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Nesrina Barakat: dall’islam alla fede cattolica nel segno di San Charbel

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Nesrina Barakat

Amen / Youtube

Emiliano Fumaneri - pubblicato il 03/02/23

La forte testimonianza di un giovane donna musulmana convertita al cattolicesimo grazie a due incontri provvidenziali: con un prete e con un santo. Una conversione appassionata che ne ha fatto una innamorata di Cristo, disposta a seguirlo malgrado gli insulti e le minacce sui social.

«Sono perduta, aiutami». Sono le parole che una giovane donna pronuncia ai piedi della statua di Charbel Makhluf, il santo maronita patrono del Libano. È il 2018: siamo a Parigi, nella cattedrale di Notre-Dame du Liban, Nostra Signora del Libano, dedicata alla Vergine Maria invocata come protettrice e regina del Libano.

La ragazza che implora l’aiuto di San Charbel, noto anche come il «padre Pio libanese», si chiama Nesrina Barakat. Ha 22 anni, è figlia di uno sciita libanese e di una sunnita algerino-marocchina. E anche lei, fatto non indifferente, ha abbracciato da qualche anno la fede del Profeta.

A differenza di tante altre ragazze della sua età, Nesrina ha potuto scegliere in totale libertà che strada seguire. È cresciuta infatti in una famiglia di musulmani tolleranti. I genitori di Nesrina sono di cultura musulmana, ma non praticano l’Islam. E hanno sempre assecondato ogni sua scelta in campo religioso. Con questa libertà Nesrina legge il Corano e si decide. A 17 anni aderisce così alla pratica dell’Islam: comincia a recitare le preghiere canoniche del fedele musulmano, a non cibarsi di carne di maiale, osserva il Ramadan. Inizia anche a portare il velo, indice di serietà nella pratica religiosa.

Nesrina è nata in Francia, a Lille, la città del nord a pochi chilometri dal confine col Belgio. Ma ama alla follia il Libano, il Paese di suo padre. Dal 2016, racconta in una intervista sul canale YouTube di Famille Chrétienne, comincia a recarsi con regolarità nella terra dei cedri, attirata dalla sua storia, dalla sua cultura. Del Libano ama tutto, anche la presenza delle sue differenti comunità religiose. Come si sa il Libano, unico Paese arabo a non essere totalmente musulmano, ha 18 confessioni religiose.

Lì troverà la maggior parte dei suoi amici, per metà musulmani e per metà cristiani. Conosce anche la chiesa maronita, che discende appunto dal monaco siriaco Marone (IV secolo), e di conseguenza anche la figura di San Charbel, che la affascina.

Il primo contatto con Cristo

Qualche tempo dopo Nesrina si trova a Parigi per uno stage di un paio di mesi. La sua curiosità la spinge proprio a Notre-Dame du Liban, dove incontra il sacerdote che sarebbe diventato il suo padre spirituale.

Il prete non le parla di Cristo, cosa che lì per lì le apparirà strana. Fa ben di più: agisce da cristiano accogliendo senza riserve quella ragazza col velo che ama tanto il Libano. Con lui Nesrina parla della sua famiglia, della sua vita, anche del Libano naturalmente. Se ne va dopo due ore di colloquio. Con sé porta due cose che l’hanno colpita: la benevolenza con cui è stata accolta, senza sentirsi in alcun modo giudicata per la sua fede musulmana, ma anche la luce che emanava dal volto del sacerdote.

I due rimangono in contatto: lui le manda dei messaggi per augurarle buone feste durante le ricorrenze musulmane, lei fa altrettanto con le feste tipiche del rito maronita.

In preghiera ai piedi di san Charbel

Arriva la fine del 2017: Nesrina è nel pieno di quella che potremmo chiamare una crisi esistenziale. Va tutto male: in famiglia, con lo studio. Ma soprattutto dubita di Dio. Decide così di tornare a Parigi, nella parrocchia di Nostra Signora del Libano.

Con un’andata e ritorno da Lille arriva nella capitale, ed eccola ai piedi della statua del santo maronita, Charbel Makhluf. A lui chiede aiuto. Si sente perduta. «Ascolta – gli dice -: non sono più musulmana, non sono nemmeno cristiana, non sono niente di niente. Non credo più in Dio, ma in te continuo a credere». Nemmeno lei sa bene il perché: «Ma so che tu mi aiuterai», dice rivolgendosi ancora al santo maronita.

