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Perché accendiamo le candele alla Candelora?

Lumiere Bougie Mains
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Lucia Graziano - pubblicato il 31/01/23
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E qual è la storia di questa festa dai tanti nomi - “Candelora”, “Purificazione della Beata Vergine Maria”, “Presentazione di Gesù al Tempio”?

Anche quest’anno si avvicina il 2 febbraio e la Chiesa si prepara a festeggiare la Candelora, una delle ricorrenze più antiche e più amate della cristianità. Ma quali sono, in effetti, le origini di questa festa, e quali sono le motivazioni dietro la particolarissima usanza di distribuire candele benedette, in occasione della ricorrenza che (non a caso) porta il loro nome, nel linguaggio colloquiale?

L’antica festa di Hypapante, nella Gerusalemme dei primi secoli

Tutto inizia con Egeria: quella che, col sorriso sulle labbra, mi verrebbe da definire la più antica travelblogger della Storia Cristiana. Questa donna, forse di origine spagnola, ebbe modo di visitare la Terra Santa in un pellegrinaggio devozionale che la impegnò per sei mesi, dal dicembre 383 al giugno 2384. Con diligenza, Egeria appuntò su un quaderno di viaggio tutte le sue impressioni: questo testo, oggi noto come Peregrinatio Aetheriae, è una delle più preziose fonti in nostro possesso per conoscere la vita religiosa della Gerusalemme dei primi secoli. E infatti, tra le pagine del suo diario di viaggio, Eteria ci descrive anche i festeggiamenti cui aveva preso parte nel corso della festa che veniva celebrata quaranta giorni dopo il Natale: insomma, quella che oggi chiameremmo “Candelora”. Ai suoi tempi, però, la si chiamava festa di Hypapante, ovverosia festa dell’Incontro: ovviamente, il nome richiamava all’incontro tra il Bambinello e il vecchio Samuele descritto da Lc 2, 22-35 e verificatosi in occasione della Presentazione al Tempio di Gesù Bambino.

Stando a quanto Egeria racconta nel suo diario, in occasione di quella festa si svolgeva a Gerusalemme una solenne processione che si snodava dalla Basilica del Santo Sepolcro a quella della Resurrezione; la pellegrina non fa riferimento a candele benedette o lucerne illuminate, che però cominciano a essere citate da altri testimoni, a partire dal V secolo: entro quella data, i fedeli che si univano alla processione reggevano dei lumicini accesi, presumibilmente in omaggio alle parole di Simeone che, sciogliendosi in lacrime davanti a Gesù Bambino, lo definì «luce per illuminare le genti».

Entro la seconda metà del VII secolo, la festa di Hypapante aveva già attraversato il Mediterraneo e aveva cominciato a essere festeggiata anche a Roma, da lì diffondendosi pian piano in tutta Europa. Ma se le processioni che si tenevano in questa festa prevedevano ormai l’uso di lumi e di lucerne, è invece molto più tarda la consuetudine di distribuire ai fedeli candeli benedette da portare a casa al termine della cerimonia: l’usanza sembrerebbe esser nata in Germania, dove è attestata già nel X secolo; a Roma la tradizione si impose solamente due secoli più tardi e da lì, pian piano, si irraggiò in tutto l’Occidente.

Perché benediciamo le candele alle Candelora?

Negli ultimi tempi, par quasi che vi sia una gara a trovare origini pagane per ogni festa sul calendario liturgico, come se ogni singola ricorrenza cattolica debba necessariamente esser nata come cristianizzazione di festività preesistenti. Neanche la Candelora sfugge a questa moda, e infatti vengono avanzate varie ipotesi circa le sue origini: secondo alcuni, per esempio, la benedizione delle candele sarebbe stata istituita da papa Gelasio verso la fine del V secolo per soppiantare l’antica festa dei Lupercali, pagana ma ciò nonostante ricordata con affetto dai cittadini di Roma. È certamente vero che papa Gelasio spese parole dure nei confronti dei Lupercali, lamentando di come anche i cristiani continuassero a festeggiarli. Ma l’usanza di distribuire al popolo candele benedette risale a cinque secoli più avanti (né, del resto, si capisce per quale ragione il pontefice avrebbe dovuto lanciare questa moda per soppiantare la memoria di una ricorrenza che nulla aveva a che fare con la luce).

