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Un peccato può non essere un crimine? È quanto ha detto Papa Francesco circa l’omosessualità

Pape François

Handout / VATICAN MEDIA / AFP

Catholic Link - pubblicato il 05/02/23

di Silvana Ramos

Su vari media cattolici e non, le dichiarazioni di Papa Francesco in un’intervista all’Associated Press hanno suscitato controversie. Il Pontefice ha affrontato vari temi importanti, tra cui la criminalizzazione dell’omosessualità. Un tema sensibile, ancor più nel contesto del sinodo tedesco.

Sulle reti sociali si è detto molto al riguardo. Alcuni media hanno estrapolato dal contesto le parole del Papa. “Essere omosessuali non è un crimine. Non è un crimine, ma è un peccato” è la frase controversa, che il Pontefice ha presto chiarito.

Distinguere crimine e peccato

Non è raro che i termini vengano mescolati. Ci sono poi peccati che in alcune circostanze sono anche crimini. “Non uccidere”, pur essendo un crimine, ha delle attenuanti, come la legittima difesa.

Cos’ha detto il Papa sul crimine e il peccato in un’intervista che precede il sinodo 2023? Francesco ha affermato che l’omosessualità non è un crimine. Ciò vuol dire che una tendenza di per sé non definisce gli atti di una persona. In questa affermazione vedo la preoccupazione del Papa per il fatto di guardare – e insegnare a guardare – prima la persona e poi le sue azioni. Già in un’intervista precedente, il Papa aveva detto che essere omosessuali “non è crimine”, ma “una condizione umana”.

Un crimine implica l’infrazione della legge, della legislazione di una società, di un Paese. Ha come conseguenza una sanzione o una pena legale conforme ad essa. Una tendenza che si vive nell’intimità di una persona non è un crimine.

Il peccato, per definizione, è una rottura, un rifiuto non solo della legge di Dio, ma di Dio stesso. È un’opzione, con conoscenza, libera, volontaria e intenzionale.

Il peccato è anche un crimine?

In questo senso, potremmo dire che un peccato potrebbe essere un crimine contro la legge di Dio, ma questa legge non è “fatta”, per così dire, solo per sanzionare. La Legge di Dio esiste per avvicinarci a Lui, a quella bontà infinita che spesso rifiutiamo, per renderci persone migliori e un prossimo migliore l’uno per l’altro.

È per questo che il grado di responsabilità all’interno del peccato considera anche, oltre che la materia, la libertà e l’intenzione con cui si commette il peccato.

“Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Questa frase racchiude un magistero enorme su questo tema. La gravità del peccato dipenderà dalla conoscenza che, con la crescita spirituale e la profondità della relazione con Dio che coltiviamo, acquisiamo come conseguenza dei nostri atti.

Il peccato ha sempre delle conseguenze, in primo luogo su se stessi. Più si è coscienti del senso della legge di Dio, che è una legge per insegnarci ad amare sempre più e meglio, maggiore è la gravità del peccato commesso. Da ciò deriva lo scandalo degli abusi all’interno della Chiesa.

La morale universale della Chiesa

In questo contesto che precede il sinodo 2023, quando il Papa dice che essere omosessuali non è un crimine, si riferisce al fatto che l’attrazione verso lo stesso sesso di per sé non costituisce – o non dovrebbe costituire – un crimine punibile nella legislazione dei Paesi.

Neanche all’interno della Chiesa cattolica. Già dal Concilio Vaticano II, in numerosi documenti (compreso il Catechismo), la Chiesa distingue le tendenze omosessuali dagli atti omosessuali.

Questi ultimi, come qualsiasi altro atto sessuale al di fuori del matrimonio, sono considerati peccato. In questo senso, la legge è la stessa per eterosessuali e omosessuali.

La virtù della castità è una conquista che si fa man mano che si comprende la profondità della natura sessuata umana e il suo senso nella creazione divina. È una virtù bellissima, ma non semplice da conquistare. Come tutte le cose belle, costa.

Oserei dire che costa di più per le persone che hanno una tendenza omosessuale, e per questo la Chiesa esorta ad accoglierle e a sostenerle con un’amicizia disinteressata che permetta loro di avvicinarsi sempre più a Dio (ancora una volta, la legge universale).

La castità non dovrebbe essere vista come un’imposizione, ma come una splendida meta a cui giungere innanzitutto con l’aiuto di Dio, ma anche con quello del prossimo. Il tema è ampio, e un articolo non basta a esaurirlo.

Quello che va capito è che prima di giudicare bisogna accogliere. Prima di condannare, bisogna annunciare. Prima di rifiutare, bisogna soprattutto amare, e nella misura in cui amiamo Dio, amare il prossimo sarà inevitabile.

A proposito… preghiamo per i frutti del prossimo Sinodo!

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link

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