Un Dio in agguato (e ben poco schizzinoso)

Qualcuno potrebbe sorridere – se non storcere il naso – al pensiero di una ragazza musulmana tentata dall’ateismo, che consegna i suoi dubbi di fede a un santo venerato dai cattolici (ma anche dai musulmani, che accorrono per pregare san Charbel, e si hanno notizie pure di fedeli di Allah tra i miracolati dal «Padre Pio libanese»).

Eppure il Dio cristiano sembra avere gusti meno difficili di quelli che dicono di credere in lui.

Viene alla mente un episodio raccontato da Rosanna Brichetti Messori sui coniugi Flusser. Mi riferisco a David Flusser, il professore ebreo e celebre studioso della figura di Gesù intervistato da Vittorio Messori. Dopo un dibattito a Gerusalemme, Flusser confidò a Messori di essere andato in pellegrinaggio a Mariazell, il famoso santuario mariano dell’Austria celebre per le tante grazie di maternità concesse dalla Madre di Gesù. La moglie di FLusser infatti, sopravvissuta a criminali esperimenti medici dei campi di concentramento nazisti, non riusciva a rimanere incinta. I due sposi allora giocarono l’ultima carta e, seppure ebrei, andarono in pellegrinaggio in quel luogo mariano. Ebbene: la loro richiesta fu esaudita e così ebbero il loro unico figlio. Davanti alla naturale sorpresa di Messori, Flusser rispose: «Maria è pur sempre un’ebrea e dunque non può non aiutare gente del suo popolo, che a lei si rivolge con fiducia».

San Charbel, la croce luminosa, un velo un bianco

Alla luce di questo fatto allora forse stupirà meno quanto accaduto a Nesrina. Tornata a casa da Parigi e da Notre-Dame du Liban, qualche mese dopo la giovane musulmana fa un sogno: è san Charbel che, accompagnato da una grande croce luminosa, le pone un leggerissimo velo bianco sopra il capo. Quel sogno per Nesrina è la risposta alla sua preghiera. «È in quel momento che ho compreso e deciso di convertirmi», spiega la giovane donna.

Di lì a poco accederà al catecumenato e il 23 febbraio 2019, cinque mesi dopo la conversione, riceverà il battesimo. Dove? Ma naturalmente a Notre-Dame du Liban, per mano di quel sacerdote che tanto l’aveva colpita e che sarebbe diventato il suo padre spirituale.

Adesso Nesrina Barakat – che nel frattempo ha completato i suoi studi ed è diventata una grafica – ha 27 anni e ha fondato “Islam au Christ”, una associazione che si propone di aiutare i musulmani che desiderano convertirsi al cattolicesimo, attiva anche sui social. È proprio lì, confessa, che riceve le critiche più pesanti, minacce comprese, da parte di fedeli dell’Islam. Lei però non ha paura né si vergogna di annunciare il Vangelo. E ricorda la parola di Cristo nelle Beatitudini: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5, 11).

Nulla è cambiato invece in famiglia, dove la sua scelta è stata accolta. Anche gli amici, perlopiù libanesi come dicevamo, non hanno criticato la sua scelta di fede.

L’amore che fa la differenza

Nei video si vedrà che Nesrina porta ancora il velo. Alla cristiana, però, non più alla musulmana: per lei è un segno di pudore e della trascendenza di Dio, oltre che della sua conversione. Ma anche segno del nuovo cammino che ha iniziato. Aver messo Dio al centro della sua vita ha cambiato davvero ogni prospettiva e Nesrina ha sentito maturare in sé la chiamata ad abbracciare la vita religiosa. Tra non molto, racconta, dovrebbe cominciare il suo postulato in convento.

Cos’è che ha trovato nel cristianesimo e non nell’islam? Lo spiega lei stessa: «È l’amore di Dio: il fatto che Dio sia venuto sulla terra e che abbia vissuto come noi, che abbia vissuto sulla terra. Che sia nato e anche che sia morto sulla croce per noi, e perché è risuscitato».

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