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No, la superstizione sul venerdì 13 non ha nulla a che vedere con l’Ultima Cena

Venerdì 13
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Lucia Graziano - pubblicato il 13/01/23
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Si sente spesso affermare che il venerdì 13 sarebbe popolarmente considerato un giorno funesto in riferimento all’Ultima Cena e al numero dei commensali che sedettero a quel tavolo “sfortunato”. Ma quanto c’è di vero in questa teoria?

E anche quest’anno è arrivato venerdì 13, portando con sé (per i superstiziosi) il suo carico di paure e di inarrestabili colpi di sfortuna. E su questi schermi par quasi pleonastico dover specificare che, naturalmente, non v’è motivo di prestar fede alla diceria (la vita è già sufficientemente ingarbugliata senza che qualcuno se la vada a complicare dando credito a superstizioni senza fondamento!).

Ma poiché, a loro modo, anche le credenze popolari fanno parte della nostra cultura, potrà forse essere interessante domandarsi quali siano le ragioni che stanno dietro a questa superstizione. Ovverosia: quando e perché ha cominciato a diffondersi la convinzione che il venerdì 13 fosse un giorno particolarmente sfortunato?

E soprattutto: è vero ciò che si legge in giro? La superstizione del venerdì 13 è realmente collegata agli eventi dell’Ultima Cena, laddove tredici persone sedettero allo stesso tavolo alla vigilia di un sinistro venerdì?

No, l’Ultima Cena non c’entra niente

Lo possiamo affermare con buon grado di certezza, giacché non esiste una singola fonte storica antecedente al XIX secolo che tracci un collegamento esplicito tra il giorno funesto e i tredici commensali dell’Ultima Cena (che, fra l’altro, ebbe luogo e viene ricordata di giovedì. Se la superstizione si richiamasse davvero a quell’episodio evangelico, vien da pensare che sinistri timori avrebbero dovuto legarsi ai giovedì 13, e non ai venerdì).

Ma c’è di più. A farci affermare che la superstizione non è collegata all’Ultima Cena non v’è solamente la totale assenza di fonti storiche che possano supportare questa teoria. C’è anche la massiccia presenza di fonti storiche che, fin dal medioevo, attestano l’esistenza di altre superstizioni variamente legate all’ultimo pasto che Gesù condivise coi suoi discepoli – e nessuna di queste riguarda i venerdì 13.

Per esempio, è attestata fin dal tardo Medioevo la convinzione che portasse sfortuna far sedere allo stesso tavolo tredici commensali: secondo la superstizione, il primo ad alzarsi sarebbe andato incontro a una brutta fine – proprio come accadde al discepolo che, a un certo punto della serata, si allontanò con una scusa per andare a consegnare Gesù ai suoi nemici.

In conseguenza di quel tradimento, Gesù morì in croce; ma anche Giuda perse la vita, suicidandosi per la disperazione, schiacciato sotto il peso di una colpa insopportabile. Ebbene: nei secoli passati, i superstiziosi temevano che un simile destino avrebbe potuto abbattersi anche su un qualsiasi malcapitato che, alzandosi per primo da una tavolata a tredici posti, si fosse involontariamente trovato a “impersonare” Giuda.

E il timore di potersi metaforicamente sostituire all’Iscariota ricorre anche in un’altra variante della superstizione, attestata fin dall’età moderna: quella secondo cui sarebbe stata inesorabilmente destinata a fallire qualsiasi attività commerciale portata avanti da un gruppo di tredici persone. In fin dei conti, anche Gesù e gli apostoli formavano un gruppo coeso, fino al momento in cui uno di loro decise di tradirli per denaro: ecco dunque nascere la superstizione secondo cui sarebbe stato foriero di sventura mettersi in società con dodici amici – il rischio di tradimento era altissimo! O almeno: così assicurava la diceria la popolare.

No, il processo ai Templari non c’entra niente

Scartiamo dunque l’opzione “Ultima Cena” (che, sì, ispirò nel corso dei secoli alcune superstizioni, nessuna delle quali però collegata specificamente ai venerdì 13) e passiamo ad analizzare un’altra teoria che, in questi ultimi anni, sembra andare per la maggiore: il venerdì 13 avrebbe cominciato a essere considerato un giorno funesto in riferimento alla data del 13 ottobre 1307 – quella in cui re Filippo di Francia ordinò l’arresto dei Templari, dando il via al processo che avrebbe portato alla dissoluzione dell’ordine. Secondo la ricostruzione, lo sdegno collettivo di fronte a questo gesto proditorio sarebbe stato tale da ingenerare, col passar dei secoli, la superstizione che conosciamo ancor oggi.

Il problema è che, anche in questo caso, non esiste alcuna fonte storica in grado di sostenere tale convinzione, che anzi cominciò a diffondersi in epoche recentissime: fu Dan Brown a renderla popolare col il suo Codice Da Vinci, rifacendosi in parte ad alcune teorie espresse negli anni ’80 da un libro di minor successo.

In realtà, l’interesse con cui noi moderni seguiamo le vicende che riguardarono i Templari è molto più alto rispetto a quello con cui gli uomini del tempo accolsero la notizia del loro processo. Neppure il tenore delle accuse fu tale da giustificare particolare scalpore: in quegli anni, non era poi così inconsueto che gli individui che volevano liberarsi di un nemico scomodo lo accusassero di eresia o di pratica della magia (insinuazioni così gravi da macchiare per sempre la reputazione di qualcuno). I Templari, insomma, non furono gli unici malcapitati ad andare incontro a un simile destino, e la loro vicenda non arrivò mai a sconvolgere davvero l’opinione pubblica. Dunque, non solo non è storicamente provata, ma è anche piuttosto inverosimile, l’idea che possa esser stato il processo ai Templari a far nascere questa superstizione.

Il venerdì 13 come giorno sfortunato? Tutta colpa di un romanzo del 1907

Ma allora, come nasce la credenza dei venerdì 13 portasfortuna?

A oggi, la maggior parte degli storici punta il dito su Thomas W. Lawson, romanziere statunitense che, nel 1907, pubblicò un romanzo titolato Friday, the Thirteenth, che nell’arco di pochi mesi ottenne grande successo di pubblico diventando un best seller. Nel libro, un broker della borsa di New York scommette di poter far crollare i mercati mondiali nell’arco di ventiquattr’ore e sceglie di attuare il suo folle piano il 13 novembre: un venerdì.

Molto probabilmente, nello scegliere la data, Lawson si lasciò ispirare da alcune superstizioni già esistenti, come quella che profetizzava tracolli economici a chi avesse tentato di portare avanti imprese commerciali con dodici soci (il numero tredici era declinato in altro modo, ma era pur sempre presente nella diceria). Quanto al venerdì, era da tempo considerato un giorno sfortunato in sé e per sé: è probabile, dunque, che il romanziere statunitense abbia voluto omaggiare nel suo libro queste credenze popolari.

Quel che è certo, è che il romanzo di Lawson influenzò profondamente l’opinione pubblica: e pian piano i venerdì 13 cominciarono a essere considerati (almeno in area anglosassone) il giorno sfortunato per eccellenza – quello in cui tutto può succedere e anche i peggiori incubi possono avverarsi; persino un crollo di Wall Street, scientemente orchestrato da un pazzo.

Solo una superstizione, naturalmente.

Oltretutto, anche piuttosto recente!