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Sacerdote italiano espulso per aver criticato la detenzione del vescovo Álvarez

NICARAGUA

Diocesis de Matagalpa

Francisco Vêneto - pubblicato il 21/02/23

Nel frattempo il presule, condannato a 26 anni di carcere, è stato privato della cittadinanza ed è isolato in una cella di massima sicurezza

Il sacerdote italiano padre Cosimo Damiano Muratori è stato espulso dal Nicaragua per aver preso le difese del vescovo Rolando Álvarez nell’omelia di domenica 12 febbraio. Il presbitero ha affermato che la condanna del vescovo di Matagalpa a 26 anni e 4 mesi di carcere è un “fatto storico”.

Secondo il portale localeArticulo66, durante l’omelia, nel santuario francescano di El Tepeyac a Jinotega, p. Cosimo ha affermato riferendosi al vescovo:

“Era nella lista di quelli che dovevano andare negli Stati Uniti, è andato? Perché non c’è andato? Perché non ha voluto! Alla fine, 222 persone hanno preso l’aereo, ma una no. Monsignor Álvarez aveva ragione? Per me è un vero uomo di carattere. Vogliono arrestarmi? Mi arrestino”.

Queste parole sono bastate a far sì che il Ministero dell’Inerno, in una nota stampa, dicesse che il sacerdote italiano “è intervenuto in modo offensivo su questioni che riguardano solo i Nicaraguensi”. Funzionari governativi hanno bussato alla sua porta e gli hanno ordinato di presentarsi il giorno dopo alla Direzione Generale Migrazione e Stranieri (DGME) nella capitale Managua, e non c’è voluto molto perché venisse comunicata l’espulsione.

Il regime accusa il sacerdote anche di aver commesso abusi sessuali in Italia e di essere ricercato dall’Interpol per questo presunto crimine. SecondoArticulo66, però, sul sito dell’Interpol non risultano informazioni al riguardo.

P. Cosimo Muratori viveva e lavorava da decenni in Nicaragua. Nel 2021, quando la persecuzione anticattolica si stava intensificando nel Paese, ha visto il suo permesso di soggiorno revocato dal DGME. Da allora doveva rinnovarlo ogni 90 giorni.

Cella di massima sicurezza

Nel frattempo, monsignor Álvarez è stato rinchiuso in una cella di massima sicurezza. Il regime di Daniel Ortega e di sua moglie nonché vice-Presidente, Rosario Murillo, minaccia i sacerdoti impedendo loro perfino di citare il presule nelle loro omelie.

Dopo aver rifiutato di essere deportato insieme ad altri 222 prigionieri politici, condotti negli Stati Uniti il 9 febbraio, monsignor Álvarez ha visto anticipato il suo processo, finendo per essere condannato sommariamente a 26 anni di carcere.

Secondo quanto riferito dai media, monsignor Álvarez si è fermato alla scaletta dell’aereo e ha detto: “Liberate gli altri. Sopporterò il loro castigo”.

In un discorso pronunciato confermando la deportazione dei 222 prigionieri politici, lo stesso Ortega ha affermato che il vescovo nicaraguense era stato portato al presidio La Modelo, dov’è stata condotta la maggioranza dei prigionieri politici che si oppongono alla dittatura.

La stampa nicaraguense ha pubblicato che il vescovo è isolato nella cella di massima sicurezza numero 300, nota anche come “infiernillo” (“piccolo inferno”). Fonti legate alla Chiesa hanno riferito al Despacho 505, un portale indipendente locale, che “persone del centro penitenziario hanno dichiarato che è stato portato lì ed è confinato nella cella numero 300, completamente isolato”. Secondo la stessa fonte, il vescovo viene tenuto in isolamento per impedire i contatti con gli altri prigionieri politici.

Tra le punizioni per i presunti “crimini” di cui si sarebbe macchiato – tra cui “diffusione di notizie false”, “cospirazione” e “mancanza di rispetto nei confronti delle autorità” -, il vescovo è stato anche privato della nazionalità nicaraguense.

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