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I bebè “hanno diritto” di andare a messa? 

MOM,BABY,MASS

Catholic Diocese of Saginaw | CC BY-ND 2.0

Edifa - pubblicato il 11/11/19

Anche se sembra un po' complicato da gestire, è possibile assistere ad una messa con il proprio bebè, senza danni né rumori.

di padre Alain Bandelier

Quando tutta la famiglia vuole andare a messa, con bambini grandi e piccoli, è sicuramente un bel desiderio e una bella testimonianza. Sta a manifestare che Dio è al centro di quella famiglia e che la parrocchia è una grande famiglia. Questo è sempre vero, anche quando le circostanze portano gli uni e gli altri a partecipare alla messa in tempi e luoghi diversi. In una comunità cristiana, ognuno è un dono di Dio per gli altri: se i bambini devono ricevere dagli adulti, anche i “grandi” possono ricevere in cambio qualcosa dai più “piccoli”. Non è ciò che Gesù ha lasciato intendere ai suoi seri apostoli, quando disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me” (Mc 10,14)?

Non siamo tutti dei bambini davanti al Signore? 

Personalmente sono felice che ci siano dei bambini nelle nostre assemblee. Non sono scioccato se passeggiano tranquillamente nella chiesa e cantano “Alleluia” dopo tutti gli altri, anzi. Un giorno in una chiesa, dopo la comunione, mentre ero seduto e presiedevo la messa, una bambina ha attraversato tranquillamente la metà della navata ed è venuta a sedersi piamente vicino a me. Ed ho pensato: non siamo tutti dei bambini davanti al Signore?

Inchiodare i più piccoli alle loro sedie e imporre loro di fare silenzio assoluto non è il modo migliore per ottenere la calma. Ovviamente, questo presuppone anche un po’ di benevolenza da parte degli altri parrocchiani. Mi rattrista quando delle giovani coppie mi descrivono gli sguardi corrucciati e i sospiri amari delle persone sedute accanto a loro quando i loro figli iniziano ad agitarsi. Sembra che queste persone preferirebbero che la loro parrocchia fosse frequentata solo da anziani!

Tuttavia bisogna essere realisti: c’è un’età intermedia tra la nascita e la scuola materna in cui i bambini possono essere difficilmente gestibili. In questo caso non bisogna insistere, altrimenti il tempo della celebrazione diventerà per i genitori uno sforzo di costante immaginazione per tenerli occupati, senza più potersi dedicare al Signore. Inoltre, si potrà percepire la tensione generale degli altri parrocchiani e ad un certo punto ci ritroveremo a dover attraversare la chiesa con un bambino urlante nelle braccia e con la vergogna di apparire agli occhi dell’assemblea come un genitore indegno o incapace.

Il vero problema è… l’omelia!

Sento la preoccupazione nei genitori che mi chiedono: “Ma è grave non portarlo a messa?” Certo, l’incontro domenicale con il Signore che riunisce e nutre il suo Popolo è importante, ma è un obbligo in senso stretto solo per coloro che hanno raggiunto l’età della ragione e che hanno compiuto i sette anni di età. Se il vostro bambino è in un periodo in cui potrebbe disturbare, è meglio lasciarlo a casa, o affidarlo ad un parente, un’amica o una vicina di casa, aspettando giorni migliori per tutti.

In alcune parrocchie dei genitori organizzano l’accoglienza dei bambini più piccoli in una sala parrocchiale o in sagrestia. Ogni domenica si danno il cambio e si rendono il servizio a vicenda. Se l’età dei bambini lo permette, si può organizzare un momento di preghiera, cantare oppure raccontare una storia su Gesù, mentre per i più grandi si può proporre un’iniziazione alla Santa Messa, la liturgia della Parola o una paraliturgia.

In fin dei conti, ciò che può essere davvero problematico è l’omelia che, si rivolge agli adulti e che a volte può durare un po’ troppo a lungo. Personalmente in quanto parroco ho preferito lavorare su questo punto: alla messa più frequentata dai bambini e dalle famiglie l’omelia è diventata un dialogo con i più piccoli e la liturgia semplice e gioiosa. Anche gli adulti hanno apprezzato!

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