Nel Medioevo, papa Innocenzo III ritenne di poter attribuire la genesi della benedizione delle candele a un non meglio precisato pontefice dei primi secoli, il quale avrebbe avuto l’intuizione di indirizzare alla Vergine una usanza pagana originariamente rivolta alla dea Cerere: a quanto pare, i Romani accendevano in suo onore delle piccole fiaccole in memoria del pellegrinaggio notturno che la dea aveva intrapreso alla ricerca di sua figlia Proserpina. L’ipotesi è suggestiva, ma purtroppo non verosimile: in realtà, non risulta che i Romani fossero soliti festeggiare la dea Cerere in questo periodo dell’anno.

In epoche molto più recenti, i gruppi spirituali afferenti al neopaganesimo hanno visto nella Candelora una cristianizzazione della antica festa celtica di Imbolc, con cui i druidi anglosassoni celebravano la fine dell’inverno (effettivamente accendendo falò luminosi). È sicuramente vero che la ricorrenza cristiana finì col soppiantare la festa pagana che veniva celebrata negli stessi giorni, ma è altrettanto vero che la tradizione di festeggiare la presentazione di Gesù al Tempio si sviluppò nella Gerusalemme dei primi secoli, e cioè in un luogo in cui la maggior parte della popolazione non aveva mai sentito nominare la parola “druido” in vita sua. Certamente la Candelora si sovrappose alla memoria delle antiche usanze precristiane d’oltremanica, ma lo fece solo quando cominciò a diffondersi in Inghilterra: molti secoli dopo la sua nascita.

La Storia insegna che, in molti casi, la realtà è molto più banale di quanto sembrerebbe a prima vista: semplicemente, la Candelora si sviluppò a partire da un episodio evangelico collocato con precisione a quaranta giorni dal Natale, nel quale – come già s’è detto – Gesù veniva paragonato a una «luce». E allora quale modo migliore per festeggiarlo, se non inondando di luce la propria chiesa grazie alla fiammella di mille candele accese?

A partire dal VII secolo, molte omelie furono dedicate alla simbologia delle candele che venivano accese il 2 febbraio. Sant’Anselmo d’Aosta, vide in loro un richiamo alla natura del Redentore: la cera simboleggiava la sua carne, umana e terrena; lo stoppino che le si celava dentro era la sua anima pura; la luce che brillava splendente era simbolo inconfondibile della sua divinità. Sant’Ivo di Chartes, invece, riteneva che la cera vergine dei lumi si prestasse molto bene a ricordare ai fedeli la purezza della semprevergine Maria; e in effetti, per lunghi secoli, la Candelora fu vissuta dalla popolazione come una festa fortemente mariana.

Dalla “Purificazione della Beata Vergine Maria” alla “Presentazione di Gesù al Tempio”: una festa a due facce

Quella che, nella Gerusalemme dei primi secoli, era nota come festa di Hypapante, prese il nome di festa della Purificazione della Beata Vergine Maria solamente nella Francia dell’VIII secolo. La nuova terminologia (fra l’altro, molto più comprensibile rispetto a quell’oscuro nome in lingua straniera di cui nessuno conosceva il significato) si affermò rapidamente in tutta Europa; e così, la ricorrenza del 2 febbraio cominciò a essere percepita come una delle grandi feste che commemoravano la maternità di Maria.

Si è detto spesso, e a buon diritto, che la Candelora promosse fra i cristiani la preziosa consuetudine di permettere alle neo-mamme di riposare quanto più possibile per i quaranta giorni dopo il parto (e cioè, il lasso di tempo che Maria fece passare prima di presentarsi al Tempio come prescritto dalla Legge): e ciò, grazie a uno stuolo di sorelle, amiche e vicine di casa che si indaffaravano attorno alla puerpera facendosi carico delle incombenze domestiche. Forse meno nota è la circostanza per cui, in molte zone del nord Europa, la Candelora fu spesso vissuta come una sorta di “festa della mamma” ante litteram, di cui beneficavano anche le donne che avevano già figli grandicelli: in quel giorno, sarebbero stati il marito o gli altri membri della famiglia a pensare alle faccende domestiche, per donare alla madre un giorno di relax.

Ma oggi la festa del 2 febbraio non commemora più la “Purificazione della Beata Vergine Maria”: la riforma del calendario liturgico del 1969 l’ha trasformata nella “festa della Presentazione di Gesù al Tempio”, operando così un ritorno alle origini a quella antica festa di Hypapante che si concentrava sull’incontro tra Gesù e Samuele, più che sulla purificazione sulla Vergine in sé e per sé. Ed è molto bello (qualcuno direbbe forse “provvidenziale”) che la Storia plurisecolare abbia saputo mostrarci ora l’uno e ora l’altro aspetto di questa festa: la vita di fede ne esce arricchita, con duplici spunti di riflessione.