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Nascite a picco, record a Roma: il ministro Roccella corre ai ripari

Italy's Minister for the Family, Natality and Equal Opportunities, Eugenia Roccella

ANDREAS SOLARO | AFP

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 20/01/23

Denatalità mai così alta in tutta in Italia: ecco i dati e cosa intende fare il governo Meloni per frenare il crollo demografico

Sprofondano le nascite: in Italia non si fanno più figli e la capitale della denatalità è Roma. I dati resi disponibili dall’Istat sono quelli che arrivano allo scorso ottobre: se a livello nazionale il calo rispetto ai primi dieci mesi del 2021 è del 2,6 per cento, le Regioni del Centro fanno segnare un -6 per cento e Roma da sola sfiora il -10. 

Il record negativo di Roma 

Guardiamo per un attimo ai valori assoluti: nel 2008 nella Capitale erano nati 27.603 bambini, nel 2021 il totale era sceso sotto quota 18 mila. Tra gennaio e ottobre dell’anno che si è da poco concluso sembra esservi stata un’accelerazione, con un’ulteriore riduzione del 9,7% che si è fatta sentire in particolare negli ultimi due mesi considerati: a ottobre il totale delle nascite si è fermato appena al di sopra della soglia dei mille e il consuntivo del 2022 dovrebbe posizionarsi non troppo oltre quota 16 mila.

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I numeri delle nascite in Italia

Nell’insieme questi numeri proietterebbero sull’intero anno un flusso assoluto di nati in Italia intorno a quota 390 mila, circa 10 mila in meno rispetto a quelli dello scorso anno. Insomma sembra proprio che non sia destinata a fermarsi la tendenza negativa iniziata dopo il 2008 e proseguita anche all’indomani del periodo più buio della pandemia, nonostante un qualche recupero – negli ultimi mesi del 2021 – delle nascite rinviate in precedenza.

Le conseguenze delle poche nascite

La denatalità ha comunque conseguenze pesanti più o meno dappertutto: se nelle aree interne, ad esempio quelle montane dell’Appennino, porta ad uno spopolamento che rischia di trasformarsi in desertificazione, anche in zone a maggiore densità incide progressivamente sull’organizzazione scolastica, sui consumi e sull’andamento dell’economia. In prospettiva cambia il paesaggio sociale e insidia la tenuta del welfare state. L’altra faccia della medaglia è l’invecchiamento della popolazione, fenomeno di per sé quanto mai positivo perché deriva dalla maggiore longevità, che però impone una profonda riorganizzazione dei servizi pubblici e della società nel suo insieme (Il Mattino, 20 gennaio). 

UOMO ANZIANO,

Il ministro Roccella e la crisi delle nascite

Eugenia Roccella, ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari Opportunità (da oggi in libreria con “Una famiglia radicale”, edito da Rubbettino), spiega a Il Messaggero (20 gennaio) le soluzioni contro il record negativo di nascite, che adotterà il governo:«Occorrono interventi economici e una rete di welfare che funzioni. Ma è necessario anche un cambiamento culturale: fare figli ha un valore sociale, questo valore deve essere percepito e riconosciuto».

Cosa sta facendo ora il governo per le nascite? 

Il governo, concretamente, si sta muovendo in questa direzione: «In poco tempo abbiamo già dato un segnale molto importante. La legge di bilancio – spiega Roccella – in una situazione difficilissima, ha destinato un miliardo e mezzo alle famiglie con l’obiettivo di promuovere la natalità. Con una coperta molto corta abbiamo compiuto una scelta, e addirittura c’è chi ci accusa per questo, perché magari voleva che si facesse altro. Le nostre priorità invece sono chiare e le rivendichiamo». 

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Cosa farà il governo nei prossimi cinque anni?

Nei prossimi cinque anni, per evitare un “inverno demografico”, «lavoreremo a un grande piano per la natalità – afferma Roccella a Il Messaggero -. Promuovendo il criterio familiare in ogni ambito dell’azione di governo. E, soprattutto, realizzando un ambiente sociale, normativo e culturale che assecondi e non ostacoli il desiderio delle donne di fare figli, che tutte le rilevazioni dicono essere intatto rispetto al passato. Stiamo lavorando a un tavolo comune con i ministeri interessati, a cominciare da quelli del Lavoro e della Salute, per un intervento ampio e organico. Ed è importante il coinvolgimento delle imprese, del volontariato, degli enti locali».

Perché si fanno pochi figli a Roma? 

Secondo il ministro Roccella in Italia, e in particolare a Roma, si fanno «si fanno pochi figli non perché ne manchi il desiderio, ma perché il contesto è scoraggiante. Soprattutto per le donne. E, paradossalmente, nelle città è ancora più sfilacciata quella rete parentale di solidarietà che ha sempre sostenuto la maternità. In molte grandi centri i nuclei composti da una sola persona hanno superato le famiglie con figli. E su questo incide anche il costo dei servizi e il tipo di vita indotto dall’organizzazione sociale».

La carenza di Roma: servizi e dimensione comunitaria 

Su Roma, in particolare, Roccella sostiene che «c’è molto da lavorare sul fronte dei servizi e anche sul recupero di una dimensione comunitaria che nei grandi centri è più fragile. Soprattutto, però, è importante che le donne che vogliono diventare madri non vengano penalizzate o addirittura costrette a rinunciare alla propria realizzazione personale».

No all’immigrazione controllata

Roccella non pensa che l’immigrazione controllata sia la soluzione a migliorare il dato sulle nascite in Italia. «Sarebbe una soluzione illusoria. I dati ci dicono che gli immigrati assimilano velocemente gli stili di vita e le abitudini del Paese di arrivo, e dunque anche la propensione alla denatalità. In Italia, inoltre, le dinamiche migratorie incontrollate hanno determinato una netta prevalenza maschile».

Asili nido e assegno unico

Infine il ministro ricorda che il governo lavora per agevolare le procedure ai comuni per i finanziamenti Pnrr sulla costruzione di asili nido, e spiega che «lassegno unico lo abbiamo appena aumentato, e a breve si vedrà anche l’effetto della rivalutazione Istat. E un principio di “fattore famiglia” lo abbiamo sperimentato sui bonus edilizi».

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