La solitudine è difficile a volte da vivere, ma può essere anche fonte di grande ricchezza… Tuttavia dobbiamo imparare a non temerla. di Christine Ponsard
Ognuno di noi può ritrovarsi da solo ad un certo punto della vita. Questa solitudine può farsi sentire più fortemente in alcune circostanze, come per esempio dopo le vacanze, dopo aver trascorso del tempo con molti familiari e amici, o quando ci ritroviamo per la prima volta lontani dalla famiglia. Tutti noi viviamo dei momenti di solitudine e i bambini non fanno eccezione: possono risentirla la sera, se per esempio non condividono la camera con i fratelli, e diventano allora un po’ riluttanti ad andare a letto perché temono il momento in cui si ritroveranno da soli senza nessuno accanto. Tuttavia questo passo è necessario, così come tutte le altre esperienze di solitudine, a condizione che siano progressive e adattate a ciascuno, secondo l’età e il temperamento.
I benefici della solitudine
Sui muri di un convento c’era scritto: “Troppa solitudine uccide, un po’ di solitudine fa vivere”. Se da una parte è indispensabile che il bambino impari a rimanere da solo, è anche terribile per lui trovare ogni giorno una casa vuota di ritorno da scuola e stare lì per lunghe ore con solo il computer a tenergli compagnia.
La solitudine può essere domata progressivamente, infatti se inizialmente può sembrare faticosa da vivere, può rivelarsi anche molto benefica. Ciascuno di noi ha bisogno di solitudine, in misura diversa (e anche se ci spaventa), perché la nostra vita interiore non può svilupparsi senza una certa quantità di solitudine e di silenzio.
Inoltre se non sviluppiamo la nostra vita interiore e continuiamo a vivere superficialmente, non potremo mai essere pienamente noi stessi e comunicare in profondità con gli altri: avremo solamente dei dialoghi superficiali. Un minimo di solitudine è quindi indispensabile se vogliamo raccoglierci e fare silenzio e se desideriamo raggiungere la serena profondità dell’anima, dove abita Dio e dove possiamo trovarlo instancabilmente, se vi risiediamo anche noi.
C’è solitudine e solitudine
Terribile è la solitudine della persona isolata che non ha nessuno con cui parlare e che soffre di non essere amato. Orgogliosa quella dell’asociale, ripiegato nella sua torre d’avorio, lontano dagli altri che disprezza. Vana quella riempita di baccano.
Ma infinitamente feconda è la solitudine dell’“eremita” che si trova da solo con l’Unico: dalla signora anziana che riempie le sue giornate di preghiere, al ricercatore o all’artista che si tiene in disparte per realizzare ciò che porta in sé… La solitudine non è quindi buona o cattiva di per sé, ciò che importa è cosa ne facciamo.
Come domare la solitudine?
Per domare la solitudine, bisogna innanzitutto frequentarla, non possiamo domare ciò che fuggiamo. È un circolo vizioso: colui che ha paura della solitudine fa di tutto per non ritrovarsi mai da solo e più respinge la solitudine, più la teme.
La nostra solitudine per amarla deve essere riempita delle nostre ricchezze interiori, ma per diventare consapevoli di queste ricchezze, dobbiamo ritrovarci da soli. È saltando in acqua che impariamo a nuotare ed è vivendo una certa solitudine che impariamo a cavarcela.
Facciamo in modo che le vite dei nostri figli abbiano dei momenti “vuoti” senza occupazioni, televisione o amici, anche se sembrano annoiarsi o perdere del tempo sognando. Altrimenti, abituati a correre da un’attività all’altra, rischieranno di temere per sempre la solitudine e di non poterla mai scoprire come loro grande amica.