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I 3 miracoli di Leopoldo Mandic che lo hanno reso santo 

SAINT LEOPOLD MANDIC
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 28/01/23
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«Sto male, sto male, muoio!». A quel punto, alla signora non restò altro che esclamare: «Signore, sia fatta la tua volontà»

Così la scienza ha dovuto alzare bandiera bianca di fronte ai tre miracoli compiuti per intercessione di san Leopoldo Mandic. Si tratta di guarigioni inspiegabili avvenute dopo aver invocato il frate cappuccino. Se ne parla nel libro “Leopoldo Mandić - Il fraticello che voleva tutti in Paradiso” (edizioni Ares) di Pina Baglioni.

Il primo miracolo

Il primo miracolo risaliva al settembre del 1946: la signorina Elsa Raimondi, nata a Cavazza di Lusia in provincia di Rovigo il 30 giugno 1922, fu operata di appendicite ed ernia inguinale il 6 gennaio 1944. Due anni dopo, febbricitante e assalita dai dolori, venne sottoposta ad un altro intervento. Stavolta si trattava di una grave forma di peritonite tubercolare, e venne rimandata a casa con prognosi infausta. Il parroco del paese le parlò di padre Leopoldo e la esortò a pregarlo.

san leopoldo mandic

La novena a san Leopoldo

Il 30 luglio la ragazza cominciò a recitare la novena al cappuccino, pregandolo di intercedere presso la Madonna del Pilastrello del vicino santuario a Lendinara. Al termine della novena, la Raimondi affermò di aver visto Leopoldo il quale, alla domanda se sarebbe guarita il 12 settembre – giornata del malato, nell’ambito degli annuali festeggiamenti del santuario – rispose: «Sì, sì, sì».

“Non ho più male”

La ragazza, con il male che aumentava, fu trasportata il 12 settembre al santuario. Ma il medico la fece riportare subito a casa, temendo per la sua vita. Verso sera, sentì una voce che le ordinava con insistenza di scendere dal letto. E lei ubbidì, dicendo ai familiari: «Non ho più male, non ho più male: sono guarita! Avete visto, padre Leopoldo...».

Inginocchiata davanti al tabernacolo

Elsa si precipitò in chiesa, seguita da una specie di corteo di paesani che volevano vedere cosa sarebbe successo. La miracolata pregò a lungo inginocchiata davanti al tabernacolo e poi se ne tornò a casa a piedi. In segno di riconoscenza consacrò la sua vita ad assistere gli orfanelli, raccolti nella «Piccola Casa di padre Leopoldo» a Rovigo.

LEOPOLD MANDIC

Il secondo miracolo

Dopo una vita sana e laboriosa, a Paolo Castelli, nato il 2 marzo 1902 a Pagnano di Merate in provincia di Lecco, crollò il mondo addosso: la mattina di domenica 4 marzo 1962, tornato da messa, fu assalito da forti dolori al ventre. Ricoverato immediatamente all’ospedale di Merate, gli venne diagnosticata una perforazione gastrica e fu operato d’urgenza.

La morte non era arrivata 

Ma nel corso dell’intervento, i chirurghi riscontrarono una trombosi con esteso infarto dell’intestino tenue. L’intervento venne sospeso perché non c’era più nulla da fare e la sera stessa il parroco gli amministrò l’unzione degli infermi. Contro ogni previsione, la morte per Paolo non era arrivata. La moglie, da tempo devota di padre Leopoldo, aveva appuntato una medaglietta del servo di Dio sulla maglia del marito. E nel corso dell’operazione, si era ritirata in cappella a pregare e continuò a pregare nei giorni successivi, sicura di essere esaudita.

“Sto male, muoio”

A quattro giorni dall’intervento chirurgico, la donna si mise a recitare per il marito dodici Padre Nostro. Non li aveva ancora terminati, che suo marito si agitò urlando: «Sto male, sto male, muoio!». A quel punto, alla signora non restò altro che esclamare: «Signore, sia fatta la tua volontà». 

Clinicamente guarito

Nello stesso istante, il Castelli cominciò a gridare: «Sono guarito, sono guarito: non ho più niente!». Dopo aver passato una notte tranquilla, al mattino il medico lo trovò clinicamente guarito. Rimandato a casa, riprese in pieno la vita dei campi. Grazie ai due miracoli, papa Paolo VI proclamò Leopoldo Mandić beato il 2 maggio 1976. 

Il terzo miracolo

Nell’anno di grazia 1977 avvenne il miracolo che avrebbe innalzato san Leopoldo Mandic alla gloria degli altari. La destinataria fu Elisabetta Ponzolotto, nata a Ronchi di Ala in provincia di Trento il 20 agosto 1925, sposata con Beniamino Compostrini. I due sposi risiedevano a Marani Ala.

Influenza cardiopatica 

Il 15 marzo venne ricoverata all’ospedale di Ala per influenza cardiopatica. I medici diagnosticarono un’ischemia postembolica all’arto inferiore sinistro. Le continue cure non ebbero alcuna efficacia tanto da produrre un processo cancrenoso alle dita del piede sinistro.

L’amputazione della gamba

A mezzogiorno del 27 marzo, dopo un consulto, i medici decisero per l’amputazione della gamba per salvare la vita alla paziente. Elisabetta disse che, per motivi particolari, non avrebbe accettato l’intervento.

La deposizione ufficiale di Elisabetta 

Ecco la deposizione di Elisabetta Ponzolotto al processo: 

«Quando i medici mi dissero che, per salvarmi, dovevo sottopormi all’amputazione della gamba, risposi che per il momento non accettavo l’intervento, perché aspettavo una risposta di un mio confidente, e intendevo il beato padre Leopoldo. Intensificai la preghiera al beato, tenendo sempre la sua immagine con la reliquia sulla gamba dolorante. Mi affidai completamente a lui con la massima fiducia, anzi con la certezza di essere esaudita. Ripetevo continuamente: “Padre Leopoldo, aiutami, aiutami”. Egli mi esaudì. Ad un certo momento, mentre l’infermiera era uscita ed ero sola nella camera, seduta sul letto, appoggiata ai cuscini, vidi entrare un frate cappuccino, piccolo, con la barba bianca. Lo riconobbi subito. Era padre Leopoldo. Mi guardava e sorrideva. Fece il giro del letto, guardò la gamba e disse: “So che soffri molto e che dovrai sopportare tanto male, ma la gamba sarà salva”. Io risposi: “Tutto questo lo accetto volentieri, pur di avere salva la gamba”. Sorrise e, camminando lentamente uscì dalla porta. Scoppiai in lacrime. Il dolore alla gamba scomparve, sentii che si riscaldava e che potevo muoverla».

La decisione dei medici 

Così constatarono i medici che, nel consulto del giorno prima, avevano giudicato necessaria l’amputazione della gamba. La signora Ponzolotto ritornò a casa, riprendendo i lavori domestici senza che la gamba soffrisse più in alcun modo.

Chi ha esaminato i miracoli 

I tre miracoli di san Leopoldo Mandic furono esaminati rispettivamente dai Tribunali ecclesiastici di Padova, Milano e Trento, e vennero presentati a Roma alla Consulta medica pontificia che, per i singoli casi, giudicò la guarigione «immediata, perfetta, duratura, non spiegabile naturalmente». Il 2 maggio 1976 padre Leopoldo fu proclamato beato da papa Paolo VI e il 16 ottobre 1983 il futuro santo papa Giovanni Paolo II lo proclamò solennemente santo.