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Il martire che ha gettato semi di cristianesimo nella Repubblica Democratica del Congo

BLESSED ISADORE BAKANJA

Public Domain

Philip Kosloski - pubblicato il 01/02/23

Il cristianesimo nella Repubblica Democratica del Congo è stato sostenuto dalla testimonianza del beato Isidore Bakanaja

Se il cristianesimo ha affondato le sue radici nella Repubblica Democratica del Congo nel 1491, ci sono voluti molti secoli perché iniziasse a diffondersi e a fare presa in questa zona dell’Africa.

La RDC ha visto molti missionari nel corso degli anni, ma quando uno di questi è stato martirizzato, il cristianesimo ha cominciato a crescere ancor di più.

Isidore Bakanja era nato nel 1887 a Bokendela, nel Congo Belga, ed era stato evangelizato dai missionari trappisti belgi, ricevendo il sacramento del Battesimo a 18 anni. Era un giovane onesto e mite che aderiva fedelmente a tutto ciò che i missionari gli dicevano. Portava sempre con sé un rosario, e sotto gli abiti indossava la “Veste di Maria”, lo scapolare marrone.

Bakanja era zelante nella sua fede, e la condivideva con chiunque volesse ascoltarlo. Non era un catechista ufficiale, ma questo non fermava il suo desiderio di diffondere il Vangelo a tutto il creato.

Alla fine lasciò il suo villaggio e si trasferì in una città più grande, in cui c’erano più cattolici. Bakanja cercò lavoro in una compagnia belga, e scoprì rapidamente che i Belgi odiavano il cattolicesimo quanto disprezzavano il popolo africano. Chiese il permesso di tornare a casa, ma gli venne immediatamente rifiutato.

Uno degli agenti, in particolare, non apprezzava il fatto che Bakanja cercasse sempre di predicare ai compagni di lavoro. Diceva: “Avrai tutto il villaggio che prega e nessuno vorrà lavorare”. L’agente chiese che Bakanja gettasse via il suo scapolare, e quando questi non volle farlo lo frustò.

L’agente lo fustigò due volte, e durante la seconda usò una frusta con dei chiodi alla fine. Bakanja ricevette più di 100 colpi, che lo lasciarono quasi morto. Visto che doveva arrivare un ispettore, tuttavia, l’agente lo mandò via. Riusciva a malapena a camminiare, e si nascose sul ciglio della strada finché vide l’ispettore.

Pieno di orrore, quest’ultimo scrisse in seguito quello a cui aveva assistito quel giorno: “Ho visto un uomo uscire dalla foresta con la schiena lacerata da ferite profonde, infette, maleodoranti, coperto di sporcizia, assalito dalle mosche”. L’ispettore aveva evitato che l’agente uccidesse Bakanja, ma era troppo tardi.

Sopravvisse per altri sei mesi ma in totale agonia, pregando ogni giorno e offrendo la sua sofferenza a Dio. Disse ai missionari che giunsero a impartirgli l’estrema unzione che aveva già perdonato il suo aguzzino, promettendo preghiere per la sua anima. “Pregherò sicuramente per lui. Quando sarò in cielo, pregherò molto per lui”.

Morì il 15 agosto 1909 con un rosario tra le mani e indossando lo scapolare marrone. Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato il 24 aprile 1994, e secondo Vatican News il cattolicesimo è cresciuto nel secolo scorso nella RDC:

“Malgrado l’instabilità politica nel Paese, la Chiesa cattolica congolese continua ad essere una delle più vitali dell’Africa. Questo è testimoniato da numero crescente di cattolici, circa il 33% della popolazione (per il 90% cristiana), elevata partecipazione ecclesiale anche da parte dei giovani, vocazioni che fioriscono, attivismo laico e presenza diffusa nella società e sui media”.

La testimonianza ispiratrice del beato Isidore Bakanja continua ad essere un grande esempio di santità nella RDC.

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