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Le due chiese sopravvissute alle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki

Atomic bombing of Japan Hiroshima and Nagasaki

George R. Caron | Public Doman | Wikipedia

Philip Kosloski - pubblicato il 25/01/23

Le comunità di Gesuiti e Francescani sono state risparmiate dalla massima devastazione quando sono state sganciate le bombe atomiche sul Giappone

Il 6 agosto è la festa liturgica della Trasfigurazione di Cristo. Quel giorno, nel 1945, il volto trasfigurato di Dio, riflesso nei Suoi figli, è stato sfigurato con l’esplosione devastante della bomba atomica su Hiroshima (Giappone), che ha sterminato quasi 140.000 persone tra uomini, donne e bambini.

I Gesuiti a Hiroshima

Nella distruzione, però, ci sono stati anche dei miracoli. A quasi 4,5 chilometri dall’epicentro dell’esplosione, il noviziato gesuita Nagatsuka è rimasto in piedi.

I Gesuiti che vi abitavano sono passati alla storia come “Gli otto di Hiroshima”, e sono sopravvissuti all’esplosione che ha ucciso all’istante il 86% della popolazione in un raggio di otto isolati. Alcuni hanno vissuto fino a tarda età, ma molti sono stati colpiti dalle radiazioni e hanno avuto varie complicazioni a livello di salute.

Uno degli otto religiosi, p. Hubert Schiffer, aveva 30 anni quel 6 agosto 1945. Aveva celebrato la Santa Messa della festa della Trasfigurazione, e si era appena seduto per fare colazione quando, con le sue parole, “all’improvviso un’esplosione terrificante ha riempito l’aria con un tuono rombante. Una forza invisibile mi ha sollevato dalla sedia, mi ha gettato in aria, scosso, sbattuto e fatto girare come una foglia durante una raffica di vento autunnale”.

Il convento francescano di Nagasaki, la capitale giapponese del cattolicesimo

Il 9 agosto 1945 è stata sganciata un’altra bomba atomica, questa volta su Nagasaki, città nota come la capitale del cattolicesimo giapponese, visto che quasi i due terzi dei cattolici giapponesi vivevano lì. La città è stata devastata. Il convento francescano costruito da San Massimiliano Kolbe, però, è rimasto in piedi.

Il santo polacco, martirizzato nel campo di concentramento di Auschwitz durante la stessa guerra, aveva deciso di costruire il convento in un luogo per molti inadatto perché non era al centro della città. Nonostante le critiche, Massimiliano aveva insistito scegliendo quell’appezzamento di terreno situato dietro una montagna.

È stata quest’ultima a proteggere il convento quando la bomba atomica ha distrutto la città, uccidendo quasi 70.000 persone.

In mezzo a morte e distruzione, Dio ha protetto quei missionari, ma sicuramente non solo per il loro bene. Sono infatti sopravvissuti per poter svolgere il proprio ministero con feriti, malati e morenti a causa dell’attacco, e per poter essere testimoni degli orrori della guerra e nella fattispecie delle armi nucleari, ma anche del potere e della misericordia di Dio e dell’importanza della preghiera.

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