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Sapete che la crisi di mezza età può portare alla santità?

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© Potstock

Edifa - pubblicato il 30/01/20

La crisi di mezza età (o dei cinquant’anni) è temuta da molti. Tuttavia può essere un'occasione per vivere " una seconda conversione", che porta ad uno sviluppo della preghiera ed in particolare di quella contemplativa.

Intervista di Cyril Lepeigneux

Non ci sono segni evidenti dell’ingresso in questo periodo di transizione. Succede lentamente o all’improvviso, tra i 35 e i 50 anni o a volte a 55 anni per gli uomini. La crisi spesso inizia con un sentimento di insoddisfazione: abbiamo dedicato così tanto tempo a tanti progetti e ora, all’improvviso, sperimentiamo una sorta di vuoto interiore. Misuriamo quindi il divario tra i nostri desideri giovanili e le realizzazioni concrete della nostra vita da adulti. A volte ci rendiamo conto che abbiamo inseguito un sogno che non era proprio il nostro e al contempo abbiamo represso gran parte della nostra personalità.

Questa crisi è un buon momento per mettersi in discussione. Dopo anni di intensa attività, ci rivolgiamo al nostro mondo interiore: “Cosa ho fatto della mia vita? Ho fatto delle scelte sbagliate? Chi sono io veramente al di fuori del mio ruolo, della mia professione, del mio status sociale? In quale direzione devo dirigere la mia vita? Tutto ciò che è stato dimenticato per anni sta venendo a galla, così anche per quanto riguarda la fede, ci vediamo così come siamo: fragili, vulnerabili e peccatori. Secondo padre André Daigneault del Québec, nella vita questa crisi a volte può essere una prova, ma si può anche rivelare come un’opportunità per la via della santità.

La crisi di mezza età non è forse una semplice depressione?

Per Padre André Daigneault la crisi, anche se può portare ad aspetti depressivi, si colloca ad un altro livello : non si tratta né di una depressione ordinaria né di un “burn out” (deterioramento del rapporto con il lavoro). Infatti, quando una persona nel bel mezzo dell’esistenza pensa che la propria vita sia ben ordinata è proprio in quel momento che si manifestano, senza alcuna causa apparentemente percepibile, la sensazione di vuoto, l’ansia diffusa e lo stato di tensione interiore. Quando si verifica la crisi di mezza età, essa ci introduce alla ridefinizione del sé che è il compito essenziale dell’essere adulti nel percorso che porta verso la maturità umana e spirituale.

Per evitare il dolore possiamo fuggire?

Ogni persona che sia sposata o celibe, sacerdote, religioso regolare o secolare, attraversa questo periodo più o meno difficile. Potrebbe essere che si manifesti tutto ciò che non è stato affrontato nel periodo dell’adolescenza e che sia il momento di risolverlo. Infatti, alcuni autori chiamano questa crisi “seconda adolescenza”. Come in quell’età difficile, ci si rende conto che non si può più tollerare l’idealizzazione della propria immagine all’interno della famiglia e per la prima volta nella vita si osa essere se stessi, anche rischiando di perdere parte della stima di chi ci è vicino e che di solito non comprende questo cambiamento di atteggiamento.

È una crisi di fede?

Per i cristiani, questa crisi può essere l’occasione per vivere quella che molti autori chiamano anche “la seconda conversione”. Infatti, potrebbe essere il momento di attraversare la “notte dello spirito” che può portare ad un progresso della preghiera verso l’orazione contemplativa. Alcuni dicono che in questo momento della vita dobbiamo riscoprire le nostre radici spirituali e riconciliarci con la fede della nostra infanzia, magari rifiutata a causa di una visione sbagliata del volto di Dio o di una fede immatura o erroneamente adulta?

Carl Jung conferma che: “Di tutti i miei pazienti che hanno passato la metà della loro vita, cioè oltre i 35 anni, non ce n’è uno il cui problema fondamentale non sia quello di come porsi rispetto alla religione”. Sì, tutti alla fine soffrono per aver perso ciò che le religioni viventi hanno sempre dato ai loro fedeli e nessuno è veramente guarito finché non riacquista la sua attitudine verso la sfera del religioso.

In che modo questa crisi può essere un’opportunità per la persona?

La personalità raggiunge la sua maturità solo dopo i 40 anni. Spesso in questo contesto la crisi di mezza età è un’occasione per riconciliarsi con se stessi. È il momento di passare dal “fare” all’ “essere”. È un momento in cui l’adulto deve riesaminare la sua vita e far emergere le sue aspirazioni più profonde. In generale, dopo questa prova, diventiamo più misericordiosi con gli altri e con noi stessi. È come un nuovo inizio, una rinascita ed è allora che riacquistiamo il nostro cuore di bambino, diventando uomini e donne maturi.

Se non siamo fuggiti ed abbiamo accettato di entrare nelle nostre ferite, dopo questa crisi avverrà un cambiamento : cadrà la maschera e diventeremo veramente noi stessi, come si è e non come ci siamo immaginati di essere.

Questa crisi è quindi un viaggio necessario e promettente, ma è anche molto dolorosa per chi la vive. Cosa si può fare per chi ci è vicino?

Si può essere semplicemente una presenza rassicurante, forte e comprensiva. Bisogna stare attenti a non dare consigli frettolosi o soluzioni facili per uscire dalla prova, ma cercare di portare la persona con delicatezza alla ferita dolorosa dell’anima e del cuore. Di fatto, in quel momento della vita, si ha bisogno di sentirsi accettati per quello che si è senza essere giudicati dalla persona a cui si confida ciò che ci spaventa e che ci sembra così difficile da accettare. È frequente la tentazione di rifugiarsi dietro una maschera e di indurirsi, pur di non affrontare le inquietudini di questo periodo della vita. Oppure ci si lancia in ogni sorta di attività frenetica senza rendersi conto che stiamo cercando di fuggire. Karl Stern, psicoanalista ebreo convertito al cattolicesimo, aveva osservato che l’uomo irrequieto, dinamico con un energia senza fine, frettoloso e che non si ferma mai è spesso abitato da un’ansia generata da un tumulto interiore che nasce proprio dal suo rifiuto di affrontare la sua fragilità interiore. Questa crisi di mezz’età può permettergli di lasciare la sua immagine idealizzata e la sua ‘parte’ per ritrovarsi pienamente nella sua debolezza umana.

Si deve lottare da soli o farsi aiutare da un prete o da uno psicologo?

Tutto dipende dalla profondità della crisi e dalle sue ripercussioni nella nostra vita quotidiana. Alcuni di noi affrontano questo periodo con una certa calma, mentre altri sono scossi e lo vivono come se la diga eretta dalla paura di deludere gli altri e la paura di se stessi crollasse improvvisamente. Per queste persone, il panico può prendere il sopravvento, alimentato da vecchi traumi che sono tornati in superficie. Allo stesso tempo, come dicevo, questo periodo può essere l’occasione di una “notte spirituale” che ci porta oltre la soglia e rendere la nostra vita interiore più profonda e vera. Possiamo quindi ricorrere a un sacerdote capace, un uomo di fede che ha esperienza della vita spirituale e delle sue crisi. Ma se il disturbo è troppo forte e la persona sta addirittura lottando per mantenere il proprio dovere nella quotidianità, allora non si dovrebbe esitare a rivolgersi a un buono psicologo.

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