù orientasse le nostre preghiere?

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© Olena Yakobchuk

Edifa - pubblicato il 04/02/20

Cosa possiamo chiedere legittimamente nelle nostre preghiere? Cosa possiamo fare perché non siano strumentali alla nostra avidità? Per imparare a incanalare i nostri desideri, ricorriamo alla virtù della temperanza.

di padre Guillaume de Menthière

Secondo una certa etimologia latina (precaria, precarius, preghiera), pregare è esporre a Dio la nostra precarietà: “Signore, colui che ami è malato” (Gv 11, 3), è dire con il salmista: “Signore, ogni mio desiderio è davanti a Te” (Salmo 37, 10). Certo, i desideri degli uomini sono contrastanti e confusi, eppure sia che si esprimano ad alta voce o mormorando umilmente, raggiungono Dio. La Scrittura lo afferma: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (Salmo 34, 7). Ogni lamentela del povero e chiunque sia il destinatario, è preghiera.

In Memorie d’oltretomba, Chateaubriand racconta un passaggio della sua adolescenza, quando aveva abbandonato ogni pratica religiosa e la fede stessa sembrava averlo abbandonato. “Comunque”, scrive, “pregavo poiché soffrivo e la sofferenza prega”. “Se tutti i desideri dell’uomo nella preghiera arrivano fino a Dio, è anche vero che non tutti sono legittimi: “Chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni”, dice San Giacomo (4, 3). Per la virtù cardinale della temperanza, orientiamo, purifichiamo e controlliamo i nostri desideri.

La temperanza orienta correttamente la nostra preghiera

È molto difficile sapere cosa chiedere, perché lo è anche sapere cosa è veramente buono per noi o per gli altri. Chi ci insegnerà a discernere tra i desideri colpevoli che più o meno segretamente nutriamo e le legittime aspettative che abbiamo dentro di noi? Controllando le nostre passioni terrene, la temperanza orienta nella giusta direzione la nostra preghiera, infatti pregare non significa piegare Dio ai nostri desideri o far cambiare idea a Dio, Dio è immutabile: non c’è in Lui “… variazione né ombra di cambiamento.” (Giacomo 1, 17). Lo scopo della nostra preghiera non è quello di cambiare il piano di Dio, ma di ottenere ciò che Egli ha deciso di donarci per mezzo di questa preghiera.

Spesso proponiamo questa immagine: chi prega sembra un uomo su una barca. La sua preghiera è come una corda che si lancia per raggiungere uno scoglio; Dio è quello scoglio, l’uomo tira la corda attaccata alla roccia. In realtà, cosa succede? È l’uomo sulla barca che si muove, non la roccia. Quindi la nostra preghiera non cambia Dio, ma ci cambia, ci porta più vicini a Dio, così veniamo trasformati dalle nostre preghiere di richiesta, proprio come l’uomo sulla barca si avvicina allo scoglio mentre tira la corda.

Il Padre Nostro, la scuola del desiderio

La preghiera non ha lo scopo di parlare a Dio dei nostri desideri, ma di essere istruiti da Lui. Non dovremmo avere la pretesa di far conoscere ciò di cui abbiamo bisogno al Padre celeste, Egli infatti lo sa molto meglio di noi: “Il Padre vostro sa di cosa avete bisogno prima che Glielo chiediate”, dice Gesù (Mt 6, 8). D’altra parte, ripetendo il Padre Nostro, orientiamo di nuovo la nostra vita nella direzione di ciò che è legittimamente desiderabile, ci concentriamo sull’essenziale e ci rendiamo consapevoli dell’immensa bontà di Dio che ci concede ciò che Gli chiediamo.

Lo diceva già Sant’Agostino: “Se preghiamo in modo corretto e appropriato, non possiamo dire altro che quello che è contenuto nella preghiera del Signore” ed allo stesso modo, nella breve preghiera del Padre Nostro è racchiuso tutto ciò che possiamo legittimamente desiderare e tutto ciò che ci è concesso di sperare. Ecco perché il Padre Nostro è la preghiera perfetta verso la quale dobbiamo tendere come ad un modello, ma anche, in un certo senso, il tutore di ogni preghiera che indirizza e rettifica tutte le nostre richieste. “La nostra preghiera deve essere retta”, scrive San Tommaso d’Aquino, “cioè deve farci chiedere a Dio i beni che ci convengono. “La rettitudine della nostra preghiera è legata a quella della nostra fede e della nostra vita: lex orandi, lex credendi, lex vivendi (il modo di pregare, di credere e di vivere corrispondono)!

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