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La lettera di don Patriciello a chi dice che il Battesimo andrebbe vietato

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Josh Applegate | Unsplash CC0

Padre Maurizio Patriciello - pubblicato il 26/01/23

Padre Maurizio Patriciello risponde ad Alessandro Giacomini, il quale scrive su Micromega che il Battesimo viola i diritti dell'infanzia e perciò andrebbe vietato

Leggi e ti chiedi: « Dormo o son desto?» Su Micromega, Alessandro Giacomini, affronta il tema – per lui un problema – del battesimo dei bambini. A suo, discutibile, parere, il pedobattesimo andrebbe contro i diritti dell’infanzia. La sua è, quindi, una preoccupazione nobile. Noi siamo stati e sempre saremo dalla parte dei bambini. Stupisce, e non poco, però, dopo la diagnosi, la terapia proposta: una sorta di battesimo laico.

Il parere di Giacomini 

«L’italia – dice – permettendo il battesimo dei bambini viola l’articolo 3 della Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia… in quanto i neonati non sono ancora in grado di intendere e di volere o emettere un atto personale e cosciente e nella fattispecie sono obbligati a far parte di una associazione religiosa per tutta la vita». 

Che dire? Portando alle estreme conseguenze questo argomentare, Giacomini potrebbe andare a cozzare contro un muro. Il sottoscritto, battezzato da bambino contro la sua volontà, contro la sua stessa volontà fu concepito.

Potrebbe, inoltre, non essere contento di essere nato in provincia di Napoli, ultimo di cinque figli, tutti maschi, da genitori poveri che mai gli hanno potuto offrire una vacanza alle Hawai.

La risposta di don Patriciello 

Era adolescente quando dall’America arrivò in paese Roger. E prese a raccontargli della libertà di cui godeva, delle cose che faceva, delle ragazze che aveva. Morì d’ invidia: « Perché sono nato in Campania e non a New York?» La mamma tentava di consolarlo: « Non è tutto oro ciò che luccica. Anche in America hanno i loro problemi. Non vedi che Roger non vuole tornarsene più? Vuol dire che da noi si sta meglio…». Ma io avrei voluto nascere in America, anche se non luccica. 

Non parliamo della lingua. Sia chiaro, adoro la mia madre lingua italiana. Purtroppo, però, non mi permette di leggere in russo Tolstoj e Dostoevskij. Accade anche col tedesco, il cinese, l’arabi, il swahili. 

Pazienza, siamo limitati. Francuccio, mio fratello, si lamentava di essere il primo figlio perché gli toccava di andare con papà in campagna. Al contrario, io mi lamentavo di essere l’ultimo. 

Peppino, mio amico, soffriva perché figlio unico, io, a volte, invidiavo la sua condizione.

I miei vollero chiamarmi Maurizio. Non mi sono mai chiesto se mi piace o no. Maurizio sono io. 

I capelli di papà erano rossicci, quelli della mamma, nerissimi. Roba da matti, mi spuntò la barba bicolore. 

Poteva piacermi o meno, quella era la mia barba, quei due i miei genitori, e io – Maurizio- ero l’ultimo dei figli. 

Mi ha condizionato il modo di pensare della mia famiglia, le loro convinzioni e condizioni economiche, culturali, spirituali? Mi ha condizionato l’essere nato in provincia di Napoli dopo la Seconda guerra mondiale e non in Russia nel 1917? 

Certamente. E più di quanto creda. 

Non voglio entrare, non entro, nel discorso puramente religioso. 

Le cose stanno così. Per me, per te, per i figli della regina Elisabetta, per il presidente degli Stati Uniti, per il dottor Bianchi e il ragionier Fantozzi. 

“I miei genitori vollero per me il meglio e e perciò mi battezzarono”

I miei genitori vollero per me il meglio. E tra il meglio che potessero offrirmi ci fu il battesimo. 

Erano loro a dover decidere, non lo Stato, non il Re, non l’impiegato comunale. 

Fecero bene. Furono contenti. Anche nonna Chiarastella quel giorno gongolava cullandomi tra le braccia. 

Quelle poche gocce di acqua in testa non mi ferirono, non mi mutilarono. 

Era solo questione di fede. Ci credi? Si, è un conto. Non ci credi? È tutta un’altra storia. 

A me, oggi, decidere che cosa voglio fare di quello che per i Cattolici è un dono. Posso rinnegarlo? Certamente, chi me lo impedisce? Posso approfondirne il significato, o, semplicemente, ignorarlo.  

Riassumiamo. 

Da adulti decidiamo cosa fare del dono del Battesimo se ignorarlo o approfondirlo

Come non ho scelto di nascere, non ho scelto di nascere dai miei genitori, con questo Dna incollato addosso, non ho scelto nemmeno di essere battezzato

Il problema vero, che siamo obbligati ad accettare, è all’origine. 

Il fatto – prendere o lasciare – è che siamo nati prima di capire che cos’è la vita, senza che nessuno chiedesse il nostro parere. 

Ci siamo. Punto. 

E siamo terribilmente limitati nel tempo, nello spazio, nell’intelligenza, nella volontà.  

Abbiamo preso a succhiare la vita dalla vita della mamma senza che nessuno ce lo insegnasse. Chi mi ha messo al mondo, ha il diritto di volere per me il meglio secondo la sua visione della vita. 

I miei mi parlarono di Gesù, mi portarono in chiesa, m’inculcarono l’amore per Dio e per il prossimo. Mi insegnarono coi fatti che ai poveri non bisogna mai chiudere la porta in faccia, che i vecchi vanno accuditi e custoditi. 

E io non smetto di ringraziarli.

Sono nato perché loro – i miei genitori- hanno sempre creduto che la vita è sacra. In caso contrario sarei stato gettato nella fogna. 

Alla luce della mia ragione, dei miei studi, della mia fede, delle mie esperienze, devo dire che essi hanno avuto ragione da vendere. 

Nessuno può essere battezzato contro il parere dei genitori. Si può ragionare sul loro grado di consapevolezza, ma questo discorso ci porterebbe lontano. Siamo nella sfera della fede, nella quale a nessuno è permesso di ficcarci il naso. 

Il meglio che credettero di dare a me i miei genitori, facendomi battezzare, potrebbe non essere condiviso dal dottor Giacomini, allo stesso modo con cui posso non condividere il meglio che egli crede di dare ai suoi figli tenendoli lontani dalla fede cristiana. 

Ognuno è libero di scegliere quello che meglio gli aggrada. 

Ma non conviene chiedere all’Europa i lacci – abusivi e controproducenti – per impedire ai credenti di battezzare i figli. 

Casomai dovesse essere presa sul serio una tale considerazione, saremmo davvero arrivati alla frutta. Cordialità. Maurizio Patriciello.

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