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Due idee sbagliate che i bambini si fanno su Dio

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DeeMPhotography | Shutterstock

Edifa - pubblicato il 25/01/20

Dio non è né un mago né un castigatore. Come possiamo aiutare i nostri figli a scoprirLo così com'è, cioè un Padre pieno d’Amore?

di Christine Ponsard

I nostri figli possono farsi molte idee sbagliate su Dio, o perché ci fraintendono o perché usiamo delle formule sbagliate o maldestre che possono indurre in errore. Tra questi errori, possiamo indicarne due abbastanza comuni: “Dio = mago”; “Dio = castigatore”.

Dio non è un mago

I bambini pensano che, dato che Dio è Onnipotente, possono chiederGli qualsiasi cosa, rivolgendosi a Lui come ad una sorta di distributore automatico di miracoli e di prodigi. “Se Dio non mi da esattamente ciò che chiedo nel momento in cui lo chiedo, non va bene. Non capisco: questo significa che Dio non mi vuole bene, o che non è Onnipotente… o che non esiste”. Questo errore deriva dalla distorsione di una doppia verità: “Dio è Onnipotente e posso chiederGli tutto”. È vero: Dio può tutto, assolutamente, e non c’è un ambito in cui la Sua Onnipotenza non possa esercitarsi. Dio è più forte del male, qualunque esso sia. È Lui il Creatore e il Maestro di ogni cosa, in un istante potrebbe ridurre a nulla tutto ciò che esiste o trasformarlo radicalmente. Potrebbe benissimo realizzare ogni giorno dei prodigi che farebbero la prima pagina di tutti i giornali. “Posso chiederGli tutto”, anche questo è vero.




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È importante non censurare le preghiere dei bambini. Se vogliono parlare a Dio della loro prossima partita di calcio o del giocattolo dei loro sogni, non impediamoglielo, ma insegniamo loro a capire che non ci si rivolge a Dio come ad un distributore di soluzioni miracolose perché Dio è molto più di questo. Dio non obbedisce ai nostri ordini, fa molto meglio: ci ama. Ascolta sempre le nostre preghiere e le esaudisce, ma non sempre come ce lo immaginiamo noi perché Lui vede oltre le nostre richieste iniziali. Attraverso ciò che Gli chiediamo, Egli guarda ciò che desideriamo veramente, cioè la nostra felicità e può accadere che la soddisfazione immediata di un desiderio non vada nella direzione della nostra felicità. Quando Dio non sembra rispondere alle nostre preghiere, è perché vuole darci di meglio e di più di ciò che Gli abbiamo chiesto. Guardiamo anche alla nostra vita: anche se non vediamo tutto dei progetti di Dio per noi, possiamo ripensare a molte situazioni in cui il Signore sembrava non esaudirci… per poi risponderci meglio un po’ più tardi.

Dio non è un castigatore

Dio non è un mago. Non è nemmeno un distributore di punizioni. I bambini pensano così quando si sentono dire, dopo un fallimento o davanti ad una prova: “Vedi, sei cattivo, il Signore ti ha punito”. Non bisogna mai dire una cosa simile ad un bambino. Dirgli così significherebbe farlo sentire colpevole ogni volta che incontrerà una sofferenza. Certo, Dio è giusto. Non è affatto indifferente se agiamo bene o male. È vero anche che il peccato è la causa della sofferenza, del fallimento e dell’infelicità. Ma misteriosamente, la sfortuna colpisce anche dei bambini innocenti e la nostra parte di sofferenza non è in alcun modo proporzionale al peso dei nostri peccati.

Guardiamo Gesù sulla croce: Lui, l’innocenza stessa, mentre subisce delle pene e la morte. Ci insegna a sopportare e a offrire le nostre sofferenze per i peccati del mondo. È l’uomo che ha introdotto il male, tentato da Satana, non è Dio. Il Signore ci vuole pienamente felici e ci ha creato per questo. Dio si è fatto uomo, ed è morto e risorto affinché la sofferenza possa servire a combattere il peccato, a vincere sul male. Dio ci permette di soffrire come Lui stesso ha sofferto affinché collaboriamo alla Sua opera di Redenzione. Ma non ci manda delle prove per punirci, in una sorta di strano “dare e prendere”.

Al nostro peccato, Dio risponde con il perdono, lasciandoci totalmente liberi di accettare o rifiutare questo perdono. Non ci impone nulla, nemmeno il Suo amore e la Sua misericordia. L’uomo che rifiuta questo amore e questa misericordia non può che essere infinitamente (ed eternamente) infelice: è lui stesso che si punisce, voltando le spalle a Colui che può veramente renderlo felice.